Ospite del convegno in programma il 1° dicembre a Trieste organizzato da Money.it, in questa intervista l’eurodeputata illustra le ragioni del proprio scetticismo.
L’Europa ha scelto: dal 2035 il Vecchio Continente virerà in modo netto verso la mobilità elettrica. Eppure questa decisione non convince tutti, specialmente alcuni Paesi - tra cui l’Italia - che sull’argomento hanno espresso più di una remora. Il confronto che contrappone la posizione del Bel Paese all’Europa sulla vendita delle sole auto elettriche a partire dal 2035, non è una questione politica, ma trova fondamento in elementi concreti che forse - a detta di alcuni deputati - non sono stati trattati con la dovuta attenzione.
A rappresentare molto bene le perplessità e i dubbi che circondano la linea intrapresa dall’Europa, è l’onorevole Elena Lizzi, tra gli ospiti del convegno organizzato da Money.it e Parlamento Europeo a Trieste per il 1° dicembre.
La deputata è membro supplente della Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo, che ha seguito in prima persona come relatrice ombra file del calibro di Horizon Europe 2021-27, delle emissioni di metano, del CBAM e del Percorso per il decennio digitale, adottati durante questo mandato, oltre ad essersi interessata del file sulla normativa sull’industria a zero emissioni nette (NZIA).
L’abbiamo incontrata a margine della tavola rotonda friulana: ecco che cosa ci ha raccontato.
Onorevole Lizzi, che cosa approva e cosa non approva del provvedimento approvato dall’UE sulla mobilità elettrica dal 2035?
“Condivido la volontà di ridurre le emissioni di CO2 per il nostro Pianeta, lo dobbiamo alle generazioni attuali e future. Al contempo però bisogna considerare come la transizione verde sia equa e bilanciata. Serve riflettere soprattutto sulle tempistiche di applicazione e le esigenze del settore e dei suoi lavoratori. Come Lega ci siamo da sempre opposti a un’ideologia green forzata, portata avanti in primis dall’ex Commissario europeo Frans Timmermans, che con il piano Fit for 55 prevede una transizione a una mobilità unicamente elettrica dal 2035. Ci tengo a sottolineare che non stiamo parlando di norme per tutto il mondo, ma di leggi europee, che colpiranno il settore automotive e tutta la filiera produttiva collegata, molto importante nel nostro Paese. Siamo favorevoli a ridurre le emissioni, ma ricordiamoci anche dei nostri competitors globali che non hanno norme così stringenti, e che sono i maggiori responsabili delle emissioni di CO2 nel Mondo, penso alla Cina, all’India e agli Stati Uniti”.
Guardiamo i numeri: la media UE delle auto elettriche sul parco circolante è del 15% Quella italiana non arriva al 4%. Questo, nonostante il 70% degli automobilisti italiani dichiari di voler acquistare l’elettrico. Da cosa dipende secondo lei questa discordanza?
“La transizione non può certo avvenire da un giorno all’altro. È vero che ci sono Paesi europei dove il passaggio all’elettrico è più avanti, ma servono le infrastrutture adatte, gli incentivi e forse anche un cambio di mentalità. Il costo rimane un ostacolo per molti, così come la difficoltà a percorrere lunghe distanze, o a trovare stazioni di ricarica rapida. È evidente che ad oggi il nostro paese non è attrezzato a una transizione repentina al solo elettrico, bisogna pensare anche alle alternative, penso alle auto ibride, allo svilupparsi dell’idrogeno, al metano, all’uso di biocarburanti. Molte regioni già danno incentivi per l’acquisto dell’auto elettrica, ma come ho detto forse la popolazione italiana non è ancora pronta. Parlo della classe media o delle persone a basso reddito. Ad oggi non è un costo che tutte le famiglie si possono permettere. Molti cittadini hanno ancora dei dubbi, penso sullo smaltimento delle batterie o la dipendenza europea da Paesi terzi per le materie prime rare”.
Il dato di fatto è che l’Europa ha scelto l’elettrico per ridurre del 100% le emissioni delle nuove auto e furgoni entro il 2035. Ritiene sia una scelta vincolante? Può esistere secondo lei un’alternativa all’elettrico?
“La strada sembra tracciata, ma come ho detto serve che altri Paesi extra-europei facciano la loro parte. Come Lega abbiamo chiesto di avere una tradizione con tempi più dilazionati e di considerare anche altre tipologie di carburanti puliti oltre all’elettrico. Le alternative ci sono e per una fase di transizione vanno considerate. Serve un passaggio graduale e considerando la situazione di partenza dei vari Paesi”.
In Italia il 50% dei passaggi di proprietà riguardano auto usate, che hanno più di 10 anni. Tradotto in soldoni: cambiamo un’auto molto vecchia per prendere una vecchia. Le auto usate in Italia non si rottamano più: perché accade questo?
“Tra le varie ragioni per cui si compra un’auto usata sicuramente c’è il costo più basso del veicolo rispetto ad acquistarne uno nuovo. In un periodo storico segnato da grandi crisi, da quella economica, alle guerre, all’aumento del costo dell’energia e delle materie prime, molte persone preferiscono fare economia. In un’epoca di incertezze, non sappiamo veramente se l’auto elettrica sarà in grado di darci le risposte che attendiamo, non abbiamo uno storico della durabilità del veicolo o per esempio della batteria; manca ancora un’infrastruttura adeguata per un passaggio al full-electric”.
Battuta finale: la disposizione europea fissata per il 2035 non subirà variazioni o qualcosa verrà modificato?
“La Lega da anni denuncia un sistema che non funziona. Oltre alla transizione si deve pensare anche alle esigenze delle imprese e dei lavoratori, alla riqualificazione e ricollocamento per quelli che perderanno il lavoro, come già sta succedendo anche in alcune realtà italiane. Le elezioni europee si avvicinano e crediamo che il prossimo anno, se i cittadini lo vorranno, sarà possibile una nuova maggioranza europea di centro-destra. Credo quindi che con la volontà degli elettori si possa modificare e migliorare anche questa norma”.
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