Domenica 14 maggio in Turchia si terranno elezioni importantissime per il futuro della nazione e dell’Occidente.
Domenica prossima la Turchia terrà quelle che The Economist ha dipinto come «le elezioni più importanti di quest’anno». Per la prima volta in 20 anni, l’attuale presidente turco Recep Tayyp Erdogan non è il chiaro favorito e le elezioni potrebbero segnare la fine del suo governo autocratico.
Il leader del più grande gruppo di opposizione, Kemal Kilicdaroglu, è in testa alle classifiche da quasi un anno. L’ultimo sondaggio ha mostrato una preferenza del 50.9% per Kilicdaroglu, che chiuderebbe un eventuale ballottaggio.
Dalla sua creazione esattamente un secolo fa, la Turchia è stata una repubblica parlamentare come l’Italia e la Germania odierne. Il popolo elegge il Parlamento che a sua volta dà la fiducia al potere esecutivo.
Ma Erdogan ha attuato un cambiamento storico nel 2018, trasformando la Turchia in una repubblica presidenziale simile agli Stati Uniti d’America. Ora, il popolo vota direttamente per il potere esecutivo, con un secondo turno elettorale tra i due candidati più votati nel caso nessuno abbia ottenuto la maggioranza assoluta al primo turno.
La nuova costituzione, tuttavia, ha anche spinto la Turchia su un pericoloso percorso autoritario. Ha spogliato il Parlamento della maggior parte dei suoi pesi e contrappesi, ha permesso al Presidente di esercitare il suo potere fino ai più piccoli livelli locali.
È opinione diffusa che se Erdogan avrà successo domenica, la Turchia potrebbe perdere definitivamente il suo processo democratico.
La geopolitica delle elezioni turche
È difficile sottovalutare l’importanza della Turchia nello scacchiere geopolitico. Geograficamente, infatti, la Turchia è il ponte tra Europa e Asia, tra Mar Nero e Mediterraneo.
Diplomaticamente, la Turchia si è costruita una reputazione di neutralità e mediazione tra le maggiori potenze. Formalmente parte della NATO, Erdogan sembra molto vicino alla Russia in molti dossier esteri.
Nelle guerre civili siriane e libiche, ad esempio, egli si oppose attivamente alle forze americane sostenendo gli interessi russi. Nell’attuale invasione russa dell’Ucraina, la Turchia ha mediato molti accordi internazionali tra la Russia, l’Occidente e Kyiv, incluso il cruciale accordo sulle esportazioni di grano.
Ma gli USA diffidano dell’amicizia di Erdogan con Putin, così come dei suoi tratti autoritari. Inoltre, Washington ha bisogno anche di un nuovo potente alleato in Medio Oriente, ora che l’Arabia Saudita si è rivolta a Cina e Russia per gli accordi petroliferi.
Ancora una volta, tuttavia, il regime conservatore e religioso di Erdogan non serve agli scopi degli Stati Uniti nella regione. Washington ha bisogno di un presidente turco pro-occidente, pro-UE e pro-NATO ora più che mai.
E la vittoria di Kilicdaroglu potrebbe essere proprio ciò che serve per portare ancora una volta la Turchia sotto l’ombrello americano.
Articolo pubblicato su Money.it edizione internazionale il 2023-05-08 13:03:10. Titolo originale: Turkish elections: why the US needs Erdogan to lose
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