Il petrolio russo sotto embargo arriva in Europa passando dall’India, destinata a diventare sempre più centrale nella mappa petrolifera globale.
Domenica scorsa è scattato l’embargo europeo ai prodotti petroliferi raffinati russi, che fa seguito al divieto di importare il greggio di Mosca, entrato in vigore il 5 dicembre scorso come sanzione per l’invasione dell’Ucraina. L’obiettivo delle sanzioni europee sul greggio russo, cui si è aggiunto un price cap che oscilla tra i 45 e i 100 euro al barile per le esportazioni, è quello di indebolire il Cremlino, ma, allo stesso tempo, mantenere il mercato europeo ben rifornito.
Il rischio, però, è che queste ennesime restrizioni possano far salire ancora i prezzi del carburante, a partire dal gasolio, rallentando così il percorso di rientro dall’inflazione. Quel che è certo è che, a dispetto di quanto sbandierato dai media e dalle istituzioni occidentali, le sanzioni comminate a Mosca dall’inizio del conflitto non sono riuscite a piegare la nazione, né tantomeno a far cessare la guerra.
Se, da una parte, l’embargo costringerà Mosca a rivolgersi ulteriormente ai mercati orientali, vendendo alle economie asiatiche il greggio a prezzi ridotti, dall’altro, ciò espone l’Europa al rischio di un aumento dei prezzi. Mosca ha infatti rimpiazzato gli acquirenti occidentali con i mercati asiatici – specialmente quello indiano e cinese – che rivendono il greggio agli occidentali a prezzi maggiorati dando il via a triangolazioni vantaggiose per gli esportatori, ma sicuramente sconvenienti per gli importatori europei che lo acquisterebbero a meno comprandolo direttamente dalla Russia. [...]
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