Nel decreto Anticipi approvato l’emendamento con esenzione Iva per interventi di chirurgia estetica. Si tratta davvero di una novità o ci sono precedenti?
In sede di conversione del decreto Anticipi ci sono importanti novità: tra gli emendamenti presentati c’è l’introduzione dell’esenzione Iva per gli interventi di chirurgia estetica.
Ma in quali casi trova applicazione la nuova disciplina e come usufruire dello sconto fiscale? Come funziona e, soprattutto, per quali interventi è prevista l’esenzione dell’Imposta sul Valore Aggiunto?
Arriva l’esenzione Iva su interventi chirurgia estetica
L’esenzione Iva per le prestazioni mediche è prevista dall’articolo 10, n.18, del Dpr 633 del 1972 il quale riconosce l’esenzione Iva per “prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni ed arti sanitarie soggette a vigilanza”, ma senza delineare in modo specifico l’ambito di applicazione.
Tale formulazione ha generato nel tempo confusione.
L’emendamento (approvato in Commissione Bilancio del Senato) per l’esenzione Iva su interventi chirurgici è stato presentato dalla stessa maggioranza. Trova applicazione esclusivamente per le prestazioni di chirurgia estetica volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute o a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica, ma a condizione che le finalità terapeutiche «risultino da apposita attestazione medica».
L’esenzione Iva per gli interventi di chirurgia estetica prende il via con l’entrata in vigore del decreto «Anticipi», mentre per le prestazioni antecedenti resta in vigore la precedente disciplina.
Per quali interventi di chirurgia estetica vale l’esenzione Iva?
Deve essere sottolineato che la formulazione ampia della norma fa ritenere che l’esenzione Iva per gli interventi di chirurgia estetica possa essere applicata a maglie larghe.
Sicuramente trova applicazione in caso di mastoplastica additiva praticata in seguito a interventi di asportazione di tumore al seno o in caso di blefaroplastica volta a ripristinare il corretto campo visivo.
Senza dubbio si può avere l’esenzione Iva per interventi di chirurgia del naso, rinoplastica, in quanto suscettibili di apportare un miglioramento delle funzioni respiratorie.
Ma non solo. Potrebbe, infatti, trovare applicazione anche in situazioni di disagio psichico derivanti dalla non accettazione di difetti fisici meramente estetici o in caso di procedure volte al cambio dei connotati sessuali.
Tale lettura deriva dal fatto che la norma introdotta parla di salute “psico-fisica”, quindi diventa importante per delimitare il campo di applicazione l’attestazione medica rilasciata al singolo paziente.
La chirurgia estetica può essere esente Iva
Non si tratta di una vera e propria novità in quanto su tale tipologia di prestazione si era già espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza 26906 del 13 settembre 2022. Naturalmente, non essendovi una norma specifica, pazienti e professionisti dovevano di volta in volta attivare una serie di procedure per ottenere il riconoscimento dell’esenzione Iva.
L’emendamento presentato al decreto «Anticipi» consente, invece, di chiarire i dubbi e di avere una disciplina generale di facile applicazione.
Non mancano le prime reazioni a questa importante novità: il presidente della Società italiana di medicina estetica (Sime), Emanuele Bartoletti, ha sottolineato in una dichiarazione rilasciata ad Adnkronos, che si tratta di una norma positiva, ma spera in un’estensione dell’esenzione Iva anche per le procedure di medicina estetica.
Tale estensione sarebbe giustificata dal fatto che spesso durante le visite/sedute di medicina estetica emergono gravi problemi di salute che i pazienti spesso ignorano.
Chirurgia estetica senza Iva, come provare il carattere terapeutico?
Sicuramente il nodo centrale dell’esenzione Iva per gli interventi di chirurgia estetica è l’attestazione medica richiesta dal decreto «Anticipi».
La stessa già oggi è centrale nel regime di esenzione Iva per la chirurgia e a ribadirlo è la sentenza n. 889 del 27 ottobre 2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche.
La sentenza ribadisce che, nel caso in cui il professionista esegua interventi di chirurgia estetica senza Iva a fini terapeutici, debba richiedere al paziente il consenso all’utilizzo della documentazione medica ai fini fiscali. In mancanza di consenso deve emettere fattura non esente Iva.
Da questa sentenza si evince in primo luogo che già oggi, quindi prima dell’entrata in vigore della novità introdotta dal decreto «Anticipi», è possibile ottenere prestazioni di chirurgia estetica senza Iva, come già ricordato in precedenza.
Nel caso in oggetto, il professionista emette fatture esenti Iva per prestazioni mediche, sottoposto a verifica/accertamento fiscale ribadisce che gli interventi erano stati resi in regime di esenzione in quanto rispondenti a finalità terapeutiche.
La Commissione di prime cure respinge il ricorso del contribuente, che propone appello.
In secondo grado la Commissione chiede al professionista di depositare un’accurata documentazione inerente gli interventi di chirurgia estetica senza Iva effettuati.
In effetti il professionista provvede allegando perizie psichiatriche, psicologiche (l’esenzione viene riconosciuta anche per il disagio di natura psichica), foto, ma si tratta di documentazione in cui i nominativi dei pazienti sono oscurati, come richiede la legge sulla privacy.
La Corte ribadisce che astrattamente le ragioni del professionista sono valide ma, avendo oscurato i nomi nelle certificazioni e nelle foto, non è possibile collegare le fatture emesse esenti Iva alla documentazione.
Ribadisce, quindi, la Corte che, affinché si possa ottenere l’esenzione Iva per interventi di chirurgia estetica, è necessario provare il nesso tra la prestazione e il paziente che se ne avvale chiedendo, prima dell’emissione della fattura, il consenso all’utilizzo dei dati personali a fini fiscali. Senza consenso il professionista non può applicare il regime di esenzione Iva.
Dobbiamo ritenere che tale disciplina trovi applicazione anche in seguito all’entrata in vigore del decreto «Anticipi» per il semplice fatto che la norma non è del tutto innovativa in quanto richiede ancora l’attestazione medica circa il carattere terapeutico e nulla modifica in tema di prove.
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