Ci sono 2 dati macroeconomici sull’Europa che potrebbero convincere la Bce a bloccare i tassi di interesse anche a dicembre: quali sono e perché l’Eurozona è in bilico.
Dall’Europa sono arrivati 2 dati importanti a livello economico, che hanno lanciato un messaggio alla Bce: stop con i rialzi dei tassi anche a dicembre?
Mentre la riunione dell’Eurotower di ottobre è stata appena archiviata con la decisione di lasciare fermo il costo del denaro al 4,50%, ci si interroga già su cosa possa accadere a fine 2023 e nel corso del 2024, quando l’attesa è tutta per un taglio dei tassi di interesse.
Considerando che Lagarde e i membri hanno sempre ribadito, anche il 26 ottobre scorso, che ogni scelta di azione sarà dipendente dai dati, proprio gli ultimi numeri su Pil e inflazione in Eurozona stanno lasciando il segno.
Sebbene i risultati siano preliminari, essi hanno comunque evidenziato che il gruppo dei 20 Paesi a moneta unica assiste a una contrazione del Pil e a un calo dell’indice dei prezzi. Proprio quanto servirebbe alla Bce per fermare la politica monetaria aggressiva e annunciare il successo della strategia finora adottata. Sarà davvero così? Come leggere i 2 dati in Europa e cosa aspettarsi?
Europa: Pil e inflazione in frenata, cosa significa?
L’inflazione nell’area euro è scesa al livello più basso degli ultimi due anni, mentre l’economia del blocco si è contratta sotto la pressione dell’aumento senza precedenti dei tassi di interesse.
Nel dettaglio, l’indice dei prezzi al consumo annuale è calato al 2,9% in ottobre, il livello più basso in più di due anni, grazie al ribasso dei prezzi del carburante e ai rapidi aumenti dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea. Il livello sotto il 3% è un buon risultato rispetto al picco di oltre il 10% dell’ottobre 2022 e pone il dato sull’inflazione a poca distanza dall’obiettivo del 2% della Bce.
L’inflazione è scesa dal 4,3% annuo di settembre, con i prezzi del carburante diminuiti dell’11,1% e la “pesante” inflazione alimentare rallentata, al 7,5%.
Tuttavia, queste notizie incoraggianti sono state controbilanciate dai dati ufficiali nei quali la produzione economica nei 20 paesi che utilizzano l’euro è diminuita dello 0,1% nel trimestre luglio-settembre. La crescita “è scomparsa” a causa della contrazione della produzione dopo mesi di stagnazione prossima allo zero.
Il dato relativo al Pil in Eurozona è in netto contrasto con quello degli Stati Uniti, che la scorsa settimana hanno registrato una crescita eccezionale tra luglio e settembre, riuscendo al tempo stesso a ridurre l’inflazione.
Il grande punto debole dell’Europa è anche la sua più grande economia, la Germania, che ha rivelato lunedì che la produzione è diminuita dello 0,1% nel terzo trimestre. Il Pil è aumentato a malapena da un anno e una recessione è ora una possibilità reale.
Tuttavia, l’Italia è riuscita a schivare un simile destino, mentre Francia e Spagna sono cresciute nei tre mesi fino a settembre.
Finora, la zona euro aveva evitato qualsiasi flessione trimestrale, nonostante l’impennata dei prezzi potenziata dalla guerra della Russia in Ucraina. La presidente della Bce Christine Lagarde, che ha supervisionato la pausa dei tassi la scorsa settimana, vede per ora una produzione modesta.
L’economia probabilmente rimarrà debole per il resto dell’anno, ha detto la governatrice nella conferenza stampa del 26 ottobre. “Ma con il calo dell’inflazione, l’ulteriore ripresa dei redditi reali delle famiglie e la ripresa della domanda di esportazioni dell’area euro, l’economia dovrebbe rafforzarsi nei prossimi anni”.
Sarà davvero così? E quale significato avranno queste previsioni per la politica dei tassi? Prezzi in calo e domanda più debole con una economia che cresce poco sono i presupposti necessari per fermare l’aumento dei tassi, a testimonianza che finora le scelte di 10 aumenti consecutivi hanno avuto la meglio.
Per evitare una recessione che sarebbe davvero pericolosa per l’Eurozona, la Bce potrebbe lasciare ancora invariati i tassi a dicembre, dinanzi a prezzi in raffreddamento.
La Bce è davvero pronta a fermare - o tagliare - i tassi?
Lagarde ha sottolineato ancora una volta che parlare di tagli dei tassi per rilanciare l’attività è prematuro, con la missione dei funzionari sull’inflazione ancora incompleta. I mercati attualmente scommettono che il tasso sui depositi della Bce rimarrà al 4% almeno fino ad aprile.
Secondo gli economisti Jamie Rush e Maeva Cousin, l’Eurozona si sta contraendo leggermente sotto il peso dell’aumento dei tassi di interesse, del rallentamento della domanda esterna e degli effetti persistenti dello shock dei prezzi dell’energia. Ma l’economia non è ancora precipitata.
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“Allo stesso tempo, gli ultimi dati sull’inflazione mostrano un marcato calo del tasso nominale e un’attenuazione della pressione sui costi in generale. È probabile che questa combinazione sia più o meno ciò che la Bce vuole vedere. Le possibilità di un altro aumento dei tassi quest’anno sono ora molto basse”, hanno aggiunto.
I dati lasciano la Bce fermamente in sospeso, ha riflettuto Dirk Schumacher, economista di Natixis. Tuttavia, l’ultimo miglio potrebbe rivelarsi il più difficile per la banca centrale, poiché “ora è la domanda più debole a ridurre l’inflazione e questo è un processo lento” ha aggiunto l’esperto.
Non c’è dubbio, quindi, che questi 2 set di dati indichino che la Bce ha quasi certamente finito di aumentare i tassi di interesse - ai massimi storici - almeno per il 2023. Si comincerà da adesso a osservare l’effetto di una serie senza precedenti di 10 rialzi consecutivi prima di fare ulteriori mosse. Tuttavia, le sorprese sono dietro l’angolo ed escludere nuovi rialzi è ancora azzardato.
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