L’avvertimento lanciato dal segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, nel corso dell’audizione alla Camera.
Extraprofitti? Un concetto che non ha ragione di esistere. Le tasse, in proporzione agli utili che macinano, le banche italiane le pagano già, e l’imposizione eventuale di una tassa aggiuntiva avrebbe l’effetto di ritorcersi, in primis, contro i cittadini italiani. Lo ha fatto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, nel corso dell’audizione alla Commissione Finanze della Camera.
Intanto, Sileoni ha ricordato che la natura progressiva dell’imposizione fiscale, per gli istituti di credito italiani, è qualcosa che esiste da tempo:
“La progressività dell’imposizione fiscale già esiste: all’aumentare degli utili, infatti, cresce il volume delle tasse pagate. Nel 2021 gli utili sono stati pari a 16,4 miliardi e le tasse pagate 2,2 miliardi. Nel 2022, utili per 25,4 miliardi e tasse per 4,3 miliardi. Nel 2023, a fronte di 40,6 miliardi di utili, le tasse sono state di 8,1 miliardi”.
“Questi dati si riferiscono alla sola tassazione degli utili, non contemplano, cioè, altre tasse pagate dalle banche, come l’Iva o l’Imu sugli immobili, e dimostrano come all’aumentare del profitto corrisponde un prelievo fiscale maggiore”, ha continuato il segretario generale del sindacato italiano dei bancari, avvertendo che, nel caso in cui il governo Meloni imponesse una tassa aggiuntiva, la reazione delle banche non tarderebbe ad arrivare.
Nuova tassa sulle banche? A pagare i clienti con tassi o commissioni più alti
Con una nuova tassa, ha avvertito Sileoni, a pagare lo scotto sarebbero prima di tutto i cittadini italiani, che si ritroverebbero alle prese con tassi più alti sui prestiti ricevuti o con commissioni più esose.
“C’è da dire che le banche difficilmente assorbiranno il costo di una tassa aggiuntiva senza in qualche modo reagire”, ha avvertito il segretario del sindacato FABI, in quanto una “nuova, eventuale imposta” probabilmente si tradurrebbe in “ un aumento dei costi per i clienti, sotto forma di tassi più alti sui prestiti o commissioni maggiorate”.
Lando Maria Sileoni ha lanciato di conseguenza un chiaro avvertimento:
“Se la politica porterà avanti una trattativa con le banche, penso che un risultato ci sarà”.
Extraprofitti? E allora perché non si parla di extraperdite?
Il segretario generale della FABI ha manifestato inoltre la propria perplessità sul concetto di “extraprofitti” delle banche italiane: concetto non contemplato in nessun dizionario della finanza e che secondo gli esperti non avrebbe alcuna base solida su cui poggiare.
“Certamente, le decisioni della BCE hanno svolto un ruolo decisivo negli ultimi 2 anni con l’aumento dei tassi che hanno fatto crescere i ricavi da prestiti”, ha ammesso Sileoni.
Detto questo, “per fare un ragionamento corretto, dobbiamo chiederci anzitutto se esiste davvero un concetto di extraprofitti”, visto che “non esiste, per esempio, un equivalente per le perdite”.
Nessuno, infatti, parla di extraperdite quando un’azienda attraversa momenti difficili.
Di conseguenza, “ classificare i profitti come extra in periodi favorevoli non è corretto, perché sono parte di un ciclo economico che prevede alti e bassi ”.
La verità è che “le banche operano in un mercato regolato, e i loro profitti, per quanto elevati in alcuni periodi, non sono mai garantiti. Allo stesso modo, nei periodi di crisi, le banche devono fare i conti con perdite significative, che nessuno si sognerebbe di compensare con una riduzione delle tasse”.
leggi anche
Prelievo forzoso in manovra? Le banche tremano
Ieri un commento sulla questione degli extraprofitti delle banche, finiti nel mirino del governo Meloni l’estate scorsa, con l’annuncio di quella tassa la cui versione originale venne pochi mesi del tutto annacquata, è arrivato anche dal CEO di BPER Gianni Franco Papa.
Nel corso di una conferenza stampa con cui ha commentato la presentazione del nuovo piano industriale della banca, Papa si è detto d’accordo con quanto stabilito dall’ABI, ovvero dall’Associazione bancaria italiana che, nelle ultime settimane, ha aperto all’ipotesi di un contributo da parte delle banche per finanziare la legge di bilancio, ma a condizioni ben precise:
“Sulla tassa sugli extraprofitti, non posso che allinearmi a quanto proposto dal comitato esecutivo dell’Abi, e cioè che il versamento deve avere natura predeterminata e temporanea, con effetti esclusivamente finanziari, salvaguardando i bilanci delle banche e senza effetti retroattivi”, ha detto Papa.
Negli ultimi giorni, ad attaccare le banche italiane è stato di nuovo il vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini, che ha insistito sulla necessità di chiamare gli istituti di credito a rapporto, dopo i profitti da sogno che hanno incassato negli ultimi due anni, complice l’effetto positivo che i rialzi dei tassi della BCE hanno avuto sulla loro redditività.
“ Non c’è bisogno di una patrimoniale ”, ha detto il ministro, lasciando intendere che sono le banche il mirino da centrare: “Io parlo di banche, perchè le banche l’anno scorso hanno avuto 40 miliardi di utili”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA