Individuato l’epicentro in Veneto del virus West Nile (Wnv). In una città i contagiati superano addirittura quelli di Covid. Ecco cosa sta accadendo e perché è importante farsi visitare subito.
Aumentano i casi della West Nile (ossia la febbre del Nilo) in Italia e con essa la pressione esercitata sulle strutture ospedaliere. I medici si dicono sempre più preoccupati per i sintomi più gravi che possono insorgere con la malattia, causando anche danni neurologici sul sistema nervoso centrale.
Il virus isolato per la prima volta in Uganda nel 1936 (nel distretto ugandese del West Nile, appunto) ha colpito soprattutto la regione del Veneto, dove in una città i casi positivi al Wnv hanno superato addirittura quelli del Covid.
Solo due anni fa, nel 2020, il virus aveva fatto registrare 57 casi di contagio e 4 morti, mentre lo scorso anno si è diffuso in ben 35 province italiane. Davanti a simile virus - che si trasmette solo tramite puntura di zanzara - è importante approfondire la notizia. Ecco in quale città i contagiati superano i casi di Covid e perché è importante farsi visitare subito.
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Febbre del Nilo, i contagiati superano i casi di Covid: ecco dove
Sale la preoccupazione in Veneto. A Padova dai pochi casi sporadici di Febbre del Nilo, oggi si contano più di 10 persone ricoverate in ospedale - 12 per l’esattezza - comprese in una fascia di età tra i 30 - 80 anni.
Ed è proprio in questa città che i contagiati dalla West Nile hanno superato i casi di Covid, come dichiarato da Anna Maria Cattelan, direttrice dell’unità complessa per le malattie infettive dell’Azienda ospedaliera - Università di Padova: “in questi giorni la West Nile ha soppiantato per presenze il virus precedente, impegnando ora molte energie del nostro reparto”. Aumenta quindi la pressione sulle strutture ospedaliere.
Come spiegato dal direttore generale dell’Azienda, Giuseppe Dal Ben, solo negli ultimi tre giorni è stata confermata la positività al virus in 8 pazienti ricoverati per i gravi sintomi della West Nile. E i numeri sembrano destinati a salire. Sommando i dati dell’Azienda a quelli dell’Usl, si arriva a circa 20 casi di ricoverati per West Nile (con febbri o, nei casi più gravi, encefaliti). Con 49 casi fin qui accertati tra città e provincia, inoltre, il Padovano si conferma epicentro in Veneto.
Inoltre, è stato confermato un primo cluster (2 o più casi che si verificano nel raggio di 2 km in un intervallo temporale di quindici giorni dall’inizio dei sintomi) nel Veneziano. Il direttore del dipartimento di prevenzione dell’Usl 3, Vittorio Selle, ha sottolineato che sono già state avviate le procedure per un’azione mirata di disinfestazione: alle azioni larvicide si somma infatti una disinfestazione speciale per colpire gli esemplari adulti di zanzara.
Febbre del Nilo: quali sono i sintomi e come si trasmette
Come si può leggere sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) la febbre del Nilo non si trasmette “tramite il contatto con le persone infette” (come invece per il Covid) ma solo tramite la zanzara. A preoccupare i medici sono i casi gravi che accedono al pronto soccorso. I sintomi più comuni della West Nile sono:
- febbre,
- mal di testa
- nausea
- vomito
- linfonodi ingrossati
- sfoghi cutanei
Talvolta nei casi più gravi questi sintomi sono abbinati anche fenomeni neurologici con il manifestarsi di meningiti e meningoencefaliti. “É bene richiamare alla prudenza - ha dichiarato il direttore generale dell’Azienda Ospedale - Università di Padova, Giuseppe Dal Ben - la malattia in questo periodo non scherza, con una diffusione a macchia di leopardo nell’intero territorio, favorita forse anche dalle condizioni metereologiche”. Il direttore ha invitato i cittadini alla massima attenzione. Uno dei metodi per prevenire possibili contagi è quello di usare repellenti, utilizzare zanzariere ed evitare la formazione di acqua stagnante.
Febbre del Nilo: perché è importante farsi visitare subito
A preoccupare i medici non è il virus in sé ma i sintomi più gravi che possono insorgere con la malattia come nel caso di meningiti e meningoencefaliti. Come spiegato dalla direttrice Anna Maria Cattelan attualmente non esiste una terapia d’elezione. Mentre i ricercatori si dedicano allo studio per un possibile vaccino, i medici possono solo curare i sintomi e nei casi gravi con il manifestarsi di meningiti è possibile intervenire solo con farmaci ad hoc per contenere gli effetti.
Proprio per tale motivo la Cattelan ha invitato i cittadini a non “procrastinare” l’arrivo in ospedale: in caso di sintomi, quali febbre alta con cefalea, nausea, vomito, o stato confusionale è importante farsi subito visitare, in modo che i medici possano intervenire e contenere i possibili danni sul sistema nervoso centrale.
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