Ferie silenziose, ecco un modo per godere di un riposo extra senza però mettere al corrente il datore di lavoro. Ma è molto rischioso (oltre che scorretto).
La legge riconosce ai lavoratori 4 settimane di ferie, di cui almeno 2 settimane devono essere goduto entro l’anno in cui vengono maturate. Tuttavia, a decidere in merito a quando fruire delle ferie è il datore di lavoro, il quale in determinati periodi potrebbe negare una tale possibilità per esigenze aziendali e di servizio.
Tuttavia, sembra che i lavoratori abbiano trovato un modo per godere di un po’ di riposo e ricaricare le energie senza però mettere al corrente il proprio datore di lavoro. Sta prendendo piede, infatti, il fenomeno delle cosiddette ferie silenziose, un vero e proprio trend tra le nuove generazioni con tanto di guide dedicate sui vari social network.
Un fenomeno che sta generando un allarme da parte dei datori di lavoro, dai quali arrivano sempre più segnalazioni in merito a dipendenti che non mettono il massimo impegno nello svolgere le proprie mansioni.
A rendere possibili le ferie silenziose è lo smart working arrivato con prepotenza nel mondo del lavoro durante la pandemia e che ancora oggi resiste in molte realtà seppure con una maggiore regolamentazione (e limiti). Una modalità di lavoro che viene preferita da gran parte dei millennial, i quali guardano con maggiore attenzione alla qualità della vita, aspetto che spesso prevale anche su stipendio e prospettive di carriera (tanto che spesso rifiutano anche promozioni che comporterebbero delle nuove responsabilità).
Tra le tante conseguenze di questo desiderio di non compromettere il proprio tempo libero per dedicarsi gran parte della giornata al lavoro c’è appunto quella che è stata denominata come ferie silenziose che si aggiunge al più famoso quiet quitting, una “filosofia” secondo cui il lavoratore può salvaguardarsi da stress e burnout semplicemente facendo lo stretto necessario, senza quindi dare troppa importanza ai problemi dell’ufficio e limitando l’impegno quotidiano.
La quiet vacationing è invece un modo che i più giovani utilizzano per recuperare energie senza necessariamente dover richiedere dei giorni di ferie. Vediamo come funziona e perché, inevitabilmente, rappresenta un problema per i datori di lavoro.
Quiet vacationing, come funzionano le ferie silenziose
Secondo il nuovo rapporto Out of office culture report realizzato dalla società statunitense Harris Poll, specializzata in ricerche e analisi di mercato, sempre più dipendenti, millennial specialmente, stanno estendendo i confini del telelavoro.
In che modo? Piuttosto che utilizzare un giorno di ferie, preferiscono chiedere lo smart working e, approfittando del fatto che controllare le mansioni effettivamente svolte in modalità di telelavoro è più complicato, fingono di lavorare mentre effettivamente stanno riposando.
Una pratica molto diffusa negli Usa (il 37% degli intervistati in età compresa tra i 30 e i 42 anni ha affermato che almeno una volta si è preso una pausa dal lavoro senza dirlo al proprio supervisore) ma che pian piano sta estendendo i propri confini anche attraverso i suggerimenti dati tra coetanei di diversi Paesi attraverso i social network.
D’altronde fingere di lavorare non è così complicato: basta programmare l’invio di qualche email (spesso fuori dall’orario di lavoro, così da dare l’impressione di aver lavorato duramente) oppure utilizzare i software di messaggistica aziendale per mostrarsi reperibili per tutto l’orario di lavoro.
Le ragioni delle quiet vacationing
A far riflettere sono le ragioni per cui si starebbe diffondendo una tale tendenza.
Come spiegato dal suddetto report, i più giovani preferiscono non esternalizzare la loro necessità di riposo per non sembrare dei fannulloni. Tuttavia, gravati dalla pressione di dover essere sufficientemente produttivi e rispettare le richieste fatte dal datore di lavoro arrivano a un punto in cui hanno assolutamente bisogno di riposo e per questo motivo approfittano di una tale alternativa.
A farne le spese è tanto il lavoratore, secondo lo studio infatti a questa pratica ne segue un senso di colpa che contribuisce ad aumentare i livelli di stress, quanto per il datore di lavoro che paga una giornata non produttiva quando invece avrebbe potuto riconoscere un giorno di ferie.
Attenzione ai rischi
Ricordiamo comunque che i lavoratori hanno degli obblighi da rispettare: uno di questi riguarda il proprio rendimento che deve seguire sempre determinati standard.
Un riposo nascosto potrebbe portare a una lettera di richiamo per scarso rendimento. E se reiterato c’è il rischio persino di essere licenziati.
Cosa può fare quindi il dipendente? Di fatto la migliore soluzione sarebbe quella di parlare chiaramente con il datore di lavoro, presentandogli il proprio bisogno di riposo. Anche solo per non compromettere la fiducia che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto, non solo lavorativo.
Quale soluzione?
A questo punto è lecito chiedersi: visto che non giova a nessuna delle due parti, come si può contrastare un tale fenomeno? Secondo Jasmine Escalera, esperta del mercato del lavoro, la soluzione sta nel promuovere una cultura più sana negli ambienti di lavoro sollecitando anche i datori di lavoro a fare meno pressione nei confronti dei loro dipendenti.
Bisognerebbe promuovere una maggiore comunicazione tra lavoratori e responsabili, nonché fare in modo che le aziende possano avere delle aspettative ragionevoli per quanto riguarda gli obiettivi da raggiungere, alleggerendo così i carichi di lavoro e riconoscendo ai dipendenti un adeguato tempo libero (retribuito) durante il quale dovrebbero essere incoraggiati a disconnettersi completamente.
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