Il concordato preventivo biennale comporta per i contribuenti forfettari un addio alle semplificazioni fiscali cui possono beneficiare. Vediamo perché sarà necessario tenere la contabilità.
I contribuenti forfettari che aderiscono al concordato preventivo biennale dovranno dire addio alle semplificazioni fiscali, anche se a prevederlo non è un preciso obbligo di legge. Il concordato preventivo biennale, infatti, prevede che anche i contribuenti che hanno aderito al regime forfettario tengano la contabilità necessaria per rilevare i costi di esercizio.
Cos’è il concordato preventivo biennale? Si tratta di un accordo tra Fisco e contribuente per stabilire, a priori, le tasse da versare nel biennio introdotto da un decreto legislativo approvato lo scorso 2 novembre dal CdM, in attuazione della riforma fiscale. Seppure, quindi, il contribuente forfettario stinga una sorta di accordo con il Fisco accettando la proposta di concordato preventivo, vedrà venire meno le semplificazioni fiscali previste per chi ha optato per questo regime.
Le semplificazioni dei forfettari che vengono meno
Il vincolo di tenere una contabilità per rilevare i costi di esercizio delle partite Iva in regime forfettario, si somma all’obbligo di compilazione del quadro Rs del modello Redditi che questi contribuenti sono già chiamati a compilare per tenere nota delle spese sostenute per lo svolgimento della propria attività lavorativa.
Dal 1° gennaio 2024, inoltre, tutti i contribuenti forfettari, anche quelli che fino a ora ne sono rimasti esclusi, avranno l’obbligo di utilizzo della fattura elettronica. Questo porterà, come è prevedibile, a un aumento della complessità per l’utilizzo di software che servono per l’emissione e la conservazione delle fatture digitali.
Per coloro che aderisco al concordato preventivo, poi, diventa necessaria anche la contabilità, anche se a prevederlo non è un obbligo specifico. Vediamo di cosa si tratta e gli adempimenti necessari.
Concordato preventivo e contabilità necessaria
L’accordo tra Fisco e contribuente per definire la base imponibile del biennio successivo, previsto dal concordato preventivo biennale, è uno strumento cui possono accedere anche gli autonomi che hanno scelto il regime forfettario.
Il concordato prevede che entro il 15 marzo di ogni anno (solo per il 2024 entro la fine di aprile), l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione del contribuente dei programmi informatici che servono per l’acquisizione dei dati utili all’elaborazione della proposta.
Si tratta di un pacchetto di programmi che andrà, probabilmente, a ricalcare quello che oggi si usa per la definizione degli Isa. Questo significa che anche i contribuenti forfettari, oggi esclusi da questi adempimenti, si troveranno a dover rilevare i propri costi contabili per stabilire le spese per l’esercizio della professione/attività, per poter fornire all’amministrazione tributaria i dati necessari per l’elaborazione della proposta di concordato preventivo.
Quali rischi si corrono non tenendo la contabilità?
Come detto in precedenza, non si tratta di un obbligo vero e proprio. Ma per il contribuente forfettario che non tiene la contabilità delle spese di esercizio il rischio che si corre potrebbe essere duplice.
Da una parte la partita Iva in regime forfettario potrebbe ricevere una proposta di concordato preventivo troppo alta (che non tenga conto, appunto, delle spese che si sostengono per l’esercizio dell’attività che è quello che già accade, però, anche con la determinazione del reddito imponibile dal quale non è possibile detrarre i costi sostenuti).
Dall’altra parte, poi si rischia di vedersi precludere l’accesso al concordato preventivo biennale nel caso che l’Agenzia delle Entrate trovi incongruenze tra i dati in suo possesso e quelli che il contribuente forfettario indica nell’istanza di concordato preventivo biennale. Perché la proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate tiene conto dei dati dichiarati dal contribuente ma anche di quelli in suo possesso.
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