In occasione del Cda del 17 dicembre l’amministratore delegato di Mps, Guido Bastianini, presenterà il nuovo piano strategico dell’istituto di credito. Intanto, sullo sfondo, rimane viva l’opzione delle nozze con Unicredit.
Si preannunciano dei mesi particolarmente caldi sul fronte Mps, con l’amministratore delegato della banca senese, Guido Bastianini, che il 17 dicembre presenterà al Cda il piano strategico volto a garantire la sopravvivenza dell’istituto di credito.
Rimane viva l’ipotesi di una fusione con Unicredit nel 2021, ma non mancano gli scogli: su tutti, i risarcimenti che pendono su Mps – per un ammontare che sfiora i 10 miliardi di euro – e la contrarietà alle nozze espressa dai sindacati di categoria e da una fronda maggioritaria del M5S.
Mps: i prossimi passaggi chiave
Come accennato, l’ad Guido Bastianini presenterà il 17 dicembre il piano stand alone di Mps – definito da Oliver Wyman e Mediobanca – teso a tracciare le strategie future dell’istituto di credito senese.
Secondo le ultime indiscrezioni, il piano prevede un aumento di capitale che potrebbe ammontare a 2,5 miliardi di euro. Di 500 milioni di euro, invece, il taglio dei costi, sebbene il livello occupazionale dovrebbe rimanere sostanzialmente invariato anche in caso di fusione.
Il capital plan di Mps dovrà poi essere sottoposto all’attenzione del board della Banca centrale europea. L’appuntamento – previsto per gennaio – sarà l’occasione per sciogliere la questione relativa alle modalità della ricapitalizzazione.
La banca senese potrebbe infatti decidere di procedere in solitaria, ma il sostegno del Tesoro – in qualità di primo azionista – rischia di far storcere il naso a Bruxelles. Infatti, una ulteriore immissione di risorse da parte del ministero guidato da Roberto Gualtieri potrebbe essere interpretata dalla Commissione europea come un illegittimo aiuto di Stato.
A questo punto, l’assemblea di aprile di Mps - che sarà tenuta ad approvare il bilancio 2020 dell’istituto senese – potrebbe far coincidere le operazioni di aumento di capitale con la firma sull’atto di fusione. Tra le pretendenti, come noto, Unicredit, ma l’ostruzionismo politico e sindacale sul coinvolgimento dell’istituto meneghino non sembra destinato ad attenuarsi nel breve termine.
Non è un mistero che il M5S preferirebbe l’opzione avanzata da Lando Maria Sileoni, segretario di Fabi: un polo a tre con Mps, Banca Carige e Popolare di Bari, con gli istituti che dopo la fusione manterrebbero i loro marchi separati, scongiurando di fatto anche quello scenario di tagli al personale inviso ai sindacati.
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