La postura giudicante di molti intellettuali l’abbiamo già vista nel conflitto russo-ucraino: riceve il fatto come dato, senza ripercorrere le cause storiche e culturali.
Jürgen Habermas, assieme a due politologi e un giurista tutti tedeschi, ha affermato che la reazione di Israele all’azione di Hamas era “giustificata in principio”.
A seguire si possono discutere “I principi di proporzionalità, l’evitare vittime civili ed il condurre una guerra con la prospettiva di una pace futura” che “devono essere principi guida”. Secondo i quattro, totalmente ingiustificati i giudizi di genocidio dati all’azione di Israele verso la popolazione di Gaza. Si aggiunge poi con particolare vigore che “le azioni di Israele non giustificano in alcun modo reazioni antisemite, soprattutto in Germania”. Lo spazio dedicato a questo ultimo punto ovvero la delicata questione Germania-ebrei che arriva poi ad un giudizio di particolare attenzione alla tutela de “la vita ebraica e il diritto di esistere di Israele sono elementi centrali che sono particolarmente meritevoli di tutela” dati i trascorsi nazisti, è forse la finalità stessa della breve lettera. Cosa c’è che non va in questa lettera di giudizio motivo per il quale ci permettiamo qui di giudicarne il giudizio?
A mio avviso è incompleto l’oggetto del giudizio, quindi più che sbagliato è conseguente che il giudizio sia da giudicare parziale, quindi gnoseologicamente sbagliato. I quattro sembrano condividere, assecondare e dato il loro standard intellettuale giustificare, questa postura giudicante. Questa postura giudicante l’abbiamo già vista nel conflitto russo-ucraino. Essa riceve il fatto come dato, non lo discute, ricevuto il fatto scatta il giudizio. Ma questi fatti hanno natura complessa il che significa storica, politica, geopolitica, culturale ed oltretutto pongono i contendenti come oggetti rispetto ai quali il giudicante è altro, fintanto che non esprime il giudizio è estraneo. [...]
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