Dopo la tragedia avvenuta il 14 agosto nel capoluogo ligure, il governo promette investimenti in infrastrutture: dal Nord al Sud sono numerose le emergenze che richiedono attenzione.
Dopo la tragedia di Genova, in Italia si riapre il dibattito sulla sicurezza delle infrastrutture del Paese. D’altronde, quanto accaduto nel capoluogo ligure è solo l’ultimo di una serie di crolli avvenuti negli ultimi anni, quello con le conseguenze più devastanti in termini di perdite di vite umane e di impatto socio-ambientale.
39 morti, 16 feriti, centinaia di sfollati. Ai numeri impietosi del disastro, si aggiunge anche lo shock di una città divisa in due, che dovrà fare i conti con il lutto e la ricostruzione.
E se l’Italia, in disgrazie del genere ha sempre mostrato una efficienza invidiabile sul fronte dei soccorsi, mettendo in moto una macchina organizzativa puntuale e competente, lo stesso non si può dire sul fronte della prevenzione, ambito in cui il nostro Paese, mostra tutte le sue pecche.
Il risultato è quello che lo stesso ministro all’Economia e alle Finanze, Giovanni Tria, stamani, non esita a definire “degrado infrastrutturale” davanti al quale bisogna intervenire rilanciando investimenti in infrastrutture.
Salvini: “Servono 40 miliardi”
Nell’imminenza del crollo del viadotto Morandi, a Genova, non hanno mancato di far sentire la loro voce i vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e il ministro alle Infrastrutture Toninelli. I tre, insieme al presidente del Consiglio, si sono recati a Genova dove, a 24 ore dalla tragedia, hanno annunciato i primi provvedimenti del governo: 5 milioni di euro per la prima fase dell’emergenza e la revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia. Annuncio quest’ultimo che ha affossato il titolo della controllante Atlantia in Borsa.
Il ministro dell’Interno, in particolare, intervenendo sulla necessità di mettere mano al sistema infrastrutturale italiano, ha detto che per mettere in sicurezza le opere esistenti serve una cifra intorno ai 40 miliardi. Salvini non ha mancato di polemizzare con l’Ue, accusando Bruxelles di mettere paletti e vincoli alla spesa, ma poco dopo non si è fatta attendere la risposta della Commissione Europa che ha sottolineato come la flessibilità concessa all’Italia per le opere ha comportato 2,5 miliardi in più di spesa.
Tria: “Investimenti in infrastrutture sono priorità”
In mattinata, sul tema è intervenuto anche Tria, che in una nota ha ribadito quanto più volte espresso già dai suoi colleghi di governo nelle ultime ore sull’accertamento “attento e rigoroso delle cause e delle responsabilità”, aggiungendo che
“Nessuno si dovrà trincerare dietro l’alibi della mancanza di fondi o di vincoli di bilancio. È l’intero sistema di competenze e responsabilità in tema di investimenti pubblici infrastrutturali che deve essere chiamato in causa e che è alla base del degrado infrastrutturale dell’Italia, dei ritardi e dell’incapacità di spesa”.
Ecco perché per il titolare del Tesoro è assolutamente necessario realizzare un “grande piano di rilancio degli investimenti pubblici in infrastrutture”.
Tria annuncia che il governo è già al lavoro in questa direzione, impegnandosi a sbloccare risorse e interventi di manutenzione che hanno già finanziamenti a disposizione.
“Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono una priorità dell’attuale governo per i quali non ci saranno vincoli di bilancio, come è una priorità il superamento dell’incapacità di spesa e di intervento”
ha concluso il ministro.
Emergenza in tutta Italia
Ma una volta sbloccate le risorse esistenti ed eventualmente recuperate le ulteriori necessarie, dove e come saranno eseguiti i lavori di manutenzione? Dirlo è davvero difficile, visto che la situazione infrastrutturale italiana è piuttosto critica sia sul piano qualitativo con opere vecchie e poco sicure, sia su quello quantitativo visto che tra ponti e strade sono davvero numerose – e non esattamente definite – le emergenze che richiedono attenzione.
Particolarmente allarmante la posizione assunta dall’Istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr, che dopo la tragedia di Genova ha fatto sapere che
“La sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità”.
In effetti basta scorrere le notizie di cronaca degli ultimi due anni per rendersi conto della gravità della situazione: escludendo quello di Genova, ben 4 crolli si sono registrati dal 2016 dalla Lombardia alla Calabria, mentre sono numerosissime le segnalazioni che associazioni e cittadini continuano a fare, spesso inascoltati, su opere a rischio.
Il problema è che la maggior parte delle opere infrastrutturali italiane è vecchia, ha più di 50 anni (vita massima per opere in calcestruzzo armato) ed è stata realizzata con tecnologie ormai superate:
“Decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti”
avvertono gli esperti.
Il monitoraggio delle infrastrutture
Ma come intervenire di fronte a un’opera infrastrutturale ormai vetusta? Le moderne tecnologie aiutano a renderla più sicura ed efficiente, come d’altronde era già successo con alcuni interventi di adeguamento su alcuni tratti dello stesso viadotto Morandi di Genova.
Ma ciò che è importante tra la fase di programmazione e di esecuzione di eventuali lavori di rafforzamento è il monitoraggio di un’opera a rischio.
In questo senso, vengono in aiuto innovazioni poco invasive in grado di assicurare la viabilità e al contempo garantire la sicurezza di chi percorre un ponte o una strada che per le sue condizioni critiche desta preoccupazione.
In Calabria, ad esempio, sul viadotto Cannovino gestito dall’Anas, che collega Crotone e Cosenza, sono stati installati – dopo non poche proteste – alcuni sensori che, in caso di vibrazioni o cedimenti eccessivi, accenderà immediatamente il rosso sulle lanterne semaforiche.
La start up che cerca finanziatori
È tutta made in Italy la nuova tecnologia che promette di rivoluzionare il settore del monitoraggio infrastrutturale. Basata sull’installazione si un particolare sensore innovativo, Supermicron permette di rilevare quattro valori principali della infrastruttura da monitorare.
Il funzionamento è semplice: il sensore registra dati relativi a deformazione, temperature, inclinazione ed eventuale attività sismica e li comunica in tempo reale al gestore dell’opera, che ottiene così informazioni dettagliate e in continuo aggiornamento sullo stato e sul funzionamento della struttura monitorata.
Fondata da Guido Maisto e Paolo Tartaglione, la start-up innovativa ha avviato una campagna di crowdfunding online e ha già raccolto oltre 194 mila euro rispetto ai 140 mila richiesti. Supermicron ha già ricevuto i primi ordini in India, Turchia e Italia.
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