In Germania sono in corso cambiamenti epocali, che non riguardano soltanto la crisi del gas e contro la Russia. In gioco ci sono anche nuovi rapporti con la Cina, che potrebbero costare cari.
Sono diversi i cambiamenti commerciali ed economici che la Germania sta affrontando. La guerra in Ucraina, la crisi del gas e la maggiore sensibilità verso la politica dei diritti umani che si sta sviluppando anche in Europa contro la Cina stanno mettendo in crisi un sistema produttivo e commerciale che ha finora fatto della nazione tedesca una fortezza.
Non c’è solo Mosca a preoccupare Berlino, alle prese con l’inflazione energetica. Il rapporto con Pechino, che la Merkel aveva rafforzato in ottica di opportunità di business scricchiola, in nome di diversi valori politici.
Con il terremoto geopolitico in atto, la Germania si scopre più debole e con la necessità di cambiare: cosa può accadere?
Germania-Cina: segnali di rottura?
Il ministero dell’Economia tedesco sta valutando una serie di misure per rendere meno attraenti gli affari con la Cina mentre cerca di ridurre la sua dipendenza dalla superpotenza economica asiatica, secondo un’indiscrezione di Reuters.
Il governo sta valutando anche la possibilità di presentare una denuncia all’Organizzazione mondiale del commercio su quelle che considera pratiche commerciali sleali cinesi, insieme al G7.
“Dovremmo dimostrare a Pechino che siamo disposti a lottare per i principi di equità”, ha dichiarato una fonte separata e rimasta anonima.
Un portavoce del ministero dell’Economia ha rifiutato di commentare queste misure specifiche, ma ha affermato che il ministero stava verificando misure mirate “per sostenere la diversificazione (del commercio e delle catene di approvvigionamento) e il rafforzamento della resilienza”.
Il ministero aveva già deciso di non dare più garanzie di investimento per i progetti nella regione dello Xinjiang o per le società con rapporti d’affari lì, date le preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani e la mancanza di informazioni affidabili.
Sarebbe un allontanamento dalle politiche di Berlino sotto l’ex cancelliera Angela Merkel, evidenziando un cambiamento negli schemi geopolitici della potenza europea. C’è da sottolineare che la Cina è diventata il principale partner commerciale della Germania nel 2016, con un volume di scambi di oltre 245 miliardi di euro l’anno scorso, contribuendo ad alimentare la crescita nella più grande economia europea, trainata dalle esportazioni.
Le case automobilistiche tedesche sono particolarmente esposte al mercato cinese, con la Volkswagen che realizza lì circa la metà dei suoi profitti. Anche la Germania e l’Europa si affidano alla Cina per alcune materie prime, come le terre rare.
Il nuovo governo ha concordato una linea più dura nei confronti di Pechino nel suo accordo di coalizione, promettendo di ridurre le dipendenze strategiche dal suo rivale sistemico e menzionando per la prima volta questioni sensibili per il dragone, come Taiwan e Hong Kong. Il cancelliere Olaf Scholz ha fatto la sua prima visita in Asia in Giappone, a differenza della Merkel.
Il partito della coalizione dei Verdi, responsabile sia dell’economia che del ministero degli Esteri, si dice particolarmente preoccupato per le violazioni dei diritti umani e per i rischi di essere obbligati a uno Stato autoritario sempre più assertivo, come lo è la Russia.
Scholz, però, ha avvertito delle conseguenze negative di qualsiasi “disaccoppiamento” dalla Cina e ha espresso fiducia che le aziende si stiano già diversificando. “Non possiamo isolare la Cina”, ha detto Hildegard Mueller, il capo dell’associazione automobilistica tedesca VDA. “Sarebbe ingenuo - e fatale, sia politicamente che economicamente”.
Non si può negare che la Germania sia nel pieno di mutamenti epocali e non privi di rischi, proprio dal punto di vista economico. L’accentuata divisione tra Occidente e Oriente, forzata da Usa contro Cina da una parte e dalla guerra in Ucraina che impone posizioni contro la Russia dall’altra, può ridisegnare i meccanismi delle grandi potenze. Come della Germania, dove la crisi si sta facendo sentire più che in altre nazioni.
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