Il nuovo governo di centrodestra potrebbe cambiare l’approccio dell’Italia sulla transizione ecologica e opporsi alla svolta green su auto e moto dell’Unione europea: ecco cosa può succedere.
Il nuovo governo di centrodestra, probabilmente guidato da Giorgia Meloni, potrebbe avere una posizione sulla transizione ecologica diversa da quella di Mario Draghi, cercando di fermare alcune decisioni dell’Unione europea. La prima che rischia di essere messa in discussione è quella relativa allo stop alle auto e alle moto a benzina e diesel dal 2035, anno dal quale dovrebbero essere prodotte solo vetture elettriche.
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Si tratta per la precisione di una proposta di regolamento europeo, il pacchetto Fit-for-55 della Commissione europea, che mira a ridurre fortemente le emissioni inquinanti in Europa entro il 2050. Il testo contiene anche questo divieto di vendita delle auto a benzina, diesel e endotermiche in generale ed è in fase finale di approvazione. L’Italia potrebbe bloccarlo?
Le nuove regole europee su diesel, benzina ed elettrico
Nel votare il pacchetto, approvato a maggioranza, il Parlamento europeo ha chiesto alle case automobilistiche di ridurre le emissioni medie dei veicoli, rispetto al 2021, del 15% nel 2025, del 55% nel 2030 e del 100% nel 2035.
Unica deroga che sarebbe concessa sarebbe per i piccoli produttori di nicchia, che costruiscono fino a 10mila auto e 22mila furgoni l’anno. Lo schema di regolamento ha ottenuto un primo via libera anche dal Consiglio Ue, ma la decisione finale attesa da qui alla fine dell’autunno.
L’opposizione del centrodestra al regolamento Ue
Nel Parlamento Ue l’intero centrodestra si è opposto a questa parte del pacchetto Fit-for-55. In particolare secondo il partito ora maggioritario, Fratelli d’Italia, si tratterebbe di un “clamoroso autogol”. Il partito, come ha spiegato il responsabile ambiente ed energia Nicola Procaccini, chiede innanzitutto di immaginare la mobilità del futuro inglobando una serie di soluzioni per “coniugare le esigenze ambientali con quelle industriali e di tutela dei lavoratori”.
Quindi investimenti anche in idrogeno e biocarburanti e una transizione “sostenibile, graduale e pianificata”. L’obiettivo dichiarato è “tenere assieme la salvaguardia dell’ambiente con la crescita economica e il benessere sociale”.
Secondo i costruttori italiani nel nostro Paese con il regolamento europeo sarebbero a rischio 70 mila posti di lavoro. In particolare si è opposta l’Anfia, Associazione delle imprese della filiera dell’automotive. L’impatto, secondo loro, sarebbe pesante perché nel nostro paese la maggior parte dell’industria dell’automotive è rappresentata dalla componentistica, che lavora per diverse case europee.
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Ancora più dura la Lega, con Matteo Salvini che prima delle elezioni aveva lanciato l’idea di un referendum popolare per bloccare la decisione europea. In Italia, però, le uniche forme di referendum applicabili a tutto il territorio nazionale sono quello costituzionale e quello abrogativo, entrambi non applicabili per un regolamento comunitario.
Se il regolamento fosse approvato definitivamente, quindi, un eventuale governo di centrodestra potrebbe al massimo decidere di non applicarlo, magari organizzando una consultazione dei cittadini italiani tramite banchetti di partito, ma a prescindere dal suo esito scatterebbe una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione della normativa europea. Procedimento che porterebbe dritti a una multa almeno milionaria per il nostro Paese.
Fratelli d’Italia vuole rivedere gli incentivi auto
In ogni caso Fratelli d’Italia vorrebbe rivedere gli incentivi per l’acquisto di auto, bloccando “lo sbilanciamento a favore di vetture elettriche ed ibride”, che porterebbe a “favorire aziende straniere, in particolare cinesi”. Quindi ci sarebbe un “riequilibrio degli incentivi a favore di tutto il parco auto”. Insomma al momento è ritenuto “prematuro un completo passaggio all’elettrico” per le condizioni industriali del settore auto, anche se l’ambiente urla cambiamenti immediati.
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