I 6 movimenti sospetti del conto corrente che allertano il Fisco

Patrizia Del Pidio

9 Aprile 2025 - 15:33

Tutti i conti correnti sono sotto l’occhio vigile del Fisco, ma ci sono movimenti che allertano l’Agenzia delle Entrate in modo particolare. Vediamo quali sono e come difendersi dai controlli.

I 6 movimenti sospetti del conto corrente che allertano il Fisco

Esistono 6 movimenti del conto corrente che suscitano i sospetti del Fisco. Il principio cardine su cui si basano i controlli bancari è che ogni versamento di denaro, sia in contanti che ricevuto tramite bonifico, sia da considerare come reddito imponibile, salvo prova contraria.

L’amministrazione tributaria è a conoscenza dei nostri redditi, delle giacenze dei conti correnti e anche di tutte le movimentazioni si fanno con il denaro. E anche se ogni anno siamo chiamati a presentare la dichiarazione dei redditi (che l’Agenzia delle Entrate provvede a precompilare per noi, visto che è a conoscenza delle nostre entrate e dei nostri redditi) e la Dsu per l’Isee (e anche in questo caso troviamo la versione precompilata), ovviamente il Fisco sospetta sempre che possa esserci altro reddito che non dichiariamo. Proprio per questo motivo tiene sotto controllo i conti correnti, in attesa di trovare movimenti sospetti che possano portare a un accertamento fiscale.

Proprio perché l’Agenzia delle Entrate è a conoscenza di tutto, bisogna fare molta attenzione a effettuare quelle movimentazioni di denaro che potrebbero destare, nel Fisco, il sospetto di non sapere proprio tutto e che è in atto un’evasione fiscale. Ma quali sono i 6 movimenti che maggiormente destano sospetto?

1. Prelievo e versamento di denaro contante

Sia che si effettuino prelievi che versamenti in contanti, è bene sapere che il Fisco guarda sempre con sospetto a questo tipo di operazioni. In Italia è prevista una soglia di tracciabilità del denaro contante che, per il 2025, resta fissata a 5.000 euro. Questo significa che si possono effettuare operazioni in contanti fino a 4.999 euro.

Per prelievi e versamenti dal o sul proprio conto corrente, però, questa soglia non è prevista (il limite è previsto solo per movimenti di denaro verso terzi). Pagare in contanti, quindi, un bene o un servizio che costa dai 5.000 euro in su non è possibile perché per questa tipologia di operazione è necessario utilizzare un mezzo di pagamento tracciabile.

Sebbene la legge non impone un limite ai soldi contanti che un soggetto può versare sul proprio conto corrente, la banca potrebbe interrogare, per cifre superiori alla soglia, sulla provenienza del denaro. Quello che si cerca di scoprire è se i soldi versati rappresentano o meno fonte di reddito.

Allo stesso modo il sospetto è innescato anche da operazioni di prelievo di grosse somme in contanti. Sono sospetti anche i prelievi ricorrenti di somme più piccoli perché potrebbero far presumere che si effettuino per mettere da parte soldi in contanti. Il sospetto in questo caso è che le somme servano per pagare determinate prestazioni professionali in nero.

Anche se la legge non impone di giustificare a un operatore di banca a cosa servono i soldi che stiamo prelevando o da dove vengano quelli che versiamo, è sempre bene rispondere nel modo più preciso possibile per evitare che la banca {{}} alla Uif (che a sua volta potrebbe segnalarla al Fisco e alla Guardia di Finanza).

2. Mancati prelievi sul conto corrente

Se il Fisco controlla prelievi ricorrenti, è da tenere presente che anche i mancati prelievi possono far scattare sospetti di evasione fiscale. Se un contribuente riceve il proprio stipendio o la propria pensione sul conto corrente, ma non effettua mai prelievi (o pagamenti con il bancomat o la carta di credito) il Fisco presume che ci siano entrate in contanti non dichiarate che permettono al soggetto di vivere.

In questo caso, quindi, si dovrà dimostrare dove si prendono i soldi per vivere, visto che non si attinge dal conto corrente su cui è accreditato lo stipendio. E anche in questo caso occorre presentare prove documentali che le spese necessarie per la sopravvivenza sono effettuate, ad esempio, con i soldi regalati, vinti, o ricevuti e che questi non si configurino come reddito non dichiarato.

3. Movimenti di denaro con l’estero

Bonifici che provengono dall’estero o che si inviano all’estero non piacciono al Fisco. Potrebbe essere la stessa banca a segnalare questo tipo di operazioni (SOS, segnalazione di operazione sospetta) all’Uif. Quando la banca invia questo tipo di segnalazioni, ovviamente, il cliente ne è completamente all’oscuro, non viene avvertito.

Laddove, quindi, vengono segnalati i criminali che riciclano denaro sporco, potrebbe essere segnalato anche un ignaro correntista che sposta denaro all’estero per ragioni del tutto lecite (come ad esempio investimenti in criptovalute).

Da sottolineare che non è vietato inviare soldi all’estero, ma quando ci sono spostamenti di denaro da e verso l’estero per somme che superano i 5.000 euro la banca potrebbe chiedere una dichiarazione scritta in cui motivare lo spostamento e l’aggiornamento del questionario antiriciclaggio. Solitamente (non è detto, ma è molto probabile) la conseguenze di queste richieste è una segnalazione all’Uif che, però, potrebbe anche non avere conseguenza alcuna.

4. Sospetti per bonifici ricevuti da privati

I bonifici che si ricevono da privati al di fuori dell’attività lavorativa (che compaiono in dichiarazione dei redditi), possono destare i sospetti del Fisco. L’amministrazione finanziaria potrebbe presumere, per questi bonifici, che si tratti di redditi non dichiarati. Il sospetto si intensifica se i bonifici sono ricorrenti e potrebbero far presumere che si tratti di lavoro nero.

Quando si ricevono bonifici da privati, quindi, oltre a una causale che specifichi il motivo del trasferimento di denaro, è consigliabile conservare sempre la documentazione che, eventualmente, giustifichi la somma. In quali casi il bonifico in entrata non deve essere considerato imponibile? Pagamento per la vendita di beni usati, vincite al gioco (con ritenuta alla fonte), donazione da parte dei parenti, rimborsi spese, risarcimento: in tutti questi casi in cui il reddito è esente, serve la prova scritta e con data certa che il bonifico ricevuto non è soggetto a tassazione.

5. Troppi movimenti di denaro tra marito e moglie

Spostamenti di denaro tra il conto corrente del marito e quello della moglie (e viceversa) sono normali e rientrano in quelli che sono definiti doveri di solidarietà. Ma se gli scambi di soldi tra marito e moglie sono frequenti o di importo rilevante, il Fisco potrebbe considerarli sospetti, soprattutto se uno dei due coniugi non ha un reddito proprio e ha grosse somme depositate sul conto corrente. In questo caso l’Agenzia delle Entrate potrebbe presumere che il conto corrente del coniuge senza reddito sia alimentato da redditi in nero dell’altro coniuge (che poi si riprende con bonifici sul proprio conto).

Anche in questo caso il Fisco notifica un accertamento basato solo sulla presunzione senza dare la possibilità al contribuente di dare una spiegazione. Per difendersi, con prove documentali, è necessario presentare un ricorso.

6. Bonifici ricorrenti o periodici

Ricevere bonifici periodici (ovviamente che non siano doverosamente giustificati, come lo stipendio o la pensione) pone nel rischio di essere oggetto di un accertamento fiscale. Quando si parla di lavoro nero non è responsabile solo il datore di lavoro, ma anche il dipendente che riceve soldi senza che questi siano dichiarati (non ci paga le tasse).

In sostanza quando ci sono bonifici periodici o ricorrenti, l’Agenzia delle Entrate sospetta che si tratti di redditi provenienti da lavoro nero. Il principio su cui si basano i controlli bancari, infatti, è che ogni deposito in banca (bonifici, versamenti o contanti) sia considerato imponibile fino a prova contraria. Il contribuente, quindi, deve avere in mano la prova documentale con la quale dimostrare che non si tratti di somme evase o imponibili.

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