Il condòmino può essere nominato amministratore dall’assemblea?

Claudio Garau

27/01/2023

Oggi le regole in materia di requisiti per fare l’amministratore di condominio sono chiare, ma la legge vieta di svolgere questo ruolo a chi è anche condòmino del caseggiato?

Il condòmino può essere nominato amministratore dall’assemblea?

Come molti probabilmente già sapranno, il ruolo dell’amministratore di condominio, specialmente in caso di edifici molto grandi e con molti proprietari e inquilini, implica di saper svolgere una varietà di attività diverse. Egli è infatti quella figura professionale che si occupa della gestione dello stabile e dell’applicazione effettiva delle delibere assembleari, ovvero di ciò che viene deciso nelle periodiche riunioni dei condomini.

Le sue competenze, come accennato, sono differenti tra loro e comprendono la manutenzione ordinaria, la conservazione dei beni comuni, il far rispettare il regolamento di condominio, la cura degli adempimenti fiscali e il pagamento delle spese e delle utenze del condominio. Ma non solo.

Anzi, in ragione della diversità e molteplicità delle sue funzioni e del fatto che la sua formazione deve - o dovrebbe - spaziare su più campi (contabile, fiscale, amministrativo, giuridico ecc.) è opportuno dotarsi sempre di una figura preparata e in possesso non soltanto dei requisiti di onorabilità, ma anche di quelli di professionalità. Punto di svolta, su questo punto, non può che essere stata la riforma del condominio del 2012.

Ebbene, in riferimento a chi effettivamente può svolgere questo lavoro, vogliamo porci la seguente domanda: può un singolo condòmino fare l’amministratore di condominio? Ovvero, l’assemblea può decidere di nominare uno dei condòmini invece che incaricare una figura ’terza’ rispetto a coloro che vivono nell’edificio? A questi quesiti daremo risposta più avanti, evidenziando anche un caso particolare che merita qualche chiarimento. I dettagli.

Chi può fare l’amministratore di condominio?

Lo abbiamo accennato in apertura, amministrare un condominio può essere un lavoro molto delicato, perché solitamente gestire un edificio composto da decine di unità abitative implica di saper gestire una mole non indifferente di questioni pratiche - con il rischio di incappare anche in qualche contrasto tra singoli condòmini. Talvolta non si sa chi scegliere per svolgere questo compito e non mancano i casi di chi decide per una persona interna, ovvero uno dei condòmini che ha la residenza nello stabile. Vedremo tra poco se ciò è consentito dalla legge oppure no.

Vero è che le regole in materia ci dicono che la generalità delle persone può svolgere la professione di amministratore di condominio. Anzi, la carica in oggetto può essere ricoperta sia da una persona fisica che da una società di persone (ad es. snc) o di capitali (ad es. srl).

Questo vuol dire che, al di là della professione o dell’attività svolta, ad una persona non è vietato di occuparsi della gestione del condominio - a patto però che possieda i requisiti di onorabilità e professionalità.

I requisiti per svolgere questo lavoro

Abbiamo appena detto che limiti particolari non ve ne sono, ma è pur vero che è la legge a stabilire alcuni requisiti fondamentali che consentono di svolgere questo lavoro in conformità alle regole in materia. Ebbene, tra essi abbiamo ad es. il pieno godimento dei diritti civili, l’assenza di condanne penali e di iscrizione nell’elenco dei protesti cambiari e la non interdizione o inabilitazione. Si tratta dei requisiti di onorabilità, che indicano l’integrità e la rettitudine morale di una persona e che chi vuole fare l’amministratore deve possedere, per non rischiare la revoca.

Per quanto riguarda invece i requisiti di professionalità, l’amministratore per legge deve aver conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado e deve aver frequentato un corso di formazione iniziale, ma anche deve effettuare attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale - frequentando corsi di aggiornamento ad hoc.

Vero è che la riforma del condominio ha il merito di aver finalmente fatto chiarezza sul piano dei requisiti professionali dell’amministratore, e questo aiuta a dare una risposta puntuale alle domande che ci siamo posti in apertura.

La possibilità di nominare amministratore un singolo condòmino del caseggiato

Ebbene, sulla scorta di quanto abbiamo considerato finora, è facile giungere alla risposta alle domande iniziali: l’assemblea può nominare amministratore uno dei condòmini. Questo è il caso del cosiddetto amministratore interno di condominio, per cui la legge non pone particolari ostacoli a riguardo.

Vi è però un possibile limite che può essere determinato dal testo del regolamento condominiale contrattuale, che almeno potenzialmente potrebbe indicare la possibilità di nominare l’amministratore soltanto tra persone terze rispetto ai singoli condòmini. Aprendo una breve parentesi, caratteristica essenziale di detto regolamento è che, pur non essendo accettato nel corso di un’assemblea, ma in momenti temporalmente diversi tra loro, raggiunge l’unanimità. E proprio perché avente un consenso all’unanimità il regolamento contrattuale può includere dei vincoli più forti rispetto a quello approvato a maggioranza - ovvero quello di origine assembleare.

E c’è un altro particolare molto importante da sottolineare, in merito alla possibilità di avere un condòmino come amministratore dello stabile. Ebbene, rispetto ai requisiti fissati dalla legge il singolo condòmino che voglia fare l’amministratore ha anche una sorta di ’agevolazione’, perché il titolo d’istruzione, e perciò il diploma di scuola secondaria di secondo grado, come anche la formazione iniziale e periodica non sono obbligatori. Restano invece i requisiti di onorabilità.

Il caso particolare del condòmino moroso nominato amministratore: è possibile?

Vediamo ora una situazione ’limite’ che però, ipoteticamente, potrebbe presentarsi nella realtà. Può essere nominato amministratore di condominio un condòmino indietro con i pagamenti e dunque moroso ed indebitato? Anche in questo caso dobbiamo rispondere che, in linea generale, ciò è possibile - e questo perché non c’è alcuna regola specifica che lo impedisce. Pur di per sé non consigliabile, l’assemblea potrebbe dunque incaricare della gestione dell’edificio anche un condòmino che non è in regola con i pagamenti delle quote condominiali.

Attenzione però perché questa decisione potrebbe creare dei problemi di incompatibilità o conflitto di interessi, se pensiamo che la legge comunque indica che l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai debitori, entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui il credito esigibile è compreso. Inoltre in ipotesi di mora nel pagamento dei contributi che vada avanti per un semestre, l’amministratore di condominio può sospendere il condomino moroso dal godimento dei servizi comuni che siano suscettibili di fruizione separata, come ad es. il riscaldamento centralizzato.

Ma in questi casi davvero l’amministratore in pratica agirebbe contro se stesso? Come abbiamo detto, si tratta di un caso limite, ma che pur potrebbe presentarsi nella realtà: la legge sul punto non prevede divieti ed, anzi, non impedisce a un condomino moroso di diventare amministratore, tranne il caso - lo abbiamo ricordato sopra - della persona che sia stata “protestata”. Si tratta della situazione in cui il nominativo del condòmino è stato iscritto nel registro dei protesti a causa dei suoi debiti.

Vero è che motivi di opportunità porterebbero i vari condomini ad eleggere un amministratore differente dal condòmino moroso, ed avente tutti i requisiti di legge, ma - lo ribadiamo - le regole in materia non lo vietano a priori. Quindi detto ’conflitto di interessi’ sarebbe comunque possibile.

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