Le ragioni dell’appello “Le condizioni economiche per la pace” sembrano trovare riscontri anche nei dati dell’ultimo rapporto del FMI.
L’ultimo Outlook del Fondo Monetario Internazionale, pubblicato pochi giorni fa, è di particolare interesse. Il capitolo finale del documento è dedicato alla cosiddetta “geoeconomic fragmentation”, vale a dire lo stop alla globalizzazione che è iniziato con la grande crisi finanziaria del 2008 e che oggi sta assumendo i caratteri di una vera e propria divisione del mondo in blocchi geo-economici contrapposti.
Il dato che viene solitamente citato per descrivere questa tendenza riguarda l’arresto della crescita del commercio internazionale. Nell’epoca fastosa della globalizzazione, il valore degli scambi di beni e servizi è passato dal 35 percento del Pil mondiale nel 1990 a oltre il 60 percento nel 2007. Da quel momento in poi, però, i commerci si sono fermati e hanno pure segnato un lieve declino.
Ma la prova più rilevante della frammentazione economica viene dagli investimenti diretti esteri, che dopo avere raggiunto il picco del 5,5 percento del Pil mondiale nel 2007 sono crollati di oltre il 70%, precipitando a un modesto 1,5 percento. Il FMI segnala pure che questo crollo è avvenuto soprattutto per la recente caduta degli investimenti diretti da e verso la Cina. È il segno lampante di una riorganizzazione complessiva del capitalismo mondiale, sempre più diviso tra il blocco economico americano e quello cinese. [...]
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