Il piano della Cina per distruggere le banche

Flavia Provenzani

27 Aprile 2023 - 17:50

Prosegue senza sosta il piano di Xi Jinping per distruggere banche e altre istituzioni finanziarie e conquistarne poteri e privilegi. L’obiettivo? Controllare al 100% comparto bancario cinese.

Il piano della Cina per distruggere le banche

Via la corruzione e la poca trasparenza nel settore finanziario cinese. Sembrerebbe questo il piano della Cina per distruggere (le sue) banche e aver modo di rimodellarle dall’interno.

Il partito comunista sta aumentando le verifiche sul comparto finance, ingigantendo ancor di più - se è possibile - l’esercizio di potere dello Stato sull’economia cinese.
Come ricorda oggi The New York Times, se è vero che sono ormai anni che il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato «guerra» alla corruzione che caratterizza il settore bancario in Cina, individuando già diversi capri espiatori lungi la strada, mai come oggi la sua battaglia appare spietata. È iniziata una campagna a tappeto di indagini, accuse, incarceramenti senza eguali, con il tentativo di prendere in mano il controllo assoluto di un settore tanto cruciale per l’economia del Dragone Rosso.

La Cina ha dichiarato guerra alle banche. Le sue

Il piano è radere al suolo il potere dei management ad oggi al potere presso le banche cinesi. Il primo passo è stato mettere in campo delle riforme radicali del sistema di regolamentazione finanziaria. Il secondo? L’inserimento di funzionari del partito comunista presso i tavoli delle istituzioni finanziarie statali. Poi, a febbraio, le «minacce» dagli ufficiali anti-corruzione, con la promessa che avrebbero «indagato e gestito le persone che trascurano la leadership del partito», ordinando ai dirigenti delle realtà bancarie e assicurative di abbracciare in toto i valori del partito, scongiurando così - a detta del partito stesso - il tipico scenario occidentale in cui regna l’eccessiva attenzione al vil denaro.

Sì, la Cina vuole distruggere le sue banche, o meglio, chi le guida: le intenzioni sono chiare (e serie) da anni. Nel 2017 presso il suo appartamento al Four Seasons di Hong Kong la polizia ha prelevato Xiao Jianhua, miliardario di nascita cinese e gestore di asset per l’élite del Paese. Lo scorso agosto è stato condannato a 13 anni di carcere.
Nel 2020 il partito comunista è riuscito a far desistere Jack Ma, padron di Alibaba, dal proseguire con l’offerta pubblica di azioni della sua Ant Financial.

Il piano cinese per conquistare il comparto bancario

Le stesse autorità di regolamentazione cinesi hanno pubblicato dei dati a testimonianza del maggior controllo sul comparto finanziario del Paese: nel 2022 la Cina ammette di aver «punito» gli istituti bancari e assicurativi 4.620 volte - un aumento del 19% rispetto all’anno precedente - e di aver inflitto 7.561 sanzioni a proprietari e dipendenti di società finanziarie, il rialzo del 26% rispetto al 2021.

Da inizio 2023 sono stati indagati o sanzionati decine di dirigenti cinesi all’interno del comparto finanziario, come rivelato dalla Commissione centrale di controllo per ispezioni disciplinari del partito comunista, tra cui Li Xiaopeng, ex segretario del partito e presidente della China Everbright Group, società finanziaria statale dalle dimensioni enormi (oltre 11.000 dipendenti, $6,4 miliardi di fatturato lo scorso anno), sotto esame per presunte violazioni di legge; Liu Liange, ex segretario del partito e presidente della Bank of China, sotto inchiesta da parte delle massime autorità anti-corruzione del Paese e Liu Ti, ex vicedirettore generale della Borsa di Shanghai.

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