Il problema dell’Europa non è più l’inflazione, ma l’industria. La conferma nei dati

Violetta Silvestri

1 Ottobre 2024 - 12:14

La lettura del PMI manifatturiero dell’Eurozona ha confermato che l’attività produttiva è ora il grande problema della regione. L’inflazione, invece, continua a scendere.

Il problema dell’Europa non è più l’inflazione, ma l’industria. La conferma nei dati

In una giornata ricca di dati macroeconomici per l’Eurozona, sono due i segnali per l’economia della regione: l’inflazione preliminare di settembre scende sotto il target Bce del 2,0%, ma l’indice PMI manifatturiero scivola più in profondità nella contrazione.

Dopo i due tagli ai tassi di interesse da parte della Banca centrale europea è diventato più evidente che la preoccupazione sui prezzi al consumo si sta smorzando in Eurozona, grazie a letture confortanti sull’inflazione in raffreddamento (anche se i prezzi dei servizi invitano ancora alla prudenza).

Quello che sta emergendo con maggiore chiarezza, invece, è l’indebolimento della crescita europea e una crisi del settore industriale che non accenna a migliorare. Dinanzi a uno scenario di fragilità economica, il focus di investitori, analisti e anche dei membri della Bce si è spostato sulla necessità di rilanciare domanda, consumi e investimenti delle imprese.

L’attività manifatturiera nella zona euro è diminuita a settembre al ritmo più rapido di quest’anno, in quanto la domanda è diminuita drasticamente nonostante le fabbriche abbiano tagliato i prezzi, secondo un sondaggio condotto martedì.

La recessione è stata generalizzata e la Germania, la più grande economia d’Europa, ha registrato il peggioramento più marcato delle condizioni industriali degli ultimi 12 mesi. Quello della crescita economica e manifatturiera è quindi diventato il principale ostacolo alla ripresa europea.

Crisi manifatturiera in Europa? La risposta nei dati

L’indice PMI dell’HCOB per il settore manifatturiero della zona euro, compilato da S&P Global, è sceso a 45,0 a settembre, di poco superiore alla stima preliminare di 44,8, ma comunque più lontano dalla soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione.

Inoltre, un indicatore che misura la produzione ha registrato il livello più basso degli ultimi nove mesi, passando a 44,9 da 45,8 di agosto, ma ha superato la stima flash di 44,5.

“La produzione industriale della zona euro probabilmente scenderà di circa l’1% nel terzo trimestre rispetto all’ultimo. Con gli ordini in arrivo in rapido crollo, possiamo aspettarci un altro calo della produzione entro la fine dell’anno”, ha affermato Cyrus de la Rubia della Hamburg Commercial Bank.

Il risultato sull’indice PMI manifatturiero dell’Eurozona rispecchia un contesto di debolezza nella regione, che però presenta delle differenze al suo interno. La Spagna, per esempio, ha avuto la produzione manifatturiera con le prestazioni più forti a settembre, mentre la Germania ha registrato il peggioramento più pronunciato delle condizioni di fabbrica in 12 mesi. In Italia, la lettura di settembre non è stata positiva: con 48,3 il PMI manifatturiero è stato più basso del precedente e delle attese.

In generale, la produzione del settore in Eurozona si è contratta di più a settembre dall’inizio dell’anno. I volumi di produzione inferiori sono stati una risposta al sentiment della domanda, che si è ulteriormente deteriorato. L’ultimo calo dei nuovi ordini è stato netto e il più rapido da dicembre.

La lettura dell’indice manifatturiero si affianca alla crisi generalizzata dell’industria europea, con il settore automobilistico in bilico a testimonianza di sfide cruciali che l’Europa sta faticando ad affrontare.

Non è un caso che Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, abbia mostrato più preoccupazione per l’economia della zona euro che per l’andamento dell’inflazione.

In una presentazione per un evento giovedì scorso a Stoccarda, ha affermato che l’economia dell’area dell’euro è stagnante, che i sondaggi segnalano un rallentamento.

L’inflazione in Eurozona torna sotto il 2%

Buone notizie sono arrivate sul fronte inflazione. I prezzo al consumo nella zona euro sono scesi sotto il 2% per la prima volta da metà del 2021 a settembre.

Il dato rafforza le scommesse per un taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea a ottobre, mentre una battaglia durata tre anni per domare la crescita incontrollata dei prezzi volge al termine.

L’inflazione nei 20 Paesi che condividono l’euro è scesa all’1,8% a settembre dal 2,2% di agosto, secondo i dati Eurostat pubblicati martedì, principalmente a causa del calo dei costi energetici. L’inflazione di fondo, strettamente monitorata dalla Bce, è diminuita al 2,7% dal 2,8% grazie a una crescita più lenta dei prezzi dei servizi, attestandosi al di sotto delle aspettative del 2,8%.

I prezzi dei servizi, nel mirino dei funzionari dell’Eurotower, hanno subito un leggero rallentamento, passando dal 4,1% al 4,0%, attenuando - ma non cancellando del tutto - i timori che le pressioni sui prezzi interni siano rimaste bloccate a un livello elevato.

La prudenza è ancora la parola chiave per Lagarde e i suoi funzionari. Tuttavia, la combinazione di inflazione in calo e attività economica debole potrebbe suggerire di abbassare ancora il costo del denaro.

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