Le università dipendono finanziariamente dai fondi governativi ma anche da donazioni di individui privati: i grossi donatori vogliono una università che rifletta almeno in parte i loro valori.
“La Harvard University sostiene il popolo dell’Ucraina”. Così Lawrence S. Bacow, quando nel 2022 era rettore del prestigioso ateneo, all’indomani dell’inizio della guerra. Poco dopo la decisione della Corte Suprema di revocare il diritto all’aborto nel 2022 la University of California ha annunciato che quella sentenza era “antitetica alla missione” dell’università e i suoi valori.
Questo tipo di posizioni nette su eventi che influenzano la società non è stato possibile con la recente guerra nel Medio Oriente. Infatti, il complesso conflitto fra Hamas e Israele ha persino spinto il consiglio editoriale del Washington Post a consigliare alle università di mantenersi lontano dalle polemiche del giorno.
Nelle recenti settimane però le università si sono trovate coinvolte a causa di manifestazioni pro e contro i due gruppi, riaccendendo la questione del ruolo degli atenei nella società. Le manifestazioni in parecchi campus di grande prestigio, non completamente pacifiche, hanno costretto i rettori a prendere posizioni che non convincono tutti. Alla Harvard l’attuale rettrice Claudine Gay ha condannato in maniera fortissima le “atrocità barbariche causate da Hamas” ma ha rifiutato richieste di punire gruppi di studenti che avevano manifestato a favore dei palestinesi. La Gay ha reiterato l’importanza di garantire la libertà di parola a tutti gli studenti. Anche al Massachusetts Institute of Technology (MIT) alcuni studenti non sono stati puniti dopo alcune trasgressioni. L’amministrazione temeva che alcuni di loro potessero essere deportati in paesi dove la loro vita sarebbe messa in pericolo. [...]
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