Meloni si rivolge all’Onu e invoca una “guerra globale contro gli scafisti” per fermare i flussi migratori ma non è questa la soluzione: ecco le ragioni e perché nemmeno i Cpr serviranno.
Tra migranti e Cpr il Governo va in tilt e chiede aiuto anche all’Onu, ma la proposta di Giorgia Meloni potrebbe non essere la soluzione.
Nella giornata di ieri, 20 settembre, la premier è intervenuta per la prima volta all’Assemblea generale dell’Onu, che si tiene ogni anno nella sede centrale dell’organizzazione a New York, parlando principalmente della crisi migratoria che l’Europa sta affrontando - Italia in prima linea - chiedendo aiuto alla comunità internazionale.
Meloni ha evidenziato la necessità per l’Italia e per il resto della comunità internazionale di fermare le attività degli scafisti, riducendo così le partenze dall’Africa e quindi gli arrivi in Europa.
Ma non basta invocare una guerra globale contro gli scafisti per fermare i flussi migratori, e Meloni lo sa bene, soprattutto se i Paesi di primo approdo, come l’Italia, presentano piani che falliscono come il piano Mattei, rivelatosi un vero flop.
È opportuno quindi capire cosa ha detto Giorgia Meloni all’Onu, perché la sua proposta non è la soluzione come non lo sono i Cpr in Italia. Di seguito tutto quell che serve sapere.
Migranti, Meloni chiede aiuto all’Onu: “guerra globale agli scafisti” ma non è questa la soluzione
Non sono gli scafisti la causa della crisi migratoria e quindi invocare una “guerra globale” contro di essi non è di sicuro la soluzione.
Alla base dei flussi migratori troviamo Stati africani costretti ad affrontare da soli non solo problemi economici, geopolitici ma anche climatici, preparando il terreno di lavoro ai trafficanti di esseri umani, i gruppi criminali che organizzano i viaggi dei migranti, senza però prendervi parte.
Infatti, spesso i trafficanti vengono confusi con gli scafisti, le persone che guidano le imbarcazioni con le quali i migranti tentano di arrivare sulle coste italiane. E nella maggior parte dei casi, come ricorda il Post, gli scafisti non hanno rapporti diretti con i trafficanti.
La verità è che non si hanno molte informazioni sulla rete dei trafficanti, né sulle modalità con cui operano i gruppi. E soprattutto i gruppi operano nei paesi di partenza Libia e Tunisia. Paesi con i quali l’Italia ha firmato dei patti, come quello con la Guardia costiera libica denunciata per violazione dei diritti umani, ma nei quali né l’Italia né la comunità internazionale ha giurisdizione.
E se nel suo discorso Meloni ha individuato gli scafisti - ma molto più probabilmente si riferiva ai trafficanti - come i principali responsabili delle partenze verso l’Europa, ha anche ricordato che la l’intera comunità internazionale dovrebbe concentrarsi per ridurre gli arrivi.
Ma per limitare le partenze si dovrebbero risolvere i problemi che si trovano alla base: il collasso dei sistemi economici e politici degli stati africani, frutto dello sfruttamento - economico e geopolitico - che l’Occidente ha esercitato nei decenni addietro, in modo che a oggi molti stati non sono ancora totalmente indipendenti dall’Occidente e dai suoi aiuti economici.
Crisi Immigrazione, la soluzione non sono i rimpatri e i Cpr: quanto costano e a chi servono veramente?
Per Meloni, in realtà, oltre a una guerra invocata contro gli scafisti, la soluzione si troverebbe nel far sì che le persone “vogliano rimanere nel proprio paese di origine”.
Il riferimento è al cosiddetto piano Mattei, che nelle intenzioni del governo doveva essere un progetto di sviluppo e approfondimento delle relazioni internazionali tra l’Italia e i paesi africani. Eppure il piano si è rivelato un vero flop, con il record di sbarchi raggiunti negli ultimi giorni, sbarchi che potrebbero aumentare a causa della guerra tra Armenia e Azerbaijan. Senza contare che il piano migrazione proposto dal Governo per l’Italia non fa che raddoppiarne le spese proponendo inoltre una detenzione di 18 mesi nei Cpr (centri di permanenza per i rimpatri).
Centri in cui le condizioni di vita sono state ampiamente documentate e negli ultimi anni: terribili condizioni igieniche, episodi di violenza per il mantenimento dell’ordine, e in queste situazioni, purtroppo, non mancano episodi di autolesionismo e suicidi, come denunciato da Asgi (l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione).
Inoltre per quanto il Governo punti sui rimpatri, il costo di questi è insostenibile, passando da 1.798 a 2.365 euro per ogni migrante irregolare rimandato nel proprio Paese di origine. È probabile quindi che i migranti rimangano nel limbo dei Cpr.
L’unica soluzione è la comunità internazionale intervenga all’origine della crisi migratoria, specialmente per quanto riguarda i flussi causati dai cambiamenti climatici, dei quali l’Occidente e le sue industrie petrolifere come l’Eni di Enrico Mattei, il quale dà il nome proprio a quel piano migranti.
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