Immobile con più proprietari, si può affittare?

Ilena D’Errico

02/02/2024

Immobile con più proprietari e contratto di affitto, ecco cosa prevede la legge a riguardo, quali requisiti di validità ci sono e a chi deve essere corrisposto il canone di locazione.

Immobile con più proprietari, si può affittare?

Gli immobili in comproprietà sono una realtà molto diffusa, di norma la comunione nasce per via dei lasciti ereditari oppure come investimento per immobili piuttosto grandi e onerosi. In entrambi i casi, i proprietari devono rispettare delle regole per non ledere il pari diritto di godimento di tutti, regole che devono essere considerate anche per l’eventuale contratto d’affitto. Ecco cosa prevede la legge.

Si può affittare un immobile con più proprietari

Affittare una casa in comproprietà è possibile, ma le modalità lasciano spesso perplessità (e preoccupazioni) tanto nei locatori quanto negli inquilini. Non è raro che questi ultimi si allarmino alla scoperta che l’immobile in affitto abbia altri proprietari che non hanno firmato il contratto, chiedendosi se la locazione sia comunque valida, a chi deve essere pagato il canone e così via.

In ogni caso, si può affittare un immobile anche se ha più proprietari, poiché la possibilità di locare il bene deriva direttamente dal diritto di proprietà. Bisogna infatti ricordare che tutti i proprietari sono titolari di un diritto non compresso, che comprende cioè l’intero immobile e tutte i diritti correlati. L’unico limite all’esercizio del diritto di proprietà sta nel non impedire il libero godimento degli altri proprietari.

Di conseguenza, il contratto di affitto può avere come oggetto un immobile in comproprietà, ma non deve ledere i diritti degli altri proprietari. Esistono in proposito specifiche regole da tenere a mente, in tutela dei proprietari ma anche degli inquilini.

Il comproprietario può affittare senza consenso degli altri?

Tutti i proprietari hanno pari poteri di gestione dell’immobile, ma per gli atti di straordinaria amministrazione è necessario il consenso di tutti (ad esempio per la vendita) oppure la maggioranza dei due terzi. La locazione comporta un cambiamento ingente nell’uso e della gestione dell’immobile, ma non ne modifica la proprietà o comporta un peso eccessivamente gravoso.

Di conseguenza, la locazione è un atto eseguibile senza maggioranza o unanimità, purché sia di durata inferiore a 9 anni. Le locazioni con durata superiore a questo periodo necessitano invece del consenso all’unanimità dei comproprietari. Il proprietario può dunque affittare senza il consenso degli altri, dato che compie un atto di ordinaria amministrazione.

Naturalmente, ogni proprietario ha pari possibilità, dunque anche la disdetta del contratto d’affitto può essere firmata da uno solo dei proprietari (anche differente da chi ha firmato la locazione), nel rispetto delle condizioni di legge.

Contratto concluso da un solo proprietario, è valido?

Essendo la locazione inferiore ai 9 anni un atto di ordinaria amministrazione, il contratto d’affitto è valido anche se sottoscritto da un solo proprietario. La mancanza di consenso o autorizzazione può sì rilevare nei rapporti interni tra comproprietari, ma non ha alcuna rilevanza per l’inquilino.

I comproprietari sono infatti considerati in modo unitario come locatore (nei rapporti con l’inquilino), anche perché la locazione rappresenta un atto di gestione di affari che procura a tutti un vantaggio.

Ciò significa che gli altri proprietari non possono impedire il proseguire della locazione, a meno di trovarsi in una delle condizioni previste dalla legge che consentono la disdetta del contratto di affitto.

A chi si paga il canone d’affitto?

L’inquilino è tenuto a pagare il canone d’affitto al locatore che ha firmato il contratto d’affitto, a prescindere dalla presenza di ulteriori proprietari. Bisogna ricordare che le problematiche di assenso o dissenso non incidono sui rapporti esterni, cioè quelli con l’inquilino. È quindi obbligo del locatore che riceve il canone dividere il ricavato con gli altri, secondo le quote di proprietà.

I comproprietari non possono quindi rivolgersi all’inquilino per ricevere parte del canone, essendo l’affittuario obbligato e legittimato a pagarlo secondo le modalità previste dal contratto e a coloro che lo hanno firmato. Per ricevere il pagamento del canone pro quota direttamente dall’inquilino i comproprietari esclusi devono procedere con una rettifica del contratto di locazione.

Come si tutelano gli altri proprietari?

Il contratto d’affitto sottoscritto da uno soltanto dei proprietari è perfettamente valido (se dura meno di 9 anni), dunque non è possibile impugnarlo. Il motivo per cui ciò è consentito è che la locazione è considerata un atto di gestione di affari operato nell’interesse di tutti, interesse che si esprime economicamente nel canone di locazione.

Gli altri proprietari possono dunque pretendere una parte del canone di affitto proporzionale alla propria quota di proprietà, non direttamente dall’inquilino bensì dal proprietario che riceve il pagamento. Per eliminare questo passaggio ulteriore si può realizzare una rettifica del contratto, con cui pretendere il pagamento diretto o modificare alcune clausole e condizioni (con il consenso dell’inquilino se richiesto dalla legge, in genere per tutto ciò che lo riguarda direttamente, come un aumento del canone).

Tutti i proprietari hanno comunque potere di disdire il contratto d’affitto, ammesso che ci siano i requisiti richiesti dalla legge per la disdetta anticipata da parte del locatore.

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