Indulto e amnistia, cosa sono? Significato e differenze

Giorgia Dumitrascu

13 Novembre 2024 - 12:34

Analisi e approfondimento sul significato, l’applicazione e le differenze fra indulto e amnistia: due provvedimenti giuridici di clemenza del diritto penale.

Indulto e amnistia, cosa sono? Significato e differenze

Nel linguaggio comune il termine “amnistia” viene spesso confuso con “indulto”, generando ambiguità. In realtà, mentre l’indulto incide esclusivamente sulla pena lasciando inalterato il reato, l’amnistia estingue il reato stesso, cancellandone la rilevanza penale. Il tema dell’indulto e dell’amnistia suscita un acceso dibattito nell’opinione pubblica e tra gli esperti di diritto, poiché tocca direttamente questioni di politica criminale, diritti fondamentali e il bilanciamento tra giustizia e clemenza.

La cronaca ha riportato l’attenzione su questi istituti a seguito di proposte legislative e iniziative per affrontare il problema del sovraffollamento carcerario, una criticità che incide sulle condizioni di detenzione e, più in generale, sull’efficacia del sistema penale. L’indulto e l’ amnistia sono strumenti attraverso i quali lo Stato interviene in maniera straordinaria sul sistema delle pene, suscitando spesso contrapposizioni: da un lato, il bisogno di una giustizia inflessibile verso i reati; dall’altro, la necessità di misure che restituiscano dignità e prospettive di recupero ai detenuti. Ma procediamo con ordine.

Cos’è l’indulto: significato e definizione

L’indulto ha radici profonde nella storia giuridica, evolvendosi dall’epoca romana, in cui l’imperatore poteva concedere clemenza per ragioni di pacificazione, fino all’età moderna dove è utilizzato per affrontare situazioni di emergenza sociale o per ridurre il sovraffollamento carcerario.

“L’indulto è un provvedimento generale attraverso il quale lo Stato decide di rimettere, in tutto o in parte, la pena inflitta a chi è stato condannato. Attraverso l’indulto la pena si estingue ma non il reato che continua a rimanere presente nel casellario giudiziale.”

Pertanto, seppur l’indulto sollevi il condannato dall’obbligo di scontare la pena, non incide sulla condanna in termini di “effetti collaterali”, come, ad esempio, l’interdizione dai pubblici uffici.

Tipologie e classificazioni

L’indulto può essere classificato in diverse tipologie, a seconda dell’ambito di applicazione e dell’estensione della misura:

  • indulto totale: prevede la remissione completa della pena residua, eliminando del tutto l’obbligo di scontare la pena detentiva o pecuniaria;
  • indulto parziale: opera solo su una porzione della pena, ad esempio riducendo la durata della detenzione di uno o più anni oppure diminuendo l’entità di una multa o ammenda;
  • indulto condizionato: è subordinato al rispetto di determinati requisiti o alla condizione di non commettere reati per un periodo prestabilito. Se il beneficiario commette un reato durante il periodo di prova (ad esempio nei successivi 5 anni), perde il beneficio dell’indulto e sarà obbligato a scontare la pena residua;
  • indulto per categorie di reati: alcune categorie di reati sono escluse dal beneficio, soprattutto per quelli di grave allarme sociale. Tale limitazione risponde alla necessità di bilanciare il principio di clemenza con la tutela della sicurezza pubblica;
  • indulto temporaneo: viene applicato per un periodo limitato o con una data di scadenza, dopo la quale il beneficio non è più valido;
  • indulto permanente: mentre l’indulto permanente è una misura concessa senza limiti temporali, incidendo in modo definitivo sulla pena residua.

Cosa significa amnistia

Il termine amnistia deriva dal greco “amnestía” che significa oblio. Infatti, consiste in un atto mediante il quale lo Stato estingue il reato, facendo sì che esso venga considerato come se non fosse mai stato commesso.

“L’amnistia è un intervento di ampia portata, volto a promuovere la pacificazione sociale o a risolvere situazioni di tensione nel sistema penale. L’art. 151 del c.p. conferma che l’amnistia ha efficacia retroattiva, estinguendo il reato a prescindere dal momento in cui sia stato commesso, purché rientri nelle categorie stabilite dalla legge di concessione.”

L’amnistia, cancellando il reato, produce un effetto più ampio: non solo libera l’individuo dalla pena ma elimina anche il presupposto di colpevolezza. Tale differenza è importante in ambiti come la giustizia minorile, in cui la finalità rieducativa può trovare un maggiore riscontro nella concessione dell’amnistia, che risulta più coerente con i principi di riabilitazione e reinserimento.

Tipi di amnistia

L’amnistia si distingue in due categorie principali: l’amnistia propria e l’amnistia impropria.

  • L’amnistia propria si applica prima della conclusione del processo e comporta l’interruzione del procedimento penale. In tal modo, l’accusato non viene né giudicato né condannato, e il reato si considera estinto.
  • L’amnistia impropria interviene dopo la sentenza di condanna e agisce sull’esecuzione della pena, causando la cessazione dell’espiazione della pena stessa senza cancellare la condanna già emessa.

Inoltre, l’amnistia può essere generale quando comprende un ampio numero di reati definiti per categoria, mentre è parziale quando riservata a specifici reati o determinate fasce di condannati.

Le leggi che regolano indulto e amnistia

I riferimenti normativi per la regolamentazione dell’indulto e dell’amnistia è in primo luogo contenuta nell’art.79 Cost. il quale stabilisce le modalità e le condizioni necessarie per la concessione di tali misure di clemenza. Secondo tale norma, indulto e amnistia possono essere concessi solo con una legge deliberata a maggioranza qualificata dei due terzi dei membri di ciascuna Camera, una procedura che riflette la particolare importanza di queste misure.

In secondo luogo abbiamo l’art.174 c.p. che regola gli effetti dell’indulto:

“L’indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta[...]”

E poi c’è l’art 151 c.p. che disciplina l’amnistia:

“L’amnistia estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie [...]”

La giurisprudenza ha delineato i confini dell’amnistia e dell’indulto, chiarendo le loro conseguenze giuridiche. La Corte Costituzionale ha stabilito la legittimità costituzionale delle norme che escludono i reati gravi e di particolare allarme sociale, come quelli di stampo mafioso o terroristico, dalle misure di clemenza (Corte Cost. sent. n. 236 del 1974). Questo orientamento è stato ripreso e consolidato dalla giurisprudenza successiva, stabilendo che tali limitazioni sono compatibili con il principio costituzionale di uguaglianza, poiché rispondono alla necessità di tutela della sicurezza collettiva e di prevenzione della recidiva.

Riforma Cartabia del 2021

La Legge n.134 del 2021 ha introdotto modifiche di rilievo nel sistema penale. Tra le novità introdotte ci sono i meccanismi di giustizia riparativa e l’incentivo nell’uso di pene alternative alla detenzione, soprattutto per i reati minori. Questa misura, sebbene non equiparabile ad amnistia o indulto, ha come effetto il contenimento della popolazione carceraria e una gestione più sostenibile del sistema penitenziario.

La riforma Cartabia ha, inoltre, introdotto una serie di modifiche procedurali per accelerare i tempi dei processi penali, evitando in questo modo la dilatazione dei tempi di custodia cautelare. In particolare, è stata prevista la possibilità di estinzione del reato per intervenuta prescrizione del processo in appello e in Cassazione, riducendo il numero di persone che restano detenute in attesa di giudizio.

Le differenze fra indulto e amnistia

L’indulto e l’amnistia, sebbene entrambi sono strumenti di clemenza dello Stato, si distinguono per effetti e finalità. Tale confronto è basilare per comprendere le politiche di clemenza dello Stato, i limiti costituzionali e i principi di proporzionalità e sicurezza che il sistema penale deve rispettare.

Conseguenze penali

L’indulto è una misura che agisce esclusivamente sulla pena, estinguendola o riducendola ma lasciando intatte le conseguenze penali del reato. Ciò significa che, pur non dovendo scontare la pena, il condannato mantiene un precedente penale che può incidere su eventuali recidive e su altri effetti accessori della condanna, come l’interdizione dai pubblici uffici o la possibilità di accedere a benefici successivi.
L’amnistia, al contrario, è una misura che incide sul reato stesso, estinguendolo integralmente e cancellando ogni conseguenza penale. In altre parole, l’amnistia fa sì che il reato non sia più perseguibile e che venga rimosso dal casellario giudiziale, risultando come se non fosse mai stato commesso.

Responsabilità civile

In entrambi i casi, l’amnistia e l’indulto non alterano le obbligazioni civili, pertanto, anche se la pena viene perdonata o ridotta, restano valide le responsabilità civili, come l’obbligo di risarcire eventuali danni causati alla vittima. Ad esempio, se il reato ha provocato un danno materiale o morale, l’autore rimane comunque tenuto a risarcire il danneggiato secondo quanto stabilito dalla sentenza di condanna.

Retroattività

L’amnistia, per sua natura, ha effetto retroattivo. Questo vuol dire che estingue i reati commessi prima della data di entrata in vigore della legge che la concede. La retroattività consente di «dimenticare» il reato, cancellando ogni effetto penale per chi l’ha commesso entro il periodo stabilito dalla legge.
L’indulto, di norma, non ha carattere retroattivo. Agisce sulle pene già inflitte, stabilendo il momento di decorrenza per la riduzione o remissione delle pene, generalmente applicabile solo alle pene in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore della legge stessa.

Come vengono concessi indulto e amnistia?

L’iter legislativo per l’approvazione di una legge di indulto o di amnistia prevede, l’iniziativa di uno o più parlamentari o del Governo. Il testo deve essere quindi esaminato dalle Commissioni parlamentari competenti, che svolgono un ruolo essenziale di approfondimento e revisione. Durante questo processo, vengono solitamente esaminati sia gli effetti attesi sul sistema carcerario e giudiziario, sia le implicazioni sociali, come la potenziale reazione dell’opinione pubblica e l’impatto sulla sicurezza.

Successivamente, il testo viene discusso e votato dalle Camere, con l’obbligo di raggiungere la maggioranza qualificata di due terzi, una soglia piuttosto alta rispetto alle leggi ordinarie.
Questa previsione costituzionale, introdotta per la prima volta con la riforma costituzionale del 1992, rappresenta una garanzia di ponderazione e prudenza nella concessione di queste misure, riducendo il rischio che l’indulto e l’amnistia siano approvati solo per convenienze politiche contingenti.

Requisiti necessari

La legge che concede l’indulto o l’amnistia definisce in dettaglio le condizioni e i requisiti per accedere a tali benefici. Tali condizioni includono la specificazione delle categorie di reati ammessi o esclusi dal provvedimento. Nel caso dell’indulto, spesso la legge richiede che il beneficiario soddisfi requisiti di buona condotta o condizioni specifiche per accedere alla riduzione o remissione della pena.

Quando non sono concessi

La legge prevede che amnistia e indulto non possano essere concessi per alcuni tipi di reati considerati incompatibili con la clemenza statale, in quanto potenzialmente lesivi di valori fondamentali. In particolare, l’indulto e l’amnistia sono esclusi per i reati che rappresentano un alto grado di pericolosità sociale, come quelli riguardanti l’associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), il terrorismo e i reati sessuali. Tale esclusione riflette un principio di bilanciamento tra clemenza e sicurezza, e risponde a esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della coesione sociale.

Esempi concreti e casi studio

L’uso di amnistia e indulto nella storia recente del diritto penale è spesso legato a particolari emergenze sociali e a situazioni di sovraffollamento carcerario, spingendo il legislatore a intervenire con misure straordinarie di clemenza.

L’indulto del 2006

Uno dei più noti esempi di indulto è quello concesso nel 2006 tramite la Legge n. 241 del 2006, con cui lo Stato italiano ha approvato la riduzione di 3 anni delle pene detentive residue per una vasta gamma di reati. L’Italia aveva subito più volte condanne dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per il trattamento inumano e degradante riservato ai detenuti. L’indulto del 2006 fu pensato come misura temporanea per alleggerire la pressione carceraria, rispondendo a una situazione d’emergenza che richiedeva un intervento immediato e straordinario. Tale provvedimento, approvato con l’obiettivo di ridurre il sovraffollamento carcerario, ha comportato la liberazione anticipata di oltre 20.000 detenuti.

L’indulto ha suscitato un ampio dibattito politico e sociale a causa delle sue conseguenze. Diversi studi statistici e ricerche hanno rilevato un incremento dei reati minori e della recidiva tra i soggetti beneficiari dell’indulto. Questo aspetto ha messo in luce la necessità di valutare attentamente l’impatto delle misure di clemenza sul sistema sociale e penale, incentivando il legislatore a considerare soluzioni più strutturali e mirate per affrontare le criticità del sistema carcerario.

Oltre ai già menzionati reati di mafia e terrorismo, l’indulto escludeva reati di estorsione aggravata, sequestro di persona e altri crimini violenti. La Corte di Cassazione si è pronunciata più volte sul regime di applicazione dell’indulto del 2006, precisando che il beneficio poteva essere revocato nel caso in cui il soggetto commettesse un nuovo reato nei 5 anni successivi alla scarcerazione, principio volto a limitare i rischi di recidiva e a mantenere un certo livello di sicurezza sociale.

L’amnistia Togliatti

Le amnistie post-belliche, e in particolare quelle concesse nei primi anni della Repubblica Italiana, rappresentano interventi di clemenza con finalità di pacificazione nazionale, concepiti per promuovere la riconciliazione sociale dopo periodi di conflitto e tensione interna. Uno degli esempi più emblematici è l’amnistia del 1946, concessa tramite il Decreto Presidenziale su impulso del Ministro della Giustizia Togliatti. Tale provvedimento fu ideato per garantire una transizione pacifica nel difficile periodo del dopoguerra, caratterizzato da profonde divisioni politiche e sociali e dal bisogno di superare le lacerazioni causate dalla Seconda Guerra Mondiale.

L’amnistia fu concessa per una vasta serie di reati politici e comuni commessi durante la guerra e immediatamente dopo, includendo sia reati commessi dai sostenitori del regime fascista sia quelli attribuibili a gruppi partigiani. Vennero però esclusi i reati di particolare gravità come l’omicidio volontario e altri crimini di sangue. L’obiettivo era duplice: da un lato, promuovere la pacificazione tra le diverse fazioni e ridurre le tensioni sociali; dall’altro, facilitare il rientro in società di molti cittadini che avevano partecipato a eventi bellici e politici in un contesto di grave conflitto civile.

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