Negli ultimi anni l’economia russa è riuscita ad adattarsi alle sanzioni occidentali. A Mosca stanno però risuonando alcuni campanelli d’allarme.
Il 40% del personale dell’ufficio centrale di Gazprom, il colosso russo del gas, rischia di essere tagliato. L’azienda, che impiega 498mila persone, ha confermato le indiscrezioni di tagli in arrivo, ma non è ancora chiaro quando e come saranno effettuati. A pesare sono le conseguenze della guerra in Ucraina, sintetizzabili nella perdita del mercato europeo e di laute commesse.
Il 31 dicembre scorso, inoltre, per la «grande G» russa è arrivata un’altra notizia indesiderata: l’interruzione dell’export di gas attraverso i gasdotti ucraini. Il risultato è che, al momento, dopo decenni di predominio assoluto nel settore energetico del Vecchio Continente, la vendita di gas russo nella regione si è ridotta ad una sola rotta, e cioè quella che passa dalla Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Nel 2023, intanto, Gazprom registrava una perdita di quasi 7 miliardi di dollari (la prima dal 1999), a breve da aggiornare con una perdita stimata tra i 4,5 e i 6,5 miliardi in seguito alla decisione di Kiev.
Nel complesso, l’economia russa è fin qui riuscita ad adattarsi alle sanzioni occidentali, con un tasso di disoccupazione al minimo storico di circa il 2,4% e altri valori incoraggianti. Tuttavia, la banca centrale ha avvertito che ci sono segnali di surriscaldamento: un contesto di inflazione galoppante da un lato e alcune aziende, come Gazprom, in difficoltà dall’altro. [...]
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