Emiliano Brancaccio, professore di politica economica all’università di Benevento, spiega a Money.it che l’azione della Bce non è sufficiente per fermare l’inflazione e rilancia la scala mobile.
L’inflazione continua a salire, con i prezzi dell’energia che spingono in alto anche quelli alimentari. Secondo le stime preliminari dell’Istat, ad agosto l’indice nazionale dei prezzi al consumo registra un nuovo aumento (dello 0,8%) rispetto a luglio e dell’8,4% su base annua (da +7,9% del mese precedente).
Secondo l’Istituto di statistica “l’energia elettrica e il gas mercato libero che producono l’accelerazione dei prezzi dei beni energetici”, anche se gli aumenti sono in parte mitiganti dal costo inferiore dei carburanti rispetto a un mese fa. Gli energetici, assieme ad alimentari lavorati e i beni durevoli spingono l’inflazione a un livello che non si registrava da dicembre 1985 (quando fu dell’8,8%).
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In questa situazione, Emiliano Brancaccio, professore di politica economica all’università del Sannio (Benevento), spiega a Money.it che “la politica monetaria restrittiva della Bce è insufficiente per combattere gli aumenti, così come lo sono gli interventi spot come il bonus 200 euro”.
Vola il carrello della spesa
In particolare, guardando il cosiddetto “carrello della spesa”, i prezzi continuano a correre senza sosta. Quelli dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, ad agosto crescono del 9,7% (dal precedente +9,1%), un aumento che non si osservava da giugno 1984. Rallentano invece i prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,7% a +7,8%).
Quanto all’energia elettrica, i prezzi del mercato libero crescono del 20,5% da luglio e del 135,9% su base annua. Quelli del gas salgono del 22,8% rispetto a luglio e del 62,5% rispetto ad agosto 2021. Questa dinamica è solo in parte compensata dal rallentamento dei prezzi del gasolio per mezzi di trasporto (-9,2% il dato mensile), della benzina (-10,4% da luglio) e del gasolio per riscaldamento (-6,0%).
Nel frattempo, sempre secondo l’Istat, a luglio i prezzi alla produzione dell’industria aumentano del 5,0% su base mensile e del 36,9% su base annua (da +34,1% di giugno).
“Politiche della Bce? Non aiutano i cittadini”
Intanto la Banca centrale europea, sulla scia della Fed americana, ha aumentato i tassi di interesse, con l’obiettivo di spegnere la fiammata inflazionistica. Ma per ora non si vedono soluzioni definitive all’orizzonte.
Secondo Brancaccio «non ci sono adeguate evidenze scientifiche per confermare la tesi secondo cui muovendo i tassi di interesse la banca centrale governa l’inflazione». L’azione di alzare i tassi di interesse, argomenta, “serve a compensare i creditori, cioè i possessori di capitale, per le perdite causate dall’inflazione. Se ci affidiamo alla sola azione della banca centrale, che regola solo la distribuzione del reddito, non risolviamo il problema”.
Il possibile ritorno della scala mobile
Per il professore, invece, i metodi più efficaci per governare l’inflazione “si basano su forme di amministrazione dei prezzi e su una politica fiscale di redistribuzione verso chi lavora. E ovviamente su forme di indicizzazione dei salari ai prezzi, la cosiddetta ’scala mobile’ per i lavoratori”.
Quest’ultima, però, viene criticata da diversi economisti. Ad esempio, secondo il governatore della banca d’Italia, Ignazio Visco, potrebbe instaurare la cosiddetta “spirale salari-prezzi”. In pratica: l’aumento dei salari costringe le imprese ad aumentare i prezzi dei beni venduti e questo a sua volta peggiora l’inflazione, in una spirale senza fine che avrebbe effetti pesantissimi sull’economia.
“Bisognerebbe ricordare - argomenta però Brancaccio- che l’Unione monetaria europea dovrebbe costituire un argine contro questo scenario. Al crescere dei salari, poiché i cambi sono irrevocabilmente fissi, è difficile che le imprese scarichino tutti gli aumenti sui prezzi: ci penserebbero due volte prima di alzarli, perché si ritroverebbero con una perdita di competitività che non possono scaricare del tutto sui consumatori”. In pratica, per il professore, nell’eurozona i salari possono aumentare con meno rischi di attivazione di una “spirale”.
La critica al bonus 200 euro
Brancaccio, infine, boccia gli interventi spot come il bonus 200 euro concesso dal governo Draghi ai lavoratori con reddito entro i 35mila euro annui. “Interventi una tantum come questo- dice, lapidario- sono del tutto insufficienti, servirebbe una politica di intervento complessiva”.
Se non si interverrà in modo sufficiente nel breve periodo, conclude il docente, “non faremo altro che attendere la prossima recessione, che crea disoccupazione e fallimenti e quindi, a lungo andare, smorza anche le fiammate inflazionistiche: uno scenario che evidentemente andrebbe evitato”.
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