In Italia a febbraio l’inflazione scende dello 0,8%, ma salgono i prezzi del carrello della spesa. Il professore di economia politica di Tor Vergata, Leonardo Becchetti, spiega il perché a Money.it.
L’inflazione in Italia e in Europa scende, ma molto lentamente, mentre nel nostro Paese continuano a salire i prezzi del cosiddetto carrello della spesa. A certificarlo è l’Istat, secondo le cui stime preliminari a febbraio l’indice dei prezzi al consumo su base annua è al 9,2%, in calo dello 0,8% sul mese precedente, ma ancora sopra la media europea. Questo nonostante un prezzo del gas al Ttf di Amsterdam attualmente sotto i 50 euro al megawattora e inferiore agli 80 da inizio dicembre, dopo il picco a 350 dello scorso agosto.
Per Eurostat, invece, sempre nel mese di febbraio l’inflazione annuale dell’area dell’euro dovrebbe attestarsi all’8,5%, in calo rispetto all’8,6% di gennaio. Per quanto riguarda le principali componenti dell’inflazione si prevede che il tasso annuo più elevato a febbraio sarà quello dei prodotti alimentari, alcolici e tabacco (15%, rispetto al 14,1% di gennaio). Infatti in Italia il carrello della spesa passa a un aumento su base annua del 13%, dal 12% di gennaio.
Leonardo Becchetti, professore di economia politica di Tor Vergata, spiega a Money.it che “tra le righe il dato alimenta ottimismo”, con la tendenza che è positiva, ma contemporaneamente un’inflazione che rimane alta perché “i beni venduti oggi sono stati prodotti in un periodo in cui il costo dell’energia è stato molto elevato”. In uno scenario del genere, comunque, la Bce “potrebbe rivedere il suo obiettivo di alzare i tassi d’interesse” a partire dall’annunciato aumento di 50 punti base proprio a marzo.
Salgono i prezzi del carrello della spesa
Secondo le stime preliminari dell’Istat l’indice nazionale dei prezzi al consumo registra un aumento dello 0,3% su base mensile e del 9,2% su base annua, dal 10% nel mese precedente. Il rallentamento si deve alla flessione su base annua dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da un calo del 12% a uno del 16,7%) e alla decelerazione di quelli degli energetici non regolamentati (da un aumento del 59,3% a uno del 40,8%).
Risultano invece in accelerazione i prezzi degli alimentari lavorati (da un progresso del 14,9% a uno del 16,2%) e non lavorati (da un aumento dell’8,0% a uno dell’8,4%). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano un’accelerazione in termini tendenziali, salendo del 13,0% (dal 12,0% del mese precedente), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rimangono pressoché stabili (da un progresso del 8,9% a uno del 9%).
Inflazione, perché in Italia i prezzi rimangono alti?
Per Becchetti “l’inflazione è come il moto ondoso del mare dopo un periodo di vento forte. Anche dopo che il vento è cessato il mare rimane mosso per un po’”. Il senso della metafora è chiaro: continuano ad essere alti i prezzi dei beni alimentari e dei beni energivori, perché “i costi per la produzione di quei beni, sostenuti nei mesi passati, sono stati elevati e dunque vengono recuperati sui prezzi finali”.
In sostanza quello che compriamo oggi nel carrello non è stato prodotto nel momento in cui acquistiamo, ma di un processo produttivo che dura mesi e dunque risente delle condizioni dei mesi scorsi. Resta però il dato italiano superiore alla media europea, per “la nostra maggiore dipendenza dalle fonti fossili”.
Tuttavia il docente spiega che questi dati sono “coerenti con quello che ci aspettavamo; se guardiamo infatti all’aumento mese su mese (0,3%) e lo portassimo uguale per tutti i mesi del 2023 avremmo un’inflazione tornata a livelli contenuti, il vento quindi si è decisamente calmato”.
Le mosse “sbagliate” della Bce sui tassi d’interesse
Ad agitare di nuovo le acque, comunque, potrebbe essere la Bce, che ha già annunciato un nuovo aumento dei tassi di interesse a marzo e non ne esclude di nuovi. Secondo Becchetti, così come sostiene il governo italiano, la Banca centrale europea potrebbe ora rivedere i suoi obiettivi. Non tanto perché l’inflazione scende lentamente, ma perché la sua operazione di politica monetaria restrittiva sarebbe poco efficace.
“L’intervento della Bce sui tassi - spiega il professore - è sovradimensionato, anche perché quest’inflazione non è nata a causa della troppa massa monetaria in circolazione (inflazione da domanda), ma per motivi legati ai prezzi del gas e dell’offerta. L’aumento dei tassi serve ad aumentare il valore reale degli asset finanziari, ma non è uno strumento particolarmente efficace contro l’inflazione che segue semplicemente le dinamiche del prezzo del gas”.
Il pericolo del Quantitative tightening
Proprio da questo mese, poi, la Banca ha avviato il cosiddetto Quantitative tightening, cioè la riduzione dell’acquisto dei titoli di Stato, che può creare qualche problema ai Paesi più esposti sul debito pubblico, come l’Italia. Per alcuni il combinato disposto delle politiche restrittive della Bce può riavvicinare lo spettro della recessione.
Non è della stessa opinione Becchetti, secondo cui, “ciò che può fare davvero la differenza è la presenza o meno di interventi di investimenti pubblici a livello europeo come il Pnrr, a partire dalla risposta Ue all’Inflation Reduction Act di Joe Biden, che non a caso non era una manovra sui tassi, ma un sostegno con incentivi alle imprese americane sulla transizione green. Dobbiamo farlo anche noi in modo serio e programmato: non si può passare dal Superbonus a zero aiuti, bisogna programmare dei sostegni con un tetto di spesa ed intervenire anche sull’efficientamento degli edifici”.
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