L’annuncio del dato sull’inflazione preferito dalla Fed. L’attenti tassi che arriva dalla stessa banca centrale USA dopo prima riunione 2025. Wall Street chiude mese di buy.
Nel mese di dicembre, l’indice PCE core degli Stati Uniti - l’indicatore a cui la Fed presta più attenzione per monitorare il trend dell’inflazione USA - ha segnato un rialzo del 2,8% su base annua, come nel mese precedente e in linea con le attese.
Il dato è stato annunciato dopo il primo Fed Day del 2025 e il primo Fed Day anche della seconda amministrazione di Donald Trump, di mercoledì scorso, 29 gennaio 2025, che si è tradotto in un nulla di fatto sui tassi, lasciati invariati.
Inflazione USA, PCE core +2,8% a dicembre, in linea con le attese
Su base mensile, l’indice PCE core ha riportato un rialzo dello 0,2%, come da attese.
L’indice PCE headline, che include invece le componenti più volatili, ovvero i prezzi dei beni energetici e dei beni alimentari, è cresciuto invece del 2,6% nel mese di dicembre. Su base mensile, il trend è stato di un aumento pari a +0,3%.
Sebbene dal dato non sia emersa nessuna particolare sorpresa, per la Fed di Powell rimane un dato di fatto incontrovertibile: l’inflazione degli Stati Uniti, che ci si riferisca a quella headline o core, è rimasta alla fine del 2024 ancora molto al di sopra del target a cui punta la Banca centrale americana, pari al 2%.
L’ultima volta che il trend dei prezzi è stato in linea con quel target è avvenuto quattro anni fa, nel febbraio del 2021.
I numeri sull’inflazione USA sono stati resi noti attraverso la diffusione del rapporto relativo alle spese per consumi e ai redditi personali, che ha certificato le buone condizioni di salute dell’economia americana, in un momento in cui il grande sospetto è che la Fed, dopo aver fatto una pausa nel suo ciclo di tagli dei tassi che aveva avviato appena nel settembre del 2024, lasci il livello del costo del denaro USA invariato per tutto il 2025.
I redditi personali sono saliti a dicembre dello 0,4%, in linea con le stime, mentre le spese per consumi si sono confermate migliori delle previsioni, segnando un incremento dello 0,7%.
Occhio anche all’indice del costo del lavoro. Dalla Fed l’invito ad aspettare sui tassi
Non solo. Oggi dal fronte macroeconomico americano è stato reso noto anche il rapporto sul costo del lavoro relativo al quarto trimestre del 2024, che ha accelerato il passo, sulla scia della crescita più intensa dei salari e dei benefit: la performance dell’indice è stata così di un incremento pari a +0,9%, rispetto al rialzo dello 0,8% che aveva caratterizzato il terzo trimestre. Va detto, tuttavia, che quel rialzo pari a +0,8% era stato il più lento dei tre anni precedenti.
A fronte di un’economia, quella americana, che non sta lanciando alcun SOS, così anche di un’amministrazione Trump tutta intenta a sfornare scelte di politica economica che dovrebbero tradursi in una accelerazione delle pressioni inflazionistiche, un alt ai tagli è arrivato oggi dalla stessa Fed, per voce della governatrice Michelle Bowman.
Sebbene preveda una decelerazione dell’inflazione USA nel corso di questo anno, Bowman ha detto di ritenere che la banca centrale americana debba aspettare l’arrivo di segnali più chiari che confermino che il processo disinflazionistico stia andando avanti.
“C’è ancora più lavoro da fare per riportare l’inflazione più vicina al nostro obiettivo del 2%. Vorrei che l’inflazione tornasse a fare progressi nella sua discesa prima di apportare ulteriori aggiustamenti ai tassi”.
Bowman ha parlato prima della diffusione del dato relativo all’inflazione misurata dal PCE core.
Wall Street regge a paura tassi Fed, pronta a chiudere gennaio 2025 con forti buy
Mercoledì scorso il FOMC - ovvero il braccio di politica monetaria della Federal Reserve - ha annunciato di aver lasciato i tassi di interesse USA invariati al range compreso tra il 4,25% e il 4,5%, dopo i tre tagli consecutivi varati a partire dal mese di settembre fino all’ultima riunione di dicembre 2024.
La decisione della Fed di lasciare i tassi di interesse fermi è stata in linea con le attese.
D’altronde, il timore che qualcosa stesse intralciando i piani di Powell volto a tagliare i tassi di interesse era già esploso alla fine del 2024 quando, in occasione dell’ultima riunione del FOMC dell’anno, dal dot plot era emerso chiaramente come le aspettative degli stessi esponenti del braccio di politica monetaria della Fed sulle sforbiciate del 2025 si fossero dimezzate da quattro a due. Immediato era stato il sell off che aveva abbattuto Wall Street e il mercato dei Treasury e il bagno di realtà per gli operatori di mercato.
Detto questo, la delusione per una politica monetaria destinata a rimanere ancora molto restrittiva, non ha frenato i buy a Wall Street. I tre principali indici azionari della borsa USA si apprestano a concludere il mese di gennaio in rialzo, con lo S&P 500 in rialzo del 3,6% e il Nasdaq Composite in progresso del 2,7%. Ancora meglio il Dow Jones, che ha incassato un balzo del 5,7%.
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