Tassi Fed e BCE, banche centrali in tilt con dazi Trump. L’ammissione di Powell tra incognita inflazione e quel “problema enorme”

Laura Naka Antonelli

16/04/2025

Jerome Powell prende la parola e parla del futuro dei tassi, della crescita e dell’inflazione USA con i dazi di Trump. Più alti anche delle tariffe Smoot Hawley. Wall Street KO.

Tassi Fed e BCE, banche centrali in tilt con dazi Trump. L’ammissione di Powell tra incognita inflazione e quel “problema enorme”

La verità è che è difficile fare qualsiasi tipo di previsione sul trend del PIL e dell’inflazione e, di conseguenza, sulla direzione precisa dei tassi di interesse, se non si conoscono ancora gli effetti che i dazi di Donald Trump avranno sulla crescita dell’economia e dei prezzi. E questo è vero, senza una precisa conta dei danni, sia per la BCE di Christine Lagarde che per la Fed di Jerome Powell.

A presentare il grande dilemma, alla vigilia del BCE Day, è stato il presidente della Federal Reserve Jerome Powell che, in un discorso proferito all’Economic Club di Chicago, ha praticamente rimarcato l’unica certezza granitica su cui tutti possono fare affidamento: l’incertezza.

Per la precisione, l’incertezza su quale sarà davvero la conta dei danni dei dazi di Trump.

Powell si sta arrampicando sugli specchi? Il dubbio dei mercati, con dazi Trump banche centrali allo sbando?

Qualche previsione, Powell l’ha fatta, mettendo comunque le mani sempre avanti, in una situazione in cui il timore dei mercati è che le banche centrali di tutto il mondo, non solo la Fed, stiano perdendo il controllo della situazione, precipitando anch’esse, nel caos.

D’altronde, come azzardarsi anche soltanto a calcolare i danni dei dazi di Trump se, a non essere chiara, è la stessa politica commerciale che l’amministrazione degli Stati Uniti intende perseguire? Se, al di là delle minacce, dei ricatti, degli annunci in pompa magna che arrivano quasi sempre da Truth Social, il mondo non ha ancora capito se quelle tariffe sbandierate diventeranno un giorno davvero effettive e in che modo; se non si sa ancora se la pausa di 90 giorni verrà prorogata oppure no, se non è dato sapere se gli stessi dazi sulle auto del 25% potranno magari essere anche sospesi, come ha lasciato intendere lo stesso Trump, oppure no?

E’ altamente probabile che i dazi generino almeno un rialzo temporaneo dell’inflazione ”, ha ammesso oggi il presidente della Fed Jerome Powell, concentrandosi di nuovo sull’ansia di una inflazione più forte negli Stati Uniti, a causa della politica commerciale di Trump.

Il timoniere della Fed non ha escluso effetti inflazionistici più duraturi di quanto stimato: “Gli effetti inflazionistici potrebbero rivelarsi anche più persistenti”.

Come fare che ciò non accada? “Impedire questo risultato dipenderà dalla portata delle conseguenze, da quanto tempo (gli effetti inflazionistici) impiegheranno a manifestarsi del tutto nei prezzi e, alla fine, dal mantenere ben ancorate le aspettative sull’inflazione di più lungo termine ”, è stata la risposta di Powell, che tuttavia, lo ha ammesso: wuei dazi di Trump si sono confermati più alti perfino rispetto a quanto la Fed avesse messo in conto nella sua previsione peggiore, al punto che la banca centrale “si sta allontanando dal centrare i suoi obiettivi”.

La Fed fallirà i propri target? Wall Street accelera al ribasso dopo parole Powell

Esiste insomma secondo Powell una forte possibilità che gli sviluppi che interesseranno il commercio globale impediscano alla Fed di centrare i suoi target, almeno per quest’anno.

Quello che potrà fare l’istituzione, sarà cercare di arginare almeno il danno: “ Il nostro compito è garantire che si verifichi un aumento dei prezzi soltanto una volta ”, ha detto il banchiere rimarcando che, in generale, “potremmo trovarci in una situazione in cui sarà molto difficile dare giudizi ”.

Tra l’altro, i dazi imposti dalla seconda amministrazione Trump, ha sottolineato Powell, sono molto più alti delle tariffe precedentemente imposte nella storia dell’America, incluse quelle che vennero sferrate nel 1930 sotto l’egida della presidenza di Herbert Hoover, note come dazi Smoot Hawley.

Jerome Powell ha praticamente alzato le mani.

Immediata la reazione di Wall Street che, alle parole del presidente della Fed, ha accelerato al ribasso, con l’indice Dow Jones scivolato fino a -800 punti e il Nasdaq Composite capitolato del 4%. Nel frattempo, i mercati sono con il fiato sospeso in attesa di capire come si muoverà domani la BCE di Christine Lagarde.

Powell e quel “problema enorme” percepito dai CEO degli Stati Uniti con i dazi di Trump

Powell ha detto tra l’altro che, dagli incontri che ha avuto ieri con i CEO della Corporate America, è emerso un problema enorme, che è stato identificato dagli amministratori delegati delle aziende USA in due fattori principali: l’incertezza e le importazioni.

Come dar loro torto, in un contesto in cui non si comprende ancora, al di là dei vari slogan in stile MAGA (Make America Great Again), quale sarà la reale tassa sulle importazioni di prodotti stranieri da parte degli Stati Uniti?

A soppesare le parole di Jerome Powell, oltre ai Wall Street e all’azionario globale, è sicuramente anche, e in primis, Christine Lagarde, presidente della BCE, in vista del D-Day di domani, giovedì 17 aprile, che vedrà la Banca centrale europea fare il grande annuncio sui tassi.

Anche qui le incognite sono molte, tra chi agita tuttora lo spettro dell’inflazione e chi teme, per l’Europa, uno shock piuttosto disinflazionistico, una recessione, e una deflazione. Tutto e il contrario di tutto, insomma.

A Powell va dato atto di aver ribadito comunque l’approccio della Fed “wait and see” e di non essersi fatto ancora influenzare dalle richieste continue arrivate sotto forma di appelli vari dal presidente americano Donald Trump che, alla ricerca di un capro espiatorio su cui far ricadere la colpa del collasso dei mercati, finiti al tappeto dopo il suo annuncio sui dazi, ha chiesto in più di una occasione alla Banca centrale americana di tagliare i tassi.

Nell’arco di una recente seduta concitata per Wall Street, stretta nella morsa dei sell, quelle richieste insistenti di Trump hanno portato i mercati, in balìa del panico di una guerra commerciale tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, a scommettere anche su un taglio dei tassi di emergenza da parte della Federal Reserve, mentre sui mercati si sono rinfocolate le speculazioni su più sforbiciate nei prossimi meeting dell’istituzione.

BCE di Lagarde verso settimo taglio tassi, mentre la Fed di Powell nel 2025 non si è ancora mossa

Mentre mancano poche ore al verdetto sui tassi di interesse dell’area euro della BCE, vale la pena ricordare a che punto si trova la politica monetaria della Federal Reserve.

L’ultima riunione del FOMC del 19 marzo scorso si è conclusa con l’ennesima decisione (la terza, dall’inizio del 2025, di confermare lo status quo, lasciando i tassi sui fed funds USA fermi al 4,25%-4,5%, sebbene una mossa dovish ci sia stata, visto che il presidente Powell ha deciso di mettere un freno al piano QT, ergo Quantitative Tightening.

Ribadito il dot plot, ovvero il grafico a punti che riassume le aspettative dei banchieri centrali sulla traiettoria futura dei tassi. In media, il FOMC ha reiterato l’aspettativa di due altre riduzioni dei tassi, nel corso del 2025.

La banca centrale USA ha confermato insomma nelle ultime due riunioni di politica monetaria lo status quo dei tassi sui fed funds, mettendo in pausa il ciclo dei tagli avviato nel settembre del 2024: è a quel mese che risale la decisione di Powell di iniziare ad allentare la restrizione monetaria tuttora in atto con un maxi taglio di 50 punti base. Forse troppo?

La Fed ha poi tagliato i tassi di 25 punti base nella riunione di novembre 2024, immediatamente dopo la notizia della vittoria alle elezioni USA di Donald Trump.

L’ultimo e terzo taglio dei tassi, sempre di 25 punti base, è stato annunciato a dicembre, scatenando subito un bagno di sangue a Wall Street e sul mercato dei Treasury, a causa di un dot plot che ha affossato le speranze delle colombe, indicando non più quattro tagli nel corso del 2025, ma appena due.
Il dot plot è stato poi confermato nella recente riunione del FOMC di marzo, con Powell che, a dispetto degli appelli di Trump, ha ribadito il suo approccio wait and see. Detto questo, secondo qualcuno alla fine la Federal Reserve sarà costretta a cedere alle richieste, alquanto pressanti, di Donald Trump.

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