Bruxelles ha scelto Di Maio come inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico. Ecco che cosa dovrà fare l’ex ministro degli Esteri nel suo nuovo ruolo.
Joseph Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, è il solo a poter nominare l’inviato speciale dell’Unione e, infatti, contro il veto mosso dal governo Meloni, questo nuovo ruolo sarà ricoperto dall’ex ministro degli esteri Luigi Di Maio, che si occuperà dei rapporti con il Golfo Persico. La sua nomina, fortemente incoraggiata da Draghi, era stata sospesa dalla vittoria del centrodestra (che infatti l’ha accolta con estrema acredine).
Di Maio sarà inviato speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico per un periodo iniziale di 21 mesi, secondo la decisione di Borrell, precisamente dal 1° giugno 2023 al 28 febbraio 2025. La decisione è ufficiale, manca comunque ancora la ratifica da parte degli Stati membri e non si da di preciso quando avverrà.
Le mansioni del nuovo ruolo di Di Maio, chi è l’inviato dell’Ue e cosa deve fare
Il nuovo ruolo di Di Maio sarà tutt’altro che semplice, anche in ragione dei suoi pregressi con i partner del Golfo Persico. Fu proprio l’ex ministro degli Esteri, infatti, a firmare lo stop della vendita di armi italiane all’Arabia saudita e agli Emirati arabi uniti, causando una vera e propria catastrofe diplomatica. È anche vero, tuttavia, che l’allora ministro Di Maio riuscì poi a recuperare i rapporti con entrambi i paesi, non senza sforzo, e anche per questo guadagnandosi la fiducia di Bruxelles.
Luigi Di Maio dovrà essenzialmente svolgere attività diplomatiche, rappresentando l’Unione europea e i suoi interessi nei paesi del Golfo Persico. Tra le mansioni del nuovo ruolo presto assegnato a Di Maio, ci sarà quindi senza dubbio la promozione della pace, della stabilità, con sforzi affinché non solo i rapporti internazionali, ma anche quelli dei singoli Stati, possano attenersi al diritto e alla giustizia. Luigi Di Maio sarà quindi il rappresentante ufficiale dell’Ue nei rapporti con il Golfo Persico, per i quali dovrà dar fondo a tutte le sue abilità di diplomazia e trattativa. È tristemente noto, infatti, che tra i paesi del Golfo arabico e l’Unione europea i dissidi sono all’ordine del giorno e le relazioni politiche sono estremamente tese (basti citare il Qatargate, uno scandalo di tale portata da non poter essere accantonato con leggerezza).
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Ecco perché all’ex ministro spetta anche il compito di superare una prevedibile diffidenza iniziale, in parte dovuta alla stretta sull’esportazione di armi, avvenuta durante il governo Conte e in parte senza dubbio influenzata da un caratterizzante animo tradizionalista e conservatore di cui si fanno i portatori gli esponenti del Golfo Persico. In effetti, una sorta di continuità nei delicati rapporti diplomatici è stata permessa finora dal reciproco rispetto delle tradizioni e dalla comunicazione di identità politiche ben delineate. Si può quindi presagire un percorso spinato per Di Mario, tant’è che già la sua presenza nella lista dei candidati aveva sollecitato forti reazioni avverse.
C’è poi un secondo aspetto, meno umanitario ma di certo fondamentale e ugualmente – se non di più - delicato, di cui si dovrà occupare con estrema cautela l’ex ministro degli Esteri. Naturalmente, si tratta degli scambi commerciali, i cui accordi si inseriscono inevitabilmente all’interno degli accordi politici. Il tema più caldo di questo incarico diplomatico è infatti proprio la questione energetica, in particolar modo rispetto agli scambi di petrolio. La guerra in Ucraina sta infatti incidendo sugli equilibri commerciali di buona parte del mondo e l’Italia non è esonerata. Ad oggi, instaurare nuovi rapporti di scambio energetico e diversificare le forniture è indispensabile per la sopravvivenza dell’attività nel nostro Paese. Non da meno, poi, c’è tutta la questione relativa alla sicurezza, principalmente con attenzione a Iran e Yemen, dove i conflitti perdurano ormai da decenni.
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Di Maio inviato speciale di Bruxelles, le critiche del governo Meloni
Luigi Di Maio era stato indicato come potenziale candidato dall’ex premier Mario Draghi; perciò, con il cambio del governo le sue probabilità di vincita rispetto agli altri candidati sembrano essere calate inevitabilmente. Eppure, l’Altro rappresentante Borrell ha fatto la sua scelta in modo del tutto incondizionato, basandosi sul lungo curriculum dell’ex ministro.
In effetti, a prescindere dalle ideologie politiche, dovrebbe essere motivo d’onore l’assegnazione di un ruolo così prestigioso a un esponente italiano. Di questo parere è anche Pier Ferdinando Casini, che consiglia, peraltro, di “non esportare le nostre piccole beghe a livello comunitario. Alla Lega, però, non interessa lavare i panni sporchi in casa, tanto che le critiche alla candidatura di Di Maio stanno scendendo asprissime.
Il motivo principale sarebbe una questione politica, dato che la preferenza dimostrata dagli italiani verte a favore del centrodestra, che pure ha tra le sue fila ottimi diplomatici. A questo motivo, però, si aggiunge inevitabilmente un diverso sentimento rispetto all’istituzione europea e ai suoi incarichi.
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