Il ministro Roberto Cingolani si dice fiducioso sul price cap europeo al gas: l’Italia ed altri Paesi avrebbero convinto la Germania a introdurre un qualche meccanismo di freno ai prezzi.
“La crisi energetica è grave. E richiede dall’Europa una risposta comune che permetta di ridurre i costi energetici per famiglie e imprese. Abbiamo concordato insieme di limitare i profitti eccezionali realizzati da alcune società energetiche. Bisogna fare di più”. A dirlo, in modo chiaro e tondo è la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, all’indomani della riunione dei ministri Ue dell’energia sulla crisi del gas.
“L’Europa - secondo la presidente - ha tutto ciò di cui ha bisogno per liberarsi dalla nostra dipendenza dalla Russia: è una questione di volontà politica”. Nel frattempo prosegue il negoziato sul tetto europeo al prezzo del gas. Ieri le posizioni tra i paesi del Sud Europa (guidati da Italia e Francia) e gli altri (in primis la Germania e gli Stati del Nord) sembravano molto distanti, ma qualcosa secondo il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani si sarebbe mosso.
Tutto questo mentre Eni annuncia sul proprio sito che le forniture di gas russo all’Italia attraverso il Tarvisio sono oggi ’a zero’, visto che la società russa Gazprom ha detto che “non è possibile fornire gas attraverso l’Austria”. Un portavoce dell’azienda italiana ha però riferito all’Ansa che “ci risulta che l’Austria stia continuando a ricevere gas al punto di consegna al confine Slovacchia/Austria. Stiamo lavorando per verificare con Gazprom se sia possibile riattivare i flussi verso l’Italia”.
L’opposizione della Germania al price cap
Per ora, ufficialmente, contro la crisi energetica si è raggiunto l’accordo per un pacchetto di interventi che contiene: il taglio obbligatorio dei consumi dell’elettricità del 10%, di cui il 5% nelle ore di punta, da dicembre a marzo 2023; un tetto di 180 euro a megawatt per gli extra-ricavi delle grandi compagnie energetiche che producono elettricità da fonti a basso costo; un contributo di solidarietà a carico delle oil&gas.
Nel frattempo il governo tedesco ha varato una serie di interventi da 200 miliardi di euro, che hanno procurato non pochi imbarazzi a Bruxelles. Berlino è accusata di varare aiuti di Stato oltre la normativa Ue e contemporaneamente bloccare un price cap che potrebbe aiutare molto alcuni Paesi come l’Italia.
La preoccupazione di Scholz, secondo fonti diplomatiche tedesche, non sarebbe dovuta a “ragioni ideologiche”, ma alle preoccupazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti e all’eventualità che il Continente venga tagliato fuori dalle forniture, con il Gnl che fugge verso l’Asia e oltre. L’unica soluzione percorribile per Berlino, quindi, è quella di negoziare direttamente con i fornitori, cercando di convincerli ad abbassare i prezzi. Lo si farebbe in primis con le compagnie norvegesi e statunitensi, visti i pessimi rapporti diplomatici con la Russia.
Il tetto-forchetta sul prezzo del gas
Secondo Kadri Simson, commissaria europea all’energia, il price cap è una proposta “legittima, ma radicale” e dunque sarebbe meglio aprire “corridoi del gas” con i diversi partner commerciali energetici. La proposta in campo sarebbe quella di un “tetto con forchetta”, cioè un possibile range massimo e minimo entro cui contenere l’oscillazione dei prezzi. Questa strategia sarebbe affiancata dalla creazione di un nuovo indice di riferimento per il Gnl diverso dal tradizionale Ttf di Amsterdam.
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La riforma del mercato del gas di Amsterdam
In un’intervista a Il Corriere della Sera, Cingolani si dice fiducioso. Secondo lui l’incontro dei ministri dell’energia di ieri è andato “molto meglio di quello che io stesso potessi pensare ventiquattr’ore prima”. Secondo il titolare del dicastero della Transizione ecologica, in una riunione ristretta con i colleghi di Germania, Francia, Spagna, Polonia e Belgio si sarebbero messi da parte “argomenti un po’ pretestuosi, come quando qualcuno diceva che non si poteva mettere un tetto al prezzo del gas alla borsa di Amsterdam per non interferire con i meccanismi del mercato”, perché “con i prezzi dettati da una guerra guerreggiata e una guerra economica in corso con la Russia, il libero mercato non c’entra più niente”.
In particolare, poi, Cingolani racconta di un confronto diretto con il ministro tedesco Robert Habeck, riconoscendo che “a differenza dell’Italia, la Germania è poco interconnessa via gasdotto con fornitori diversi dalla Russia”. I due e gli altri ministri del gruppo ristretto avrebbero concordato che “il Ttf di Amsterdam (la piattaforma dei futures sul gas ndr) non funziona bene per determinare i prezzi delle vendite all’ingrosso, perché dominato dagli effetti speculativi”.
Il nuovo indice potrebbe essere una “sintesi ponderata fra il petrolio Brent, lo Henry Hub che guida prezzo del metano negli Stati Uniti e l’indice che dà le quotazioni del gas liquefatto in Cina: su questa base si può pensare a costruire un prezzo rappresentativo in Europa che sia più stabile”.
Attesa per il Consiglio Ue del 6 ottobre
Infine Cingolani spiega che dovrà essere la Commissione europea a presentare una proposta di intervento “che abbia valore legale”. Per questo, assieme agli altri Stati membri e lo stesso esecutivo comunitario, si sta lavorando a una lista di dieci punti da affrontare entro il 6 ottobre, quando inizia il vertice europeo informale dei capi di Stato e dei primi ministri a Praga. Lì si attende una decisione più precisa, che possa mettere assieme il nuovo indice dei prezzi sul mercato del gas e il tetto-forchetta.
Di quanto possono scendere i costi in bolletta
Queste strategie, rispetto al netto price cap sul gas, potrebbero avere un effetto meno forte sul prezzo del gas, che comunque non dovrebbe più superare i 180-200 euro al megawattora. Se contemporaneamente, però, ci fossero anche accordi bilaterali con le compagnie energetiche (ad esempio norvegesi e statunitensi), l’Unione europea potrebbe evitare di mettere in campo diversi miliardi per coprire la differenza tra prezzo di vendita dei produttori e quello di acquisto degli operatori del Continente.
Con una decisione europea ad ottobre gli effetti dei nuovi meccanismi non si vedrebbero prima della fine dell’anno. Entro quella data, però, potrebbe arrivare un leggero risparmio in bolletta per i cittadini europei ed italiani, che al momento saranno colpiti da un nuovo balzo del 60% per il mercato tutelato sull’energia elettrica (e forse del 70% sul gas). Si potrebbe spendere qualche decina di euro in meno al mese. Per le imprese il risparmio sarebbe invece di centinaia o addirittura migliaia di euro (per le più grandi).
Price cap, l’esempio di Spagna e Portogallo
Al momento l’unico price cap presente in Europa è quello di Spagna e Portogallo. Nei due Paesi iberici, vista la loro scarsa interconnessione energetica, è stato permesso dall’Ue di fissare un prezzo massimo per il gas a 40-50 euro al megawattora, con i governi che pagheranno più di 8 miliardi di euro alle aziende energetiche per compensarle.
Stando ai dati del 1 settembre il prezzo finale dell’elettricità per chi abita in Spagna è stato di 456 euro per megawattora. Se non ci fosse stato il price cap nazionale sarebbe stato di 513 euro. Il risparmio è stato dell’11%. Secondo i dati del governo, però, durante l’estate si sono toccate punte di risparmio del 35% e in generale, sempre per l’esecutivo, il risparmio medio alla fine durante il periodo del price cap dovrebbe essere del 15%.
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