L’Italia potrebbe essere un ostacolo per un euro forte? L’analisi
L’Italia sarà un ostacolo per un euro forte? La domanda emerge specialmente in questi giorni di importanti discussioni nell’UE.
I Paesi dell’eurozona sono particolarmente coinvolti su temi cruciali di politica economica, finanziaria, monetaria. Lo scenario poco rassicurante sulla crescita, le incertezze sul post Brexit tra gli Stati europei e gli effetti di una guerra dei dazi ancora accesa interrogano i ministri delle finanze della moneta unica.
Rafforzare l’integrazione economica UE sembra per molti la strada da intraprendere per scongiurare una crisi di lungo periodo e mantenere stabile la moneta unica. Anche per questo, il focus su unione bancaria europea e sul MES (Fondo Salva Stati) diventa strategico.
In questa cornice di possibili riforme, l’Italia sarà un ostacolo per un euro forte? L’analisi suggerisce le potenziali conseguenze della posizione italiana sulla moneta unica. E, soprattutto, sull’economia nazionale.
Perché l’Italia potrebbe essere un ostacolo per un euro forte? I fatti
L’analisi arriva da Bloomberg. L’Italia, si ricorda nell’articolo, è stata tradizionalmente un convinto sostenitore del progetto europeo. Membro fondatore dell’Unione, ha fatto tutto il possibile a metà degli anni ’90 per unirsi all’euro.
La recente proposta del ministro delle Finanze tedesco Scholz per completare l’unione bancaria, però, ha suscitato forti perplessità.
Non è piaciuta all’Italia l’idea di rivedere la quantità di obbligazioni sovrane nei bilanci delle banche, un problema particolarmente saliente nel nostro Paese. Il ministro dell’Economia italiano Roberto Gualtieri ha commentato che la riforma avrebbe “un impatto negativo” sul debito pubblico.
È emersa, quindi, una posizione più scettica e meno convinta nell’integrazione monetaria. A questa titubanza si sta aggiungendo l’atteggiamento critico nei confronti del MES.
Lo scorso giugno, i ministri delle finanze della zona euro hanno concordato di riformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, il Fondo di salvataggio dell’Unione monetaria.
Il governo italiano - e in particolare il Movimento a cinque stelle - sembrano allarmati per alcuni di questi cambiamenti. Lo stesso timore è condiviso dalla Lega e dall’Associazione Bancaria Italiana.
Il rischio dell’atteggiamento ostativo che sta emergendo in Italia è di un naufragio della riforma del MES, già accordata. Sarebbe, questo, un segnale negativo per una moneta unica stabile, credibile, forte.
Cosa rischia lo Stato italiano con una moneta debole
L’analisi mette in guardia sulle conseguenze di un indebolimento delle riforme UE e di un euro meno sicuro. Se non si trova un accordo per una integrazione monetaria e finanziaria più robusta, il primo Paese a risentirne potrebbe essere proprio l’Italia.
Assumere una posizione dura sulle proposte di cambiamenti non è così vantaggiosa per Roma.
Se gli investitori perdessero fiducia nella stabilità della moneta unica, i Paesi ad alto debito come l’Italia sarebbero particolarmente esposti.
Un’unione monetaria più forte - compresa un’unione bancaria completa e forse una qualche forma di unione fiscale - è il miglior antidoto per preservare la stabilità finanziaria.
Il primo obiettivo dell’Italia dovrebbe essere il contenimento del debito. Ma man mano che il debito pubblico continua a crescere, infatti, la divergenza con altri Stati della zona euro - compresi Germania e Paesi Bassi - diventa più difficile da sostenere.
Le posizioni su come portare avanti l’unione monetaria rischiano di diventare più opposte e radicate. E questo non è di buon auspicio per il futuro della valuta UE.
Lo scenario che vede l’Italia ostacolo per un euro forte dovrebbe, quindi, essere evitato.
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