In Italia le imprese di beni e servizi sono sempre più pessimiste sull’andamento economico del Paese e sulla loro possibilità di ripresa. Inflazione e crescita i motivi di allarme: i dati Bankitalia.
Non c’è tregua per le imprese: il sentiment sul prossimo futuro economico dell’Italia si fa sempre più pessimista.
Questo è emerso nell’ultima “Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita” di Bankitalia, pubblicata il 10 ottobre.
Secondo il rapporto basato sulle informazioni raccolte tra il 15 agosto e il 15 settembre, le aziende sono più pessimiste sulle proprie attività di quanto accadesse nel primo trimestre del 2020, tanto da valutare la diminuzione dei piani di investimento.
Le finanze dell’Italia sono stimate in tensione nel prossimo futuro, poiché la crisi energetica continua a danneggiare famiglie e imprese e a costringere il Governo ad aumentare gli aiuti fiscali. Finora, sono stati spesi 66 miliardi di euro per proteggere l’economia e probabilmente serviranno altre misure.
Questo renderà il lavoro più difficile per Giorgia Meloni, leader della coalizione di destra che ha vinto le elezioni e si prepara a entrare in carica nelle prossime settimane. Dovrà affrontare un ambiente economico in cui la crescita sta rallentando e il servizio del debito sta diventando più costoso man mano che la Banca centrale europea aumenta i tassi.
Il Governo prevede attualmente che l’economia crescerà del 3,3% quest’anno, ma solo dello 0,6% nel 2023. La proiezione è un enorme declassamento rispetto alla previsione di crescita del 2,4% fatta ad aprile.
In questa cupa cornice, aggravata dalla previsione Confindustria di una crescita zero nel 2023, si inserisce il rinnovato pessimismo delle imprese. I dettagli.
Imprese pessimiste sull’Italia: tutti i motivi
Nel sintetizzare i risultati della propria indagine sul sentiment delle imprese italiane, l’indagine di Bankitalia ha evidenziato:
“Il pessimismo delle imprese sulle proprie condizioni operative nei prossimi tre mesi si è acuito, continuando a riflettere principalmente l’incertezza imputabile a fattori economici e politici e l’andamento dei prezzi delle materie prime. Per quasi un terzo delle aziende, le difficoltà legate al costo dell’energia sono state maggiori che nel trimestre precedente. L’impulso della domanda, che aveva sostenuto l’attività negli ultimi trimestri, è venuto meno e le attese delle imprese non ne prefigurano una ripresa nei prossimi mesi.”
Rispetto ai tre mesi precedenti, nel terzo trimestre le imprese a sostegno di una situazione economica generale in peggioramento sono aumentate di 14 punti percentuali, attestandosi al 77,9%.
Inoltre, è in crescita il pessimismo delle aziende sulle proprie condizioni di attività e di operatività nel prossimo trimestre: “il saldo negativo fra le attese di miglioramento e di peggioramento si è ampliato a 49,2 punti percentuali da 19,6 nella precedente rilevazione.”
Incertezza politica ed economica e rincari sulle materie prime rimangono i fattori più temuti. Tuttavia, aumenta anche la percezione del rischio sulla domanda e sull’accesso al credito. In più, “il saldo delle attese a tre anni sulle proprie condizioni operative è decisamente peggiorato, raggiungendo livelli storicamente bassi (a 11,7 punti percentuali da 30,4 nella precedente rilevazione).”
Il 31,2% delle imprese ha poi rimarcato che i problemi relativi al costo dell’energia sono peggiorati rispetto al primo trimestre. “Per effetto degli elevati costi energetici, oltre due terzi delle imprese prevedono di aumentare i propri prezzi di vendita nei prossimi tre mesi.”
Inoltre, l’indagine ha sottolineato che “il saldo tra i giudizi di miglioramento e peggioramento della domanda complessiva nel terzo trimestre è tornato negativo per la prima volta da inizi 2021, a -3,7 punti percentuali.”
Meno ottimistiche anche le condizioni di accesso al credito per il 21% delle aziende e quelle per investire, viste come maggiormente sfavorevoli.
Lo spettro inflazione allarma le aziende
Uno sguardo attento anche sulle aspettative di inflazione, un dato importante e sul quale cerca di incidere la stessa Bce con le sue mosse aggressive.
Nello studio si legge: “le aspettative sull’inflazione al consumo sono cresciute in misura marcata sui diversi orizzonti di previsione, raggiungendo in tutti i comparti i livelli massimi dall’inizio della rilevazione nel 1999.”
Nel dettaglio, il tasso di inflazione attesa è visto, in media, al 7,5% tra sei mesi (da 6,4% nella precedente rilevazione), al 6,9% tra 12 mesi (da 5,6%), al 5,7% tra 2 anni (da 4,8%) e al 4,9% su un orizzonte compreso tra i 3 e i 5 anni (da 4,3%).
I prezzi di vendita, infine, si sono rafforzati al rialzo e rispetto a un anno fa, industria, servizi e costruzioni hanno tutti evidenziato listini maggiorati.
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