Jobs Act, pro e contro: cosa può cambiare con il referendum

Alessandro Cipolla

02/10/2024

Si torna a parlare del Jobs Act ora che sono state raccolte le firme per un referendum abrogativo: i pro e i contro della riforma del lavoro varata dall’allora governo guidato da Matteo Renzi.

Jobs Act, pro e contro: cosa può cambiare con il referendum

Jobs Act, pro e contro: cosa può cambiare con il referendum. Scaduti i termini per la raccolta delle firme, già a luglio i promotori hanno consegnato in Cassazione ben 4 milioni di sottoscrizioni, con l’ultima parola che adesso spetterà alla Consulta che si esprimerà sull’ammissibilità o meno a metà gennaio.

Il sindacato CGIL recentemente ha promosso un referendum abrogativo di alcune disposizioni del Jobs Act, ossia la riforma del diritto del lavoro varata dal governo Renzi tra il 2014 e il 2016 che, modificando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti prevedendo, in via generale per i nuovi assunti, una tutela risarcitoria - di ammontare crescente con l’anzianità di servizio - in luogo della reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

La riforma in questione ha riguardato anche altri istituti del diritto del lavoro quali: la modifica delle norme in materia di controlli sul posto di lavoro e di demansionamento, l’introduzione della Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) quale sussidio in caso di disoccupazione - temporalmente decrescente -, il riordino delle tipologie contrattuali esistenti, la modifica di alcune disposizioni in materia di tutela della genitorialità e l’attuazione delle nuove politiche attive del lavoro.

Se la Consulta dovesse dichiarare i quesiti ammissibili, la prossima primavera gli italiani potrebbero essere chiamati a esprimersi su un referendum abrogativo - insieme a quello sull’Autonomia differenziata e sulla cittadinanza - di alcune parti del Jobs Act.

Vediamo allora quali sono stati i vantaggi del Jobs Act in questi anni e quali invece le maggiori critiche alla riforma del lavoro targata Matteo Renzi, dando uno sguardo anche a cosa potrebbe cambiare con il referendum.

I pro del Jobs Act

Secondo i dati Istat e gli studi che hanno avuto a oggetto gli effetti del Jobs Act, nel triennio 2015-2017 si è assistito a un aumento del numero degli occupati, anche con riguardo all’occupazione giovanile.

Un aspetto positivo che è stato evidenziato è la tutela economica costituita dalla Naspi in caso di disoccupazione, che è ora estesa a tutti i lavoratori compresi gli atipici.

I contro del Jobs Act

Parallelamente, con l’introduzione del contratto a tutele crescenti e la flessibilizzazione del mercato di lavoro, con il Jobs Act si è verificato anche un aumento del numero dei licenziamenti.

Secondo Pagella Politica, al tempo stesso la riforma del lavoro del governo Renzi avrebbe generato un importante calo dei contratti a tempo indeterminato, sostituiti da contratti di apprendistato e a tempo determinato.

La forte decontribuzione - si legge - avrebbe quindi sì rilanciato l’occupazione, ma non in maniera strutturale, preferendo incentivi economici a breve termine rispetto a più duraturi investimenti in capitale umano”.

Non a caso, una volta ridotte le incentivazioni economiche, in Italia si è assistito un calo dei contratti a tempo indeterminato.

Secondo i critici i benefici sarebbero stati più per le aziende che per i lavoratori e, per il Movimento 5 Stelle, il Jobs Act sarebbe “ costato 23 miliardi ” senza risolvere - anzi in alcuni casi peggiorando - gli atavici problemi del mondo del lavoro in Italia.

Cosa può cambiare con il referendum sul Jobs Act

Il Jobs Act, che nel corso degli ultimi anni ha subito modifiche sia per l’intervento del legislatore (decreto Dignità del 2018) sia a opera di pronunce della Corte Costituzionale, è ora oggetto di una proposta di referendum promossa dalla CGIL nel 2024.

I quesiti sono quattro: due riguardano i licenziamenti (uno sull’abolizione del contratto a tutele crescenti, con il ripristino generalizzato della tutela reintegratoria in caso di licenziamento illegittimo, e l’altro sul tetto massimo dell’indennizzo nelle piccole imprese fino a 15 dipendenti), uno volto a reintrodurre la causale nei contratti a termine e uno, in materia di appalti, volto a estendere la responsabilità al committente in caso di infortunio nel lavoro.

Ora la parola passa alla Consulta, che dovrà esprimersi a gennaio 2025 in merito all’ammissibilità dei quesiti proposti.

Già nel 2017 fu promosso un referendum avente oggetto il Jobs Act, ma la Consulta dichiarò inammissibile il quesito volto a ripristinare la tutela reintegratoria per i licenziamenti illegittimi a causa del carattere propositivo del quesito e della mancanza di univocità e omogeneità.

Furono invece dichiarati ammissibili i quesiti in merito all’abrogazione delle disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti e sul lavoro accessorio - voucher -, ma il referendum poi non si tenne in quanto arrivò prima un intervento del legislatore.

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