I concerti estivi in spiaggia di Jovanotti sono stati un successo di pubblico e critica, ma sono stati accusati dagli ambientalisti di greenwashing. Qual è il bilancio finale dell’evento?
Quasi 600mila spettatori in 21 date in giro per l’Italia, tra inizio luglio e lo scorso 10 settembre, di cui ha parlato tutto il Paese. Anche quest’estate il Jova beach party, il concerto di Jovanotti sulle spiagge italiane, è stato un successo di pubblico e critica, dopo i 17 appuntamenti del 2019 e la pausa dovuta alla pandemia da Covid-19.
Non solo un evento musicale: l’artista ha puntato tutto sull’ecosostenibilità, sensibilizzando con un’apposita campagna informativa prima, mentre e dopo il concerto tutti i partecipanti sull’importanza della transizione ecologica. Motivo per cui, Trident, la società che ha organizzato i concerti, ha predisposto un piano di pulizia speciale delle spiagge, con l’obiettivo di rimuovere soprattutto la plastica e coinvolgendo attivamente gli spettatori.
Le critiche al Jova beach party
L’evento, però, ha attirato le critiche di diversi ambientalisti e animalisti, che hanno lanciato l’accusa di greenwashing, cioè di professare un ecologismo di facciata per nascondere presunti impatti su fauna, flora ed ecosistema delle spiagge, mentre si fanno profitti potenzialmente maggiori rispetto ad arene e stadi. Impatto che comporterebbe possibili costi economici futuri a carico delle amministrazioni locali e quindi dei cittadini.
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Lipu, Italia Nostra, Legambiente, Ente nazionale protezione animali, Marevivo, Fiab, Slow Food, Stazione Ornitologica Abruzzese, Rifiuti Zero, Comitato nazionale conservazione del Fratino, ma anche il botanico dell’università di Trieste Giovanni Bacaro e il noto geologo e divulgatore Mario Tozzi. Sono diverse le associazioni, assieme ad alcuni scienziati, che si sono esposte con critiche più o meno forti, alimentando dibattiti e polemiche, soprattutto sui social, in una bufera che ha portato a un’indagine per danno ambientale e a Jovanotti che ha parlato perfino di “econazisti”. Quale può essere allora il bilancio finale dal punto di vista ecologico del Jova beach party?
Il caso Viareggio
A far scalpore più di altre notizie è stata l’apertura di un’indagine della procura di Lucca contro ignoti. Nel mirino la tappa di Viareggio del 2 e 3 settembre, con l’ipotesi al vaglio di danno ambientale. Tutto è partito da un esposto di un’associazione romana basata su una ricerca del prof. Bacaro, che ha analizzato la vegetazione sulla spiaggia del Muraglione di Viareggio, dove si è svolto il Jova beach party, in attesa di completare uno studio più generale sull’impatto dei grandi eventi in ambienti naturali o semi-naturali assieme alla professoressa Monia Renzi (che si occupa di microplastiche).
“Da anni - spiega il professore a Money.it - sono studioso delle dune e in particolare della riserva della macchia lucchese, quindi compresa Viareggio: una serie di zone con riserve naturali. Non sono un econazista, mi pagano i cittadini per fare studi sulla biodiversità perché preservare l’ambiente è la nostra unica salvezza nel bel mezzo del caos del cambiamento climatico. Nella spiaggia del Muraglione, dove era previsto il Jova, ho riscontrato una serie di specie naturali protette che a detta dell’organizzazione del concerto non c’erano”.
In particolare Bacaro ha campionato tre habitat “che possono essere classificati come di interesse comunitario ai sensi delle regole europee: una duna embrionale e una duna mobile, più altra vegetazione”. Sulla base di questo studio, prosegue, «la Sovrintendenza ha detto: è bene che se ne prenda atto e si valuti cosa fare». Da qui l’intervento che ha spinto Trident a modificare le operazioni di preparazione del palco.
“Abbiamo dovuto cambiare davvero poco - ci spiega il numero uno di Trident Maurizio Salvadori - abbiamo transennato le piante dello spazio dietro al parco, ma non era un’area che avremmo utilizzato. Tra l’altro quello spazio la maggior parte dell’anno è libero, con diversi falò non controllati e pulizie carenti: non viene protetto”.
L’indagine della procura di Lucca
In ogni caso, aggiunge, “ci sono state decine di denunce che sono state presentate dal 2019 a oggi contro i nostri concerti e che poi sono state tutte archiviate, mi risulta che abbia archiviato anche la procura di Lucca”. E ancora, spiega che l’organizzazione ha trovato “fior di botanici che dicevano l’esatto contrario del prof. Bacaro”.
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Cos’è la valutazione di impatto ambientale
“Prima di tutto - risponde Bacaro - a Viareggio è stato spostato tutto il retropalco, quindi l’impatto sull’ambiente ci poteva essere, poi si mettono in contrapposizione ’fior di botanici’ ai miei dati pubblicati e rilasciati open access, ma leggendo la loro relazione di aggiornamento della valutazione di incidenza ambientale (dove viene esclusa la presenza degli habitat indicati da me), compaiono solo un agronomo e un ingegnere, le cui pubblicazioni in ambito dunale non sono riscontrabili”.
I monitoraggi e le pulizie
Salvadori spiega a Money.it che prima di organizzare il Jova beach party “le spiagge sono state scelte accuratamente, scartandone il 90% e scegliendo quelle che erano più antropizzate: quindi nessuna oasi naturale o ambiente protetto”. In questo monitoraggio, aggiunge, “è coinvolto in primis il nostro partner Wwf, ma anche i comuni con i loro assessorati all’ambiente e gli enti regionali, con il supporto costante delle forze dell’ordine. Per ogni tappa dobbiamo superare circa 12 controlli di enti diversi che verificano tutto, valutando anche l’impatto ambientale. Sono procedimenti duri da superare, con prescrizioni rigorose e noi siamo andati anche oltre, proprio per sensibilità ecologica”.
“Non abbiamo procurato nessun danno o violato alcuna tra le leggi italiane ed europee” rincara poi la dose, convinto che coloro che criticano il Jova “sono in tutto una decina di associazioni: a Fermo, nelle Marche, erano in undici e hanno chiamato a raccolta migliaia di cittadini, ma alla fine hanno protestato in 52, quindi forse non raccolgono nemmeno gli iscritti”. Per l’organizzatore dei concerti, poi, la maggior parte delle critiche arriva da un “mondo che non ama la musica e ha un’opposizione ideologica: vedono migliaia di persone che si divertono in spiaggia e questo di principio da loro fastidio”.
Per capirlo, ci dice, “basta paragonare i nostri concerti con quelli negli stadi, dove a fine evento le arene diventano una porcheria: noi invece impieghiamo 20-30 persone e due ore di tempo per ripulire ogni spiaggia dopo il concerto, mentre la maggior parte degli spettatori, sensibilizzati da Jovanotti, si portano via tutti i loro rifiuti e li mettono negli spazi appositamente indicati con la differenziata”.
Il dibattito sulle dune e l’erosione della sabbia
Mario Tozzi, però, in una lettera a Jovanotti pubblicata da La Stampa ad agosto, ha parlato esplicitamente di “impatti dirompenti” legati alla possibile erosione delle spiagge. “Un conto sono cento persone che vanno al mare - ha detto - un altro cinquantamila. Un recente studio del Cnr ha stimato che, dalle spiagge del Parco nazionale dell’arcipelago de La Maddalena, ogni bagnante che passa una giornata al mare porta via con sé dai 50 a 100 grammi di sabbia. Moltiplica questa cifra per diecimila o cinquantamila persone (la media di spettatori al Jova è di 30mila a serata, con alcuni doppi eventi n.d.r.) e vedi a che montagna di sabbia si arriva, senza contare che si balla e ci si agita, aggiungendo erosione a erosione. Anche se solo per una giornata”.
“La spiaggia - aggiunge Bacaro - è un ambiente fragile, con equilibri ecologici delicati. Un megaevento come il Jova beach party può avere un impatto forte, perché tra le operazioni di sistemazione dell’area ad esempio c’è il passaggio dei mezzi meccanici per livellare la sabbia. La duna e la sua vegetazione creano una barriera contro le maree e permettono alla sabbia di non spostarsi verso l’entroterra. Se si spianano la sabbia arriva sulle strade e l’acqua salata che si infiltra nel sottosuolo può creare zone dove ad esempio non si può coltivare. Non è il caso di Viareggio, perché dietro c’è una strada, ma è un problema che bisogna porsi quando si organizzano questi eventi”.
Bacaro, quindi, sottolinea che le amministrazioni locali dovrebbero evitare un esagerato impatto degli esseri umani sulle spiagge. “Se la sabbia arriva nelle città rimuoverla è un costo - argomenta - Quanto costa restaurare un ecosistema e preservarlo piuttosto che aspettare che si ricrei da solo dopo averlo alterato? Quanto si paga se si deve rimuovere la sabbia dalla strada quando scompaiono le dune? Non sono un economista e non faccio conti specifici, ma se penso alla quantità di tappe dei grandi eventi, i costi legati alla rimozione della sabbia potrebbero essere anche di migliaia di euro nei prossimi anni. Far sì che le dune prosperino, invece, può far spendere dieci oggi ed evitare di spendere cento domani, anche per il ruolo della biodiversità nel contrastare il climate change”.
Wwf: “Nessuna duna spianata”
Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi di Wwf, replica però a Money.it dicendo che “non è stata spianata alcuna duna nelle spiagge del Jova beach party e a Viareggio lo stesso Bacaro avrebbe individuato solo proto-dune, cioè in via di formazione, che sono state delimitate per evitare il calpestio”. “Quelle che sono state chiamate impropriamente ’ruspe’ - aggiunge Benedetto - erano macchine che andavano a rettificare o pulire alcune piante o livellare la spiaggia in ambienti già fortemente antropizzati. Ci sono state situazioni discutibili come a Roccella Jonica, in Calabria, ma lì già c’era una discarica di detriti e la pulizia non è riuscita obiettivamente a toglierli tutti”.
Il responsabile dell’associazione a tutela del mondo animale si dice d’accordo “con la posizione di principio: le spiagge non si toccano, ma ci vuole coerenza e deve valere per tutti. Non è perché c’è Jovanotti e allora c’è visibilità nel criticarlo (non parlo di Tozzi, non ne ha bisogno) che si interviene. Si ignora che nella stessa spiaggia dove canta Jovanotti ci sono altri concerti o altri eventi”. Così Salvadori fa l’esempio sempre di Roccella, dove per anni ci sono stati allenamenti e gare di motocross prima del concerto dell’artista nel 2019. “Vedendo le foto aeree - spiega- si vede palesemente che la flora era già quasi tutta sparita, ma hanno accusato noi”.
Quindi, in merito alla questione sollevata da Tozzi si dice “sorpreso”, perché “il problema erosione è generale e non tutte le spiagge sono uguali: a La Maddalena la gente si portava via la sabbia con dei sacchetti e non è assolutamente il nostro caso”.
I possibili impatti sulle piante
Quanto ai possibili impatti sulla flora delle spiagge, la nota divulgatrice social di temi ambientali Cristina Cotorobai ha spiegato su Instagram che a Barletta, in Puglia, prima della tappa del concerto erano presenti specie come il ravastrello, la gramigna delle spiagge, la camomilla delle spiagge, lo sparto pungente delle spiagge e la salsola kali. “Quella spiaggia è stata spianata - dice Coto - ma le piante sono protette dalla normativa Ue 92/43/CEE, quindi rimuoverle è reato”. E ancora: a Ravenna diverse associazioni hanno accusato il Jova beach party di aver rimosso decine di metri di tamerici e in diversi siti si è fatta notare la “pericolosa” vicinanza tra il palco e alcune riserve naturali.
“Ci sono stati - conferma a Money.it Andrea Brutti di Enpa - tagli di siepi e alberi e la vegetazione dunale è spesso stata decimata dalle ruspe. A farne le spese potrebbero essere stati maggiormente gli insetti. Poi ci sono i microrganismi. I fiori e le essenze dunali, quindi, danno nutrimento alla microfauna, ma anche agli uccelli con i semi e i frutti. In natura è tutto profondamente legato e noi questo segnaliamo: come si fa a dire che siamo ideologici e contro la musica a prescindere?”.
Da Trident, però, smentiscono tutto. “Ci siamo affidati - argomenta Salvadori - a persone di competenza e non abbiamo mai rimosso piante dal valore naturalistico. A Viareggio abbiamo messo da parte specie vegetali e arbusti: li ripianteremo, anche se non eravamo costretti da nessuna legge e nessun ente. Poi per quanto riguarda i presunti tamerici di Ravenna, come ha spiegato lo stesso assessore all’ambiente della città, si trattava di piante non autoctone, criticate dagli abitanti: erano una schifezza a guardarle. Comunque sono state tolte con le radici per essere piantate altrove, mentre in quell’area verranno inseriti alberi autoctoni nell’ambito del parco Marittimo. L’intervento è stato molto apprezzato dalla cittadinanza”.
I possibili impatti sugli animali
Capitolo animali. Secondo Brutti “eventi così hanno luogo nella fase biologicamente più delicata per la fauna selvatica, ovvero la riproduzione. I genitori degli animali selvatici potrebbero essere indotti ad abbandonare i nidi - o le tane - e i piccoli, a causa dei rumori, delle luci e della forte presenza umana”.
Enpa fa l’esempio dell’uccello fratino (una specie minacciata al livello italiano con pochissimi esemplari presenti nel Paese), ma anche della microfauna, degli insetti, degli anfibi (come il rospo smeraldino) e della tartaruga Caretta caretta. “Il fratino - ci dice Bacaro - ha scelto le dune e la sua vegetazione per deporre le sue uova. Riducendo questo habitat si creano problemi per questa specie, a prescindere dal danno acustico. Non è il caso di Viareggio, dove il fratino non c’è, ma di altri siti dove è stato fatto il Jova: si rischia di togliere loro luoghi in cui vivere o comunque di disturbarli”. Altra critica di alcuni animalisti: aver scelto tra gli sponsor del Jova l’azienda produttrice di carne Fileni, da alcuni accusata di promuovere allevamenti intensivi.
Dura la replica del Wwf. “Voglio vedere - polemizza Benedetto- uno studio che dice che cambiano le abitudini degli animali per 24-48 ore di concerto! Non esistono dati su questo. Comunque abbiamo fatto un monitoraggio con ornitologi ed esperti per la possibile presenza di animali, dopo il quale sono state stabilite le date. Il fratino ha un periodo di nidificazione che inizia a maggio e solo a volte finisce a luglio, per questo i concerti nelle aree interessate sono avvenuti ad agosto. Per le tartarughe ci sono state polemiche a Roccella, ma erano distanti venti chilometri, quindi non esisteva il pericolo. A Castel Volturno sono nate regolarmente dopo il concerto”.
“Abbiamo presentato piani acustici - continua- in linea con la legge e ad esempio a Vasto c’è stato un controllo costante durante l’evento nel sito di interesse comunitario lì accanto, per verificare che il livello acustico non fosse troppo alto. Non abbiamo sterminato nessuna specie”. Quindi, su Fileni, ricorda che “rispetto ad altri dimostra maggiore attenzione rispetto ad alcune linee di produzione, ma non ci sentiamo certo la responsabilità di questa sponsorizzazione”.
Le polemiche sul presunto lavoro irregolare
Tra le polemiche sul Jova beach party, poi, ne sono emerse alcune di lavoratori e residenti delle zone coinvolte dai concerti. C’è chi ha parlato di condizioni di igiene precarie durante gli eventi, mentre 17 operai impiegati per il montaggio del palco di Fermo sono risultati non in regola. A Campo di Mare, infine, i cittadini si sono lamentati per chiusure “forzate” delle attività balneari e per il sistema del pass per l’accesso riservato solo ai residenti. Un sistema che, secondo alcuni, avrebbe limitato la mobilità, oltre che danneggiato le attività produttive.
“Le accuse dei lavoratori del Jova mi risultano nuove - risponde Salvadori di Trident - Quanto al pass di Campo di Mare, quando c’è un evento con migliaia di persone è ovvio che ci siano restrizioni, con qualche fastidio per i residenti. Ma la quasi totalità delle persone e degli operatori ci ringraziano, mentre prefetti, sindaci e questori ci fanno i complimenti per l’organizzazione. Per quanto riguarda i 17 operai, noi usiamo 700-800 chiamate di facchini per ogni data. A volte la cooperativa che ci manda il personale non fa in tempo a comunicare preventivamente il lavoro del giorno dopo ”.
La situazione di Fermo, conclude “abbiamo il dovere di controllarla, ma il preposto era stato chiamato in commissione di vigilanza all’hotel della città ed era dalle 13.30 in riunione con la commissione, per cui la chiamata dei facchini che ha iniziato alle 14 non era stata controllata tutta. C’era poi un organizzatore locale, che non è Trident”.
Vantaggi dalla comunicazione di massa?
Per riassumere, quindi, secondo l’organizzazione del Jova beach party, evidenti danni ambientali non ci sono stati, mentre l’effetto comunicativo dell’evento sarebbe stato importante e varrebbe l’investimento fatto. “Se il ministero dell’Ambiente avesse fatto una campagna progresso per sensibilizzare un pubblico che va dai 20 ai 50 anni - si domandano da Trident - quanti soldi pubblici avremmo speso? E si sarebbe ottenuto lo stesso risultato?”.
“Qualsiasi cosa si faccia ha un impatto minimo sull’ambiente - aggiungono da Wwf - ma nel nostro caso non ci sono stati danni irreversibili. Quello che è stato fatto ha dato un grado di gestibilità per una finalità alta: sensibilizzare migliaia di persone contro il cambiamento climatico. Dobbiamo modificare i comportamenti individuali, altrimenti non c’è legge o politica che tenga e per farlo serve uscire dall’ambientalismo di nicchia e allargare il pubblico di riferimento: da qui nasce la nostra adesione al progetto di Jovanotti”. Gli attivisti locali della stessa Wwf a Fermo, dove si è svolta una tappa dei concerti, hanno però protestato contro la linea nazionale dell’associazione.
Come ripensare i grandi eventi con finalità ecologiche
Per le associazioni e gli scienziati contrari all’evento si potrebbero raggiungere gli stessi obiettivi di sensibilizzazione in altri modi, meno rischiosi. “C’è un aspetto culturale di fondo che non va trascurato - ha scritto Tozzi nella lettera a Jovanotti - trasformando gli ambienti naturali in luoghi per eventi di massa si potrebbe dare l’idea che la natura e il paesaggio siano modificabili costantemente dagli esseri umani anche per esigenze che non sono di immediata sopravvivenza. Ma ci sono luoghi deputati per quelle manifestazioni, anche giganteschi: stadi, palazzetti, piazze municipali e quant’altro”. Insomma, bisognerebbe “evitare di lanciare un messaggio diseducativo: che qualsiasi cosa si può fare sempre a spese dell’ambiente”.
“Ci chiediamo che bisogno ci sia di dover fare mega-concerti vicino aree naturali - aggiunge Brutti di Enpa - la volontà di svolgere questi eventi sulle spiagge non ha nulla a che vedere con la tutela ambientale e molto invece con l’egocentrismo umano”. Più pragmaticamente il professor Bacaro consiglia agli organizzatori del Jova, qualora si volesse fare una nuova edizione, di scegliere spiagge distanti da qualsiasi riserva naturale e da “qualsiasi possibilità di danneggiare gli ecosistemi”, come ad esempio “nella distesa ininterrotta di aree preparate per la balneazione dal porto di Marina di Massa in poi”.
Sarà possibile una maggiore collaborazione tra ambientalisti e organizzatori di grandi eventi in futuro? Secondo Salvadori non si potrà mai parlare “con cosiddette associazioni che usano foto false per sostenere teorie poco credibili”. “Se ci sarà qualcuno di serio che si farà avanti - aggiunge - ci collaboreremo, ma un approccio integralista e poco veritiero è controproducente: lo dimostra il caso dei concerti ecosostenibili dei Coldplay nel 2021, con accuse di greenwashing. Loro, invece, hanno limitato fortemente l’impatto ambientale dei loro eventi e sono stati antesignani di una comunicazione forte sulla transizione ecologica”.
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