La Brexit? Potrebbe costare 7.000 posti di lavoro e 1.000 miliardi di dollari

Marco Ciotola

20/03/2019

In pieno caos pre-Brexit, banche e società di servizi finanziari si stanno allontanando dal Regno Unito per una perdita di valore economico enorme ai danni di Londra. Il report

La Brexit? Potrebbe costare 7.000 posti di lavoro e 1.000 miliardi di dollari

Banche e società di servizi finanziari della Gran Bretagna hanno annunciato piani per spostare oltre 1.300 miliardi di dollari nell’Unione europea.

È questo il risultato del report targato EY, società di consulenza di base a Londra. Si tratta di una revisione al rialzo di una precedente stima che parlava di 800 miliardi di sterline, ovvero 1.100 miliardi di dollari.

Lo studio pone infatti l’accento sul fatto che molte banche abbiano aperto nuovi uffici in Germania, Francia, Irlanda e altri Paesi dell’UE, al fine di salvaguardare i loro affari dopo la Brexit. Questo implica anche un inevitabile trasferimento di risorse.

Sono poi tante altre le società UK che stanno trasferendo risorse per proteggere i clienti dalle oscillazioni del mercato e da improvvisi cambi in ambito normativo che potrebbero accompagnare la rottura tra la Gran Bretagna e UE, ovvero il suo principale partner commerciale.

La Brexit? Potrebbe costare 7.000 posti di lavoro e più di 1.000 miliardi di dollari

L’industria dei servizi finanziari rappresenta circa il 12% dell’economia del Regno Unito e impiega 2,2 milioni di persone.

EY ha monitorato 222 delle più grandi società di servizi finanziari nel Regno Unito dopo il referendum su Brexit del giugno 2016, evidenziando così il “costante aumento” del numero di aziende che annunciano lo spostamento di dipendenti e attività.

Così, il numero di posti di lavoro trasferiti fuori dal Regno Unito si assesta almeno sulle 7.000 unità secondo EY, per una perdita che costerà a Londra 794 milioni di dollari in tasse perse.

Già la scorsa settimana Andrea Enria, responsabile della regolamentazione bancaria alla BCE, ha dichiarato al Financial Times che corrisponde a circa 1,4 miliardi di dollari la cifra associabile alle attività trasferite dalla Gran Bretagna ai 19 Paesi dell’UE che utilizzano l’euro.

Secondo la Banca d’Inghilterra le ricadute di un simile scenario sarebbero di gran lunga peggiori rispetto alla crisi finanziaria del 2008.

La Gran Bretagna lascerà formalmente l’Unione europea tra nove giorni, ma il primo ministro Theresa May non ha ottenuto l’appoggio del parlamento britannico per l’accordo sul divorzio, e chiede che la data del 29 marzo venga posticipata al 30 giugno.

Per le istituzioni finanziarie, una Brexit priva di accordi commerciali sarebbe un incubo, e in molti si stanno sbracciando per provare a limitare i danni.

Omar Ali, responsabile dei servizi finanziari del Regno Unito presso EY, ha riconosciuto gli enormi rischi nel settore:

“Nessuna azienda di servizi finanziari può sapere con certezza come una Brexit priva di accordi commerciali potrà influire sull’assetto della società, sui clienti, sui dipendenti e sull’intera catena di approvvigionamento. O, più in generale, sull’economia del Regno Unito”.

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