Mercati asiatici in forte rialzo: la Cina spinge le azioni grazie a risultati sulla produzione industriale migliori del previsto e su nuovi massimi. Il dragone sta tornando, ma le incertezze restano.
Cina protagonista assoluta dei mercati oggi: le azioni del continente svettano in un ritrovato rally, guidate da un aumento di quasi il 4% nell’indice di riferimento di Hong Kong.
Con un rimbalzo dal minimo di due mesi, le Borse asiatiche si avviano verso il loro miglior giorno in sette settimane, grazie ai dati che mostrano l’attività manifatturiera cinese espansa al ritmo più veloce in oltre un decennio. Il risultato ha indubbiamente dato una scossa di ottimismo in mercati finora cupi.
Il dollaro, invece, si è allentato con i trader che si sono spinti verso asset più rischiosi, allontanandosi dalla valuta rifugio.
La Cina protagonista assoluta: mercati volano
La seduta asiatica si sta chiudendo nel migliore dei modi. Shanghai e Shenzhen hanno guadagnato rispettivamente l’1,00% e l’1,11%. Hong Kong si avvia ad archiviare con un rialzo superiore al 4%. Il Nikkei è aumentato dello 0,26%.
L’indice ufficiale dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero cinese (PMI) si è attestato a 52,6 il mese scorso contro i 50,1 di gennaio ed era ben al di sopra di una previsione degli analisti di 50,5, dando agli investitori la speranza che la ripresa della Cina possa compensare un rallentamento globale.
“I dati PMI cinesi di febbraio questa volta hanno assunto un’importanza ancora maggiore a causa della consueta mancanza di dati concreti di gennaio/febbraio fino alla fine di questo mese”, ha affermato su Reuters Alvin Tan, di RBC Capital Markets.
“La Cina è in una posizione relativamente buona al momento rispetto ad altre grandi economie in termini di ciclo di allentamento”, ha dichiarato Elizabeth Kwik, direttore degli investimenti azionari asiatici di abrdn, a Bloomberg Television.
Da osservare che il rimbalzo segna un’inversione rispetto alle ultime settimane, quando un riprezzamento dei tassi massimi statunitensi ha visto gli investitori vendere quasi tutti gli asset rischiosi. L’indice Hang Seng China Enterprises è balzato di quasi il 4%, aiutato dai titoli tecnologici e immobiliari, risalendo dopo una perdita di oltre l’11% a febbraio.
Non solo ottimismo: mercati cauti per questi motivi
Le incertezze per gli investitori, comunque, non mancano. Oltre alla guerra in Ucraina che resta osservata da vicino, c’è da segnalare la continua lotta Usa-Cina. Washington ha dichiarato, tramite il Dipartimento del Commercio, che le industrie nazionali dei chip non dovranno espandere la loro produzione in Cina (e in Paesi stranieri) per 10 anni se vogliono ottenere i fondi.
Una mossa che rafforza l’obiettivo della Casa Bianca di creare un’industria di semiconduttori nazionali e fortemente anti-cinese.
Inoltre, resta alta la preoccupazione che i tassi di interesse rimangano più elevati e più a lungo nelle economie sviluppate. Quest timori sono stati alla base di un febbraio traballante nei mercati azionari e obbligazionari.
La prossima ondata di indicatori economici sarà probabilmente cruciale in quanto i mercati valutano se i futuri aumenti dei tassi sono sufficientemente prezzati ora.
Le letture dell’inflazione in Spagna e Francia superiori alle attese ieri hanno spinto la vendita di obbligazioni, prima che un inaspettato calo dei dati sulla fiducia degli Stati Uniti offrisse un barlume di speranza che i rialzi dei tassi fossero a breve distanza dal picco.
Anche la geopolitica mette ancora in tensione i trader. La visita del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a Kiev e l’abbandono da parte del presidente russo Vladimir Putin dell’ultimo trattato sul controllo delle armi nucleari rimasto con gli Stati Uniti hanno segnalato un irrigidimento delle posizioni.
La Cina, che la scorsa settimana ha segnalato il suo sostegno alla Russia inviando a Mosca il suo massimo diplomatico, ha lanciato un appello alla pace, anche se è stata accolta con scetticismo e Washington ha detto nei giorni scorsi di temere che la Cina possa inviare armi alla Russia.
“Se Pechino inviasse armi alla Russia, rischierebbe una rapida rottura geopolitica dell’economia mondiale”, ha detto il capo della ricerca di Rabobank, Jan Lambregts. “I mercati non hanno nemmeno iniziato a contemplare cosa questo potrebbe significare”.
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