Il secondo turno elettorale in Francia potrebbe far piombare il Paese nello stallo politico. Proprio questa incertezza agita i mercati. Perché il caos francese può ancora colpire l’Europa?
Il caos francese non si è risolto con il primo turno elettorale del 30 giugno e dalle incerte sorti politiche del Paese può ancora arrivare un crollo dei mercati e della fiducia verso l’Europa.
Il vecchio continente osserva e attende con molto interesse l’esito del ballottaggio del 7 luglio. Il partito rivelazione di Marine Le Pen potrebbe finire con un numero di seggi compreso tra 230 e 295. Con 289 seggi necessari per una maggioranza, e data l’enorme possibilità di voto tattico nel secondo turno, al Rassemblement National viene data solo una piccola possibilità di formare il prossimo Governo da solo.
L’incertezza, che i mercati odiano più di ogni altra cosa, continuerà secondo gli analisti. In gioco non c’è soltanto la stabilità delle obbligazioni nazionali francese o la forza della valuta comunitaria. Lo stallo politico francese potrebbe sfociare anche in uno scontro con Bruxelles sulle regole di bilancio. E, quindi, colpire la credibilità economica della stessa Ue.
La Francia rischia lo stallo. E i mercati tremano
Nessuno degli scenari futuri previsti in Francia è davvero allettante per i mercati: paradossalmente, un governo monopartitico sotto la guida del Rassemblement National, infatti, causerebbe alla Francia due anni di stallo effettivo, dati gli ampi poteri della presidenza previsti dalla costituzione francese.
In passato, esempi di coabitazione in cui l’esecutivo e il presidente appartengono a partiti diversi, hanno anche funzionato per certi versi, ma è improbabile che questa volta sia così, ha affermato Armin Steinbach, professore di diritto ed economia all’HEC di Parigi, date le grandi differenze ideologiche tra Macron e il leader della destra estrema Le Pen.
Alcuni analisti osservano che potrebbe non essere un singolo leader a rappresentare la minaccia più grande per la stabilità finanziaria francese, ma la sua totale assenza.
Schmieding, economista capo della Berenberg Bank, ha sottolineato che un governo bloccato potrebbe ritrovarsi attaccato da entrambe le parti estremiste, a destra e a sinistra. Sebbene possano essere agli antipodi su questioni come l’immigrazione e la cultura, entrambi si sono opposti alle riforme pro-crescita di Macron e potrebbero unirsi tatticamente su questioni come la riforma delle pensioni e i sussidi energetici per smantellare il lavoro dell’ultimo governo.
Se ciò dovesse accadere, le preoccupazioni a lungo termine che da anni affliggono il mercato diventerebbero improvvisamente molto più pressanti, e non solo nel contesto strettamente francese.
“Negli estremi, se un debito elevato paralizza la credibilità della politica fiscale o l’affidabilità creditizia del sovrano, può paralizzare la politica monetaria: un inasprimento non farebbe altro che accrescere tali preoccupazioni e alimentare l’inflazione, in genere attraverso un deprezzamento incontrollato del tasso di cambio”, ha avvertito la Banca dei regolamenti internazionali nel suo rapporto economico annuale.
Di sicuro, l’Eurozona è maturata dall’ultima crisi del 2011, creando quella che alcuni partecipanti al mercato descrivono come “una serie di guardrail o backstop” per rassicurare gli investitori. Ma questo potrebbe non essere sufficiente a controbilanciare tutte le restanti carenze dell’unione monetaria, o a impedirle di essere distrutta da una delle sue potenze economiche.
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Il vero pericolo per la Francia e l’Ue è la politica fiscale
Se i mercati non sono crollati come si pensava all’indomani del primo turno elettorale in Francia - con il partito di Le Pen meno vincente delle attese - questo non significa che le turbolenze siano finite.
A dare un assaggio di cosa davvero sia preoccupante all’orizzonte è stato Luis de Guindos, vicepresidente della Bce. Il funzionario dell’Eurotower ha dichiarato ad Annette Weisbach della CNBC che i movimenti del mercato obbligazionario francese del mese scorso non hanno costituito un motivo di agitazione tale da richiedere un intervento della banca centrale.
“Il motivo per cui, sapete, i mercati sarebbero sconvolti... per qualsiasi governo, non solo per la Francia, è che la politica fiscale non si adatti al nuovo quadro fiscale [della BCE]...Quindi penso che il fattore chiave qui sarà rispettare pienamente il quadro fiscale concordato all’inizio di quest’anno,” ha spiegato de Guindos.
Anche sotto l’attuale governo centrista favorevole alle imprese guidato dal Primo Ministro Gabriel Attal, alleato di Macron, la Commissione a giugno ha emesso un ammonimento alla Francia e ad altri sei Paesi per i loro elevati deficit di bilancio. Il rapporto debito/PIL della Francia era del 110% l’anno scorso.
Secondo Jane Foley, stratega valutaria di Rabobank, la prospettiva di un parlamento in stallo dopo le elezioni francesi di domenica non dovrebbe rallegrare gli investitori, poiché significherebbe proprio un blocco del bilancio. “Un parlamento in stallo significa che non sarà in grado di fare molti progressi aggiuntivi nel ridurre il suo deficit di bilancio, il che significa che è in linea per ulteriori difficoltà con Bruxelles”, ha sottolineato.
Con quali conseguenze? Lo stratega ha messo in guardia: il mercato per molti aspetti è stato finora, fino a poco tempo fa, molto compiacente sulle questioni di bilancio relative a Francia, Italia e altri Paesi. Mentre ci avviciniamo alla fine dell’anno, il mercato non può essere così compiacente al riguardo, ha avvertito.
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