Occorre negoziare un meccanismo di copertura intraeuropeo: il peso delle ritorsioni deve ricadere sui Paesi che hanno determinato il conflitto commerciale.
Quando ci sono scontri sul commercio internazionale, l’Italia fa sempre la parte del vaso di coccio, per il solo fatto di essere un Paese membro della Unione europea: è già successo in passato quando, pur non facendo parte del Consorzio Airbus, che vede alleate in campo aeronautico le industrie francesi e tedesche, anche le nostre esportazioni in campo alimentare verso gli Usa furono colpite con un pesante aumento dei dazi.
Il governo americano, sostenendo le ragioni della Boeing che a suo modo di vedere era stata penalizzata degli aiuti di Stato che Francia e Germania avevano concesso ad Airbus alterando la concorrenza, colpì duramente anche l’Italia per il solo fatto di appartenere all’Unione europea, nei cui confronti esiste un unico sistema di scambi internazionali e di dazi, che spettano come competenza esclusiva a Bruxelles.
Si sta ripetendo ora lo stesso copione con la Cina per quanto riguarda le ritorsioni che Pechino sta mettendo in campo per contrastare i dazi imposti dall’Unione europea nei confronti delle auto elettriche prodotte in Cina, a causa dei sostegni pubblici illegali di cui avrebbero beneficiato per anni i suoi produttori e che ora consentono di sbaragliare la concorrenza dei marchi europei ed americani. [...]
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