L’offensiva in Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali hanno accelerato l’avvicinamento di Mosca verso l’Asia.
La guerra in Ucraina, le tensioni con Unione europea e Stati Uniti, le sanzioni economiche del blocco occidentale. Queste sono soltanto alcune delle cause che hanno spinto la Russia a riorganizzare il proprio raggio d’azione lontano dall’Occidente. Impossibilitata a fare affari con i governi dell’Ue, un tempo ricchi clienti ai quali vendere gas e petrolio, Mosca è stata costretta a volgere lo sguardo altrove: in primis verso l’Oriente, e cioè in Asia, nel continente considerato motore economico del mondo.
Luci e ombre per il Cremlino, inseritosi sì in un palcoscenico dinamico, ricco di Paesi in via di sviluppo (vedi i membri dell’Asean) e appannaggio della seconda economia mondiale, quella del partner cinese, ma al contempo competitivo – resta infatti da capire quanto la Cina avrà voglia di “sopportare” nel proprio cortile di casa un amico potenzialmente ingombrante - e regolato da fragilissimi equilibri.
In ogni caso, se Vladimir Putin saprà decifrare il contesto, allora c’è da credere che la Federazione Russa potrà in qualche modo dimenticare di essere parzialmente occidentale, scoprendo di essere solo ed esclusivamente asiatica. In realtà già nel 2014, a seguito della prima ondata di sanzioni occidentali in risposta all’annessione della Crimea, Putin avviò il suo personalissimo Pivot to East (povorot na vostok). [...]
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