Lo stress è il principale fattore che spinge molti lavoratori elvetici a sognare una nuova occupazione.
Con una disoccupazione che continua a scendere (l’ultimo dato ufficiale parla dell’1,9%), la Svizzera consolida il suo ruolo di «terra promessa» per coloro che sono in cerca di un lavoro stabile e ben remunerato. Eppure, nonostante questa premessa, anche nella Confederazione non mancano i problemi connessi all’occupazione, tanto che invece di cercare un lavoro, gli svizzeri sembrano più interessati a lasciarlo. O meglio, a cambiarlo.
Questo è quanto emerge dal «Barometro delle condizioni di lavoro 2022» pubblicato da Travail Suisse, in collaborazione con l’Università di Berna. Secondo i dati raccolti, infatti, sarebbero oltre mezzo milione i cittadini svizzeri che desiderano cambiare lavoro. Il motivo? Lo stress.
Troppo lavoro
Se da un lato infatti, il timore di restare senza un lavoro affligge soltanto l’11,2% dei dipendenti - dato in calo rispetto allo scorso anno -, a controbilanciare questa nota è l’eccessiva pressione rilevata sul luogo di lavoro. Lo stress, infatti, negli ultimi anni è divenuto il problema più rilevante per chi lavora in Svizzera. Questo perché gran parte delle aziende, non trovando risorse qualificate da inserire nel proprio organico, si vedono costrette a chiedere di più ai propri collaboratori, anche in orari extra lavorativi.
Lo studio calcola infatti che per due terzi dei dipendenti, lavorare saltuariamente durante il tempo libero è diventato necessario per far fronte alle esigenze lavorative. Da qui il desiderio di cercare un nuovo lavoro.
Problema politico
Secondo Adrian Wüthrich, presidente di Travail Suisse, la situazione ha raggiunto soglie preoccupanti e necessita di essere affrontata a un livello istituzionale.
«Se più di mezzo milione di dipendenti desidera cambiare lavoro a causa dello stress, significa che il problema sta assumendo dimensioni preoccupanti. È opportuno che le autorità ne prendano atto, attribuendo alla situazione una priorità politica».
Il lavoro frontaliero
A osservare questa situazione, si comprende bene come l’apporto fornito alla Svizzera da parte dei lavoratori frontalieri - francesi, italiani e tedeschi - sia quanto mai fondamentale per l’economia del Paese. Dopo i francesi, in tutto 208mila, infatti, sono gli italiani i lavoratori più numerosi. Degli 89.742 connazionali assunti con il Permesso G, ben 77.732 sono coloro che ogni giorno si recano in Ticino. A spingerli oltre frontiera sono le ampie opportunità professionali offerte dal Cantone, ma anche gli stipendi medi decisamente allettanti, seppure inferiori del 20% rispetto ai colleghi pari-ruolo svizzeri.
Ad esempio, nel settore privato, la media salariale dei lavoratori residenti in Svizzera è di 5.740 franchi, mentre quella dei frontalieri è di 4.582 franchi al cambio attuale corrispondenti a circa la stesso importo in euro. Un gap non da poco, per uno stipendio netto che comunque rimane ben più alto di quello percepito in Italia.
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