Legge 3/2012 salva suicidi, testo: cos’è e come funziona? Guida pratica per salvarsi dai debiti

Anna Maria D’Andrea

20 Novembre 2018 - 16:25

La legge 3 del 2012, anche nota come legge salva suicidi o sul sovraindebitamento, consente ai contribuenti di ridurre i propri debiti in caso di difficoltà economiche. Nel testo tutte le regole su cos’è e come funziona.

Legge 3/2012 salva suicidi, testo: cos’è e come funziona? Guida pratica per salvarsi dai debiti

La legge 3 del 2012, meglio nota come legge salva suicidi per i contribuenti in crisi da sovraindebitamento è attualmente una delle misure più valide per aiutare i contribuenti in difficoltà economica.

In un periodo in cui si fa un gran parlare di condono, rottamazione delle cartelle o pace fiscale, impariamo a conoscere cosa prevede la legge n. 3 del 2012 sul sovraindebitamento analizzandone il testo.

Non sono pochi i privati cittadini che, a causa di eventi eccezionali e di particolari situazioni di crisi economica, non riescono più a pagare i propri debiti e si chiedono se esiste una via d’uscita.

La legge salva suicidi è stata pensata proprio per rispondere a queste situazioni di reale difficoltà economica, o meglio sarebbe dire di sovraindebitamento.

In questi casi ci si chiede quali sono le regole per poter ricorrere alla legge 3/2012 e, pertanto, è bene conoscere cosa prevede il testo della legge, come funziona, chi può beneficiarne e quali le condizioni per poter ridurre l’importo del proprio debito.

Di seguito la guida completa alle procedure previste dalla legge n. 3 del 2012.

Cosa prevede la Legge n. 3 del 2012

Per crisi di sovraindebitamento si intendono le situazioni di squilibrio tra obblighi assunti verso i creditori e l’incapacità del debitore di farvi fronte sulla base delle proprie reali disponibilità economiche e patrimoniali.

Le regole previste dal testo della legge 3/2012 permettono ai privati cittadini di stipulare accordi con i creditori per il pagamento dei debiti insoluti. Il piano previsto dalla legge salva suicidi non si traduce in una cancellazione del debito, questa la prima precisazione.

Quello che la legge sul sovraindebitamento ha voluto inserire è la possibilità, per i privati cittadini, di pagare i debiti sulla base delle proprie reali disponibilità. Come funziona la legge 3/2012 salva suicidi e, soprattutto, quali sono le modalità per accedervi e per richiedere un piano personalizzato di pagamento del debito? Il testo della legge chiarisce ogni dubbio.

La crisi ha messo in ginocchio chiunque, e sempre più spesso far fronte ai debiti contratti diventa praticamente impossibile.

Non sempre è possibile dunque pagare i propri debiti verso banche o Equitalia e, nonostante le recenti novità che hanno previsto la possibilità di rottamazione delle cartelle e l’ormai imminente pace fiscale non tutti i cittadini riescono ad assolvere agli obblighi previsti e a rispettare le strette scadenze.

Come funziona e quali le regole per accedere alle disposizioni previste della legge 3/2012? Per cercare di chiarire cosa prevede e cos’è, ecco una guida pratica alla legge salva suicidi, cosa prevede il testo di legge e le regole per i privati cittadini.

Legge 3/2012 salva suicidi, testo: cos’è e come funziona? Guida pratica per salvarsi dai debiti

Il testo della legge 3/2012 sul sovraindebitamento prevede la possibilità per i cittadini che non riescono più a pagare i propri debiti di stipulare un piano di pagamento verso i creditori ricorrendo ad un tribunale e ad esperti.

L’articolo 7, capo II della legge 3/2012 recita:

Il debitore in stato di sovraindebitamento puo’ proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo stesso, compreso l’integrale pagamento dei titolari di crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato, anche parzialmente, salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 4. Il piano prevede le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.

In sostanza, la legge salva suicidi è la possibilità per i privati cittadini, ovvero artigiani, agricoltori, commercianti di rivolgersi al tribunale a seguito di una crisi da sovraindebitamento. In caso di situazione di effettiva difficoltà economica e a seguito degli accertamenti di giudice ed esperto contabile, il privato cittadini potrà accedere ad un piano di rientro creditizio commisurato a debiti ed averi del debitore.

I creditori, dall’altra parte, non riceveranno l’intera somma cui hanno diritto, ma solo la parte che realisticamente il debitore può permettersi di pagare. Condizione perché il piano di rientro venga avviato è che esso venga accettato da almeno il 60% dei creditori.

Tra i creditori si possono annoverare anche le banche: se, a titolo esemplificativo, un privato ha contratto un mutuo di 100mila euro che non riesce più a pagare a causa di un’effettiva difficoltà economica, egli può proporre all’istituto una riduzione della somma. Molto spesso alla banca, a causa della crisi che affligge il settore immobiliare, converrà infatti raggiungere un accordo con il cittadino che vendere l’immobile all’asta.

Lo stesso discorso vale per Equitalia che non potendo effettuare un pignoramento sulla prima casa riuscirebbe a rientrare in possesso di una parte della somma. Per quanto riguarda i fornitori la legge salva-suicidi prevede delle agevolazioni fiscali dovute al fatto che essi percepiscono delle cifre inferiori rispetto a quelle pattuite precedentemente. Insomma, da un lato il cittadino potrà ripagare i propri debiti in base a quanto realisticamente può permettersi, dall’altro i creditori riusciranno a recuperare parte dei propri soldi.

Quali sono le regole e le condizioni per i debitori che decidono di ricorrere alla legge salva suicidi, 3/2012? Di seguito il testo della legge 3/2012 da scaricare e una sintesi di cosa prevede la normativa sul sovraindebitamento e le disposizioni da rispettare.

Legge 3/2012 - sovraindebitamento
Scarica il testo della legge 3/2012 sul sovraindebitamento attualmente in vigore

Legge 3/2012 salva suicidi: testo, regole e disposizioni

Per risolvere crisi da sovraindebitamento ricorrendo alla legge salva suicidi 3/2012 è opportuno specificare cosa prevede nel dettaglio la normativa di riferimento, ovvero il testo di legge.

Le disposizioni delle legge salva suicidi si rivolgono ai soggetti non fallibili, ovvero privati che non svolgono attività professionale o imprenditoriale (o che, pur svolgendole, hanno contratto debiti per motivi estranei ad esse) e ad enti e imprese che non svolgono attività commerciale e che quindi sono escluse dalla possibilità di ricorrere alla Legge Fallimentare.

Esclusi dal piano di rientro e il pagamento del debito in base alla propria concreta disponibilità i soggetti sottoposti a procedure concorsuali, coloro che hanno usufruito della legge negli ultimi 5 anni o che, pur ammessi ai benefici, ne sono decaduti per insolvenza e coloro che non hanno prodotto la documentazione utile a quantificare il debito e a ricostruire la propria situazione patrimoniale ed economica.

In caso di crisi da sovraindebitamento, il privato dovrà consegnare al tribunale e al commercialista chiamato a quantificare debito e beni a disposizione, tutta la documentazione necessaria per stabilire tempi e modalità di pagamento del debito. Per la redazione del piano di rientro il debitore dovrà mettere a disposizione i propri beni e patrimonio e, mediante accordo con i creditori, stabilire tempi e misura del pagamento.

Nel testo della legge salva suicidi 3/2012 si leggono tre diverse modalità di assolvimento dei propri doveri nei confronti dei creditori, ovvero:

  • piano del consumatore: è il debitore, ovvero il privato cittadino, a proporre un piano di pagamento rateizzato dell’importo dovuto ai creditori; la proposta dovrà essere approvata dal Giudice;
  • accordo del debitore: enti e imprese non fallibili presentano il proprio piano di pagamento che dovrà essere accettato dal 60% dei creditori e approvato dal Giudice;
  • liquidazione del patrimonio: il debitore cede il proprio patrimonio per il pagamento del debito, nella misura delle proprie reali disponibilità. I beni esclusi dalla cessione al creditore sono quelli non pignorabili, i crediti necessari per alimentazione e mantenimento, e quelli derivati da stipendio nella misura di quanto necessario per il mantenimento della famiglia.


Vediamo le tre diverse opzioni per salvarsi dai debiti nei confronti del Fisco e dei creditori.

Legge 3/2012: il piano del consumatore

Il piano del consumatore può essere utilizzato da una persona fisica (esclusi dunque professionisti, associazioni, start up innovative, imprenditori agricoli e piccoli commercianti) che non riesce a ripagare i propri debiti o che si trova in una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile”.

Condizione per accedere al piano è che il debito non provenga da un’attività professionale o imprenditoriale. Il cittadino deve inoltre essere «meritevole». Ciò vuol dire che non deve aver utilizzato un credito sproporzionato rispetto al suo patrimonio.

Tramite il proprio avvocato, il consumatore dovrà presentare al Tribunale il proprio piano. I Giudici provvederanno quindi a nominare un organismo di composizione della crisi che avrà l’incarico di verificare che il cittadino abbia detto il vero sulla propria situazione patrimoniale e di dare un parere sull’applicabilità del piano di rientro proposto.

Il debitore avrà inoltre la possibilità di “mettere sul piatto” eventuali crediti futuri, come per esempio il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Il Tribunale, sentito il parere dell’organismo, deciderà il da farsi senza chiedere il consenso dei creditori.

Questi ultimi hanno però la possibilità di essere ascoltati e presentare le loro contestazioni. Nel caso in cui i Giudici dessero il loro assenso, il privato potrà ripagare parzialmente i propri debiti e non dovrà liquidare il proprio patrimonio per intero.

Nel caso in cui quest’ultimo non rispettasse le condizioni del piano, la procedura si trasformerà automaticamente in quella di liquidazione del patrimonio.

Legge 3/2012: accordo di ristrutturazione dei debiti

L’accordo di ristrutturazione dei debiti può essere utilizzato sia dai privati cittadini che da professionisti, associazioni, start up innovative, imprenditori agricoli e piccoli commercianti. Anche in questo caso, tramite un avvocato, ci si dovrà rivolgere al Tribunale che avrà il compito di approvare e valutare la richiesta.

La condizione è che il giro d’affari non superi le soglie di legge per essere soggetti a fallimento, il che vuol dire che nei tre anni precedenti:
- l’attivo patrimoniale deve essere inferiore ai 300.000 euro,
- i ricavi lordi devono assestarsi sotto i 200.000 euro per ogni esercizio,
- i debiti devono essere inferiori a 500.000 euro.


A differenza del piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione del debito necessita dell’assenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti.
Non c’è però il requisito di meritevolezza.

Liquidazione del patrimonio

Oltre alle due procedure sopra descritte, privati, professionisti e piccoli imprenditori in situazioni di insolvenza conclamata possono accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio. Quest’ultima prevede che il debitore metta a disposizione tutti i propri beni e tutti i propri crediti, eccetto quelli necessari per mantenere la famiglia.

Liquidando il proprio patrimonio, verranno cancellati i debiti che il cittadino non è in grado di ripagare.

Rispetto al piano del consumatore e all’accordo di ristrutturazione, quest’ultima è la soluzione meno conveniente.

Legge 3/2012 salva suicidi: il piano di rientro

Per stipulare il piano di rientro che stabilisce la misura e i tempi per il pagamento del debito ai creditori il privato cittadino dovrà rivolgersi, oltre che al tribunale, ad un commercialista ed esperto contabile per la quantificazione del proprio patrimonio e dei propri beni.

C’è da specificare che all’art. 15 della legge 3/2012 è stata prevista l’istituzione in ogni tribunale di un organismo di composizione della crisi, l’O.C.C, chiamato proprio a deliberare sulle singole situazioni dei contribuenti e a redigere e valutare il piano di rientro. Si tratta di organismi con competenze professionali necessarie a redigere la proposta di risoluzione della crisi da sovraindebitamento ma, ancora oggi, non risultano costituiti O.C.C. in tutti i tribunali. Nei casi in cui il privato non possa avvalersi del consulto dell’O.C.C. nel tribunale di propria residenza, verrà nominato un professionista, ovvero commercialista, notaio o avvocato.

Il compito del professionista o dell’O.C.C. sarà non soltanto quello di quantificare il patrimonio del debitore e i beni posseduti, ma anche di analizzare i perché della crisi da sovraindebitamento. Unitariamente alla presentazione del piano di rientro il debitore dovrà indicare anche tutte le somme dovute, i beni e gli atti a disposizione negli ultimi 5 anni, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni e le spese necessarie per il sostentamento della propria famiglia.

Alle analisi preliminari seguirà la proposta di rientro: il piano dovrà essere presentato al giudice che, con decreto, dovrà fissare la data dell’udienza entro 60 giorni dalla presentazione del piano di rientro. I creditori in caso di accordo del debitore, dovranno accettare il piano di pagamento entro 10 giorni.

Il 28 gennaio 2015 è entrato in vigore il procedimento di esdebitazione. Per maggiori informazioni leggere: Legge 3/2012: entra in vigore il procedimento di esdebitazione: come funziona e chi può accedere

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