Licenziamento per matrimonio, è legittimo?

Claudio Garau

08/09/2023

Il matrimonio della dipendente è un evento tutelato dalla legge, con regole ad hoc. Al datore di lavoro è vietato licenziare a causa delle nozze, oppure ci sono delle eccezioni?

Licenziamento per matrimonio, è legittimo?

Il licenziamento, detto anche in gergo ’recesso unilaterale del datore di lavoro’, è quell’atto giuridico con cui l’azienda mette fine ad un rapporto di lavoro in essere. Si contrappone al recesso unilaterale del dipendente, che prende il nome di dimissioni.

Ogni datore di lavoro deve prestare particolare attenzione ai limiti e ai divieti che rendono nullo un licenziamento. Tra questi ultimi, c’è quello relativo alle donne che si sposano e, conseguentemente, conservano una speciale protezione che impedisce di essere allontanate dal luogo di lavoro.

Da notare che pur essendo previsto in un testo di legge di una certa notorietà, il divieto di licenziamento per matrimonio è tra i meno conosciuti sia dai dipendenti che dai datori di lavoro. Per questo nel corso di questo articolo ce ne occuperemo, indicando quale tutela il legislatore ha previsto per la donna lavoratrice che si sposa: come funziona il divieto di licenziamento per matrimonio? Che valore ha una clausola del contratto che contenga la previsione del recesso datoriale in caso di nozze? A queste domande daremo risposta più avanti, cogliendo l’occasione per fare luce su alcune norme di legge che proteggono non poche lavoratrici. I dettagli.

Divieto di licenziamento della dipendente per matrimonio: cosa dice la legge?

La fonte di riferimento, in materia di divieto di licenziamento della lavoratrice che si sposa è il Codice per le pari opportunità tra uomo e donna del 2006, un testo che all’art. 35 utilizza termini molto chiari e precisi per definire la tutela in oggetto:

1. Le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte.

2. Del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio.

3. Salvo quanto previsto dal comma 5, si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio.

La legge indica che il periodo di presunzione va dal giorno delle pubblicazioni fino a un anno dalla celebrazione, stabilendo un arco di tempo ben preciso in cui il datore di lavoro non può licenziare la lavoratrice - salvo quanto tra poco diremo in merito alle eccezioni di cui al comma 5 dell’art. 35 del Codice delle pari opportunità. E - lo ribadiamo - sono nulle tutte le clausole contrattuali che, a qualunque titolo, comportino lo stop del rapporto di lavoro delle lavoratrici a causa di matrimonio. Così, in ipotesi di loro previsione, anche se distrattamente accettate dalla lavoratrice in difficoltà, dovranno considerarsi come non apposte al contratto di lavoro.

Questo divieto di licenziamento non costituisce una novità relativamente recente. Infatti il citato testo rappresenta l’evoluzione di quanto già previsto nella legge n. 7 del 1963, in tema di divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e con modifiche alla legge n. 860 del 1950, intitolata «Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri».

La finalità della tutela e le dipendenti interessate

Insieme al divieto di licenziamento per maternità, il legislatore ha così disposto il divieto di licenziare una lavoratrice che voglia sposarsi o che ha celebrato da poco il matrimonio. In comune i due divieti hanno lo scopo di assicurare il posto di lavoro alle dipendenti e - nel caso che qui interessa - la legge protegge specificamente chi voglia organizzare le nozze, costituire un nucleo familiare a tutti gli effetti, sostenere la gravidanza e diventare madre.

In altre parole, grazie al divieto di licenziamento per matrimonio, le donne che lavorano sono al riparo da rischi di allontanamenti decisi dal capo, soltanto perché si è costretti a stipendiare chi potrebbe in futuro non essere sul posto di lavoro per accudire la prole.

Al citato art. 35 si prevede altresì che detta tutela operi nei confronti delle lavoratrici dipendenti da imprese private di ogni genere, escluse quelle addette ai servizi familiari e domestici, e alle dipendenti da enti pubblici - salve le clausole di miglior favore disposte per le lavoratrici nei contratti collettivi ed individuali di lavoro e nelle disposizioni legislative e regolamentari.

Divieto operativo anche se il datore non è informato

L’azienda o datore di lavoro deve tener presente anche questo: il citato divieto si applica in maniera oggettiva, vale a dire al di là del fatto che l’azienda sappia o meno che la dipendente si è sposata o che ha già compiuto le pubblicazioni di matrimonio.

Pertanto, anche se ’in buona fede’, l’azienda che - ignorando le nozze - dovesse licenziare la lavoratrice, sarebbe comunque esposta alle conseguenze di un licenziamento nullo, con diritto alla reintegra della lavoratrice e versamento di tutte gli stipendi - dal recesso all’effettiva ripresa in servizio.

Le tre eccezioni al divieto

Sopra abbiamo visto che in Italia le norme del diritto del lavoro stabiliscono da un lato il citato divieto e, dall’altro, una presunzione di nullità. Questo vuol dire che in realtà detto divieto non è assoluto ma ha dei limiti, delineati dal citato art. 35 del Codice delle pari opportunità, al comma 5.

In buona sostanza, l’azienda può evitare rischi di contestazione di un licenziamento illegittimo, provando che il licenziamento non è prodotto dal matrimonio, ma da altri motivi. Ciò sarà essenziale in una eventuale causa in tribunale. Quali sono i citati limiti o eccezioni al divieto di recesso unilaterale del datore causa nozze? Eccoli di seguito:

  • colpa grave da parte della dipendente, che rappresenta giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro, venendo meno il legame di fiducia in modo irreparabile;
  • cessazione dell’attività dell’azienda in cui la dipendente è stata assunta;
  • completamento della prestazione per la quale la dipendente è stata assunta o risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.

Se il datore prova di aver licenziato la dipendente per una di queste cause, e non a causa di matrimonio, non rischierà di incappare in un licenziamento nullo - con tutte le conseguenze del caso.

Che succede in caso di licenziamento nullo?

Lo abbiamo accennato in precedenza, ma giova ribadirlo: se la lavoratrice ritiene di essere stata licenziata illegittimamente a causa di matrimonio, potrà rivolgersi al giudice del lavoro per veder dichiarata la nullità del licenziamento nei suoi confronti. Le conseguenze saranno a lei assai favorevoli perché potrà contare su queste tutele:

  • reintegra sul posto di lavoro;
  • pagamento di tutte le retribuzioni dalla data del licenziamento fino all’effettiva ripresa in servizio. Il Codice delle pari opportunità del 2006 stabilisce infatti che, con il provvedimento che dichiara la nullità dei licenziamenti per causa di matrimonio è prevista la corresponsione, a favore
    della lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio.

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