Le chiacchiere e dicerie sul posto di lavoro non sono affatto infrequenti, ma per gli autori possono esservi conseguenze sul piano disciplinare. Si può rischiare il licenziamento per giusta causa?
Tutti abbiamo già sentito parlare dei cosiddetti pettegolezzi, ovvero quelle chiacchiere inopportune e indiscrete, mirate a screditare qualcuno che non è di particolare gradimento. Spesso si tratta di semplici commenti fatti in privato insieme a poche persone, ma i pettegolezzi sono caratterizzati da un potenziale notevole per quanto riguarda i possibili squilibri che sono in grado di creare.
Consistono in messaggi con i quali ci si passa informazioni, che però frequentemente non hanno una base di verità: di solito il pettegolezzo vuole solo mettere in cattiva luce qualcuno, ad es. un collega d’ufficio. Ed è proprio nell’ambiente di lavoro che il pettegolezzo può rivelarsi un’arma molto pericolosa perché i suoi contenuti sono in grado di circolare velocemente, durante una chiacchierata in corridoio o in una pausa caffè alla macchinetta.
Il più delle volte il pettegolezzo non si fonda su prove, ma diventa sempre più credibile a mano a mano che crescono le persone che lo condividono. Il problema è che se il pettegolezzo trova il suo terreno nell’ambiente di lavoro, i danni per il lavoratore oggetto di chiacchiere possono essere nient’affatto lievi. E a rimetterci potrebbe essere lo stesso datore di lavoro.
Di seguito ci soffermeremo allora sui casi di pettegolezzo tra lavoratori, per rispondere alla seguente domanda: chiacchierare su una persona e diffondere notizie anche non vere sul suo conto per denigrarla a lavoro, può condurre al licenziamento per giusta causa? Scopriamolo insieme.
Pettegolezzi sul lavoro: alcuni casi molto frequenti
Ti potresti subito domandare quali sono gli argomenti su cui a lavoro i colleghi tendono a spettegolare di più. Ebbene, la risposta è molto ampia perché tiene conto di tante possibili varianti: in ufficio sono tantissimi i possibili temi, come ad es. la situazione retributiva di qualcuno, quanto guadagna, se ha avuto promozioni, favoritismi o raccomandazioni. Molto gettonate sono anche le chiacchiere sulle capacità e le performance professionali di un collega e sulle sue caratteristiche relazionali, sui suoi comportamenti e il suo carattere - specialmente se si tratta di un neo assunto.
Ma ovviamente non è finita qui. Le chiacchiere possono spingersi oltre e andare a toccare anche l’aspetto fisico: non sono pochi i lavoratori che, annoiati durante una pausa a lavoro, non trovano argomenti di conversazione migliori del pettegolezzo sulla corporatura di qualcuno, sul suo taglio di capelli o sul suo modo di vestire.
Non mancano poi i pettegolezzi che ricordano il gossip da rivista e che, dunque, riguardano relazioni tra colleghi, tradimenti, provvedimenti sanzionatori verso qualcuno, figuracce in ufficio e quant’altro. Potrà risultare biasimevole quanto si vuole, ma in ufficio anche lo stato di salute è in grado di diventare bersaglio di chiacchiere e commenti di ogni tipo. Pensiamo anche soltanto a tutto ciò che ha generato la pandemia: il riferimento va alle fake news, ma anche alle differenti posizioni sui vaccini, biasimate da entrambe le parti.
Ma al termine di questa sintetica carrellata dei tipici pettegolezzi da ufficio, non possiamo dimenticare che lo smart working non è, di per sé, in grado di salvare dalla chiacchiera. Tutt’altro. Il pettegolezzo via web ha un potenziale ancora più pericoloso, perché in grado di produrre un effetto “a cascata” ai danni della vittima. La condivisione su internet delle informazioni è infatti velocissima. E d’altronde vero è che, in tutti questi casi citati, la persona “chiacchierata” è assente e dunque non può rispondere o difendersi.
I pettegolezzi nel rapporto di lavoro sono consentiti?
In linea generale, svolgere il proprio lavoro in ufficio o in qualsiasi altro luogo significa dover rispettare quanto indicato nel contratto con il datore e il regolamento aziendale. Alla base vi deve essere sempre un rapporto di fiducia che rende possibile non soltanto l’inizio dell’esperienza di lavoro, ma anche la sua prosecuzione nel corso del tempo.
Ecco perché, come dice la legge, il lavoratore deve sempre comportarsi con correttezza e buona fede nell’ambito dello svolgimento delle mansioni assegnate. In altre parole, egli deve o dovrebbe sempre evitare comportamenti dannosi per il rapporto fiduciario con l’azienda.
Quanto appena detto non sempre si rivela compatibile con il pettegolezzo. Finché la chiacchiera risulta tutto sommato bonaria e senza alcun potenziale lesivo per il bersaglio, gli autori del pettegolezzo non rischiano praticamente nulla - e ciò specialmente se la cosa resta circoscritta tra poche persone.
Ma il punto è che, talvolta, il pettegolezzo può portare a conseguenze molto negative per chi ne è vittima. Pensiamo ad es. ai casi in cui la chiacchiera dà luogo a una grave violazione della privacy di uno o più lavoratori, o ai casi in cui il pettegolezzo genera un allarme o un vero e proprio pericolo in azienda, ma pensiamo anche alle circostanze in cui la chiacchiera è così cattiva e pungente da produrre un danno alla salute psicofisica di un collega.
Ebbene, in ipotesi come queste, escludere a priori conseguenze anche per chi si rende autore di commenti poco edificanti verso qualcuno, sarebbe sbagliato. Anzi il pettegolezzo nei casi appena citati assume i contorni di un vero e proprio illecito punito dalla legge (es. diffamazione ai danni di un terzo assente). Ci sono insomma tutti gli estremi per tutelarsi dal punto di vista giudiziario.
I rischi per l’autore del pettegolezzo sul posto di lavoro
Abbiamo appena detto che spettegolare talvolta implica una sorta di effetto “boomerang” per chi fa critiche inopportune, sgradevoli e non di rado infondate su un collega. Ma è altrettanto vero che non si può dire, in linea generale, che fare pettegolezzi sul lavoro legittima il licenziamento disciplinare del dipendente.
D’altronde si tratta di situazioni pratiche e occorre di volta in volta determinare gli effetti lesivi di questa o quella chiacchiera ai danni di qualcuno. In altre parole, per capire se vi sono gli estremi per il licenziamento, occorre stabilire se le concrete modalità del pettegolezzo sono state così gravi, da far venir meno la fiducia dell’azienda verso il lavoratore che ha fatto circolare i pettegolezzi.
Saranno gli accertamenti del datore di lavoro a stabilirlo e, in caso di controversia con il lavoratore, spetterà al giudice fare luce su come sono andate realmente le cose. In ogni caso, la legge indica che il licenziamento per giusta causa è legittimo quando il dipendente ha tenuto un comportamento così grave e inopportuno, da erodere integralmente la fiducia in lui riposta dall’azienda fin dalla firma del contratto. Mancando la fiducia, il rapporto di fiducia perde le basi per proseguire - giustificandosi così il licenziamento e il recesso del datore di lavoro.
Pettegolezzi e mobbing: un caso emblematico in cui si rischia concretamente il posto
Attenzione anche e soprattutto ai quei casi in cui i pettegolezzi costituiscono gli atti concreti di una linea tesa a mobbizzare un collega e dunque a escluderlo ed emarginarlo progressivamente. Ebbene, il mobbing si concretizza in una serie di gesti e atti ripetuti nel tempo e mirati appunto a creare una situazione di stress psicologico, di ansia e talvolta di vera e propria angoscia. Per questa via l’autore del mobbing intende spingere la vittima a lasciare il posto di lavoro. Le motivazioni per quanto discutibili, possono essere le più svariate: antipatia, incompatibilità caratteriale, vendetta, concorrenza, ecc.
Proprio il mobbing trova terreno fertile nei pettegolezzi. Ecco allora che, in circostanze come queste, il pettegolezzo non appare come una diceria praticamente innocua e destinata a essere di breve durata, ma piuttosto integra un comportamento molto grave del responsabile. Di mezzo infatti c’è lo stato di salute psicofisica del lavoratore vittima, tanto che anche l’azienda può patirne le conseguenze. Proprio così: non dobbiamo dimenticare che il datore di lavoro per legge deve tutelare la salute dei dipendenti e, perciò, anche l’azienda potrebbe essere chiamata a rispondere in chiave risarcitoria.
In altre parole, il lavoratore bersaglio di pettegolezzi e mobbing potrebbe decidere di fare causa al datore di lavoro per chiedere il risarcimento per i danni alla salute psicofisica. In circostanze come queste, l’azienda potrebbe a sua volta tutelarsi con un procedimento disciplinare, che avrebbe come esito il licenziamento per giusta causa degli autori del mobbing. D’altronde il lavoratore ha prodotto un danno all’azienda, compromettendo la fiducia nei suoi confronti.
Ecco perché risulta sempre preferibile attenersi a quanto previsto dal regolamento aziendale: così facendo saranno evitati pettegolezzi, ma soprattutto le possibili conseguenze lesive non solo per la vittima delle chiacchiere, ma anche per l’autore o gli autori delle stesse.
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