Nonostante le rassicurazioni di Matteo Salvini, è forte il timore di misure aggiuntive per sistemare il bilancio: oltre che di una manovra correttiva, si parla di tagli agli sgravi tra cui anche gli 80 euro del Bonus Renzi.
Anche se è stata appena chiusa, non senza difficoltà, la partita in merito alla legge di Bilancio 2019, è quella relativa al 2020 che dovrà essere scritta in autunno a non far dormire sonni tranquilli al governo Lega-Movimento 5 Stelle.
Oltre alla recessione tecnica tutte le stime di crescita in questo 2019 vedono in sofferenza l’Italia, rendendo così difficile che possano essere rispettati i due parametri indicati dalla maggioranza carioca: deficit al 2,04% e Pil all’1%.
Il governo quindi a breve potrebbe trovarsi di fronte a seri problemi di bilancio: oltre ai 2 miliardi già accantonati, non è da escludere che in estate possa essere imbastita una manovra correttiva anche se Matteo Salvini ha smentito questa ipotesi.
In autunno però ci saranno i 23 miliardi da trovare per disinnescare le clausole di salvaguardia, con i gialloverdi che starebbero pensando a dare una sforbiciata alla giungla degli sgravi fiscali, compresi gli 80 euro del Bonus Renzi, per fare cassa oltre all’immancabile spending review.
I conti che non tornano: verso una manovra correttiva?
Nonostante siano stati abbassati rispetto a quanto era stato messo nero su bianco inizialmente, riuscendo così a evitare la procedura d’infrazione da parte dell’Europa, i parametri del deficit e del Pil inseriti nella legge di Bilancio sono molto impegnativi per l’Italia.
Per mantenere nel 2019 un deficit al 2,04%, il nostro paese dovrà far registrare un +1% per quanto riguarda il Pil. Una soglia che al momento sembrerebbe essere molto difficile da raggiungere, l’Europa stima un +0,2%, anche se il governo spera nei benefici del Reddito di Cittadinanza e della Quota 100.
Se il Pil italiano quest’anno dovesse crescere in maniera inferiore a quanto previsto, si verrà a creare di conseguenza un maggiore deficit che in qualche modo dovrà essere ripianato. Non a caso sono stati già accantonati 2 miliardi, frutto di tagli ai ministeri, che in pratica sono già certi di dover essere usati.
Ma se questo tesoretto non dovesse bastare? Ci sarà una manovra correttiva, visto che a quel punto potrebbe avverarsi quello che è stato già ipotizzato nella lettera recapitata dal ministro Giovanni Tria all’Europa durante il braccio di ferro sulla manovra gialloverde.
“Qualora i rapporti tra debito/Pil e deficit/Pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato - si legge nella lettera di Tria - il Governo si impegna a intervenire adottando tutte le misure necessarie affinché gli obiettivi indicati siano rigorosamente rispettati”.
Mentre il suo potentissimo braccio destro Giancarlo Giorgetti non ha escluso questa ipotesi, Matteo Salvini ha subito ribadito che “non ci sarà la manovra correttiva e non ci saranno nuove tasse aggiuntive, tasse sui conti correnti, sui risparmi degli italiani o sulla casa”.
Fermo restando che tutte le decisioni saranno rimandate a dopo il 26 maggio, data in cui si voterà per le elezioni europee e per il primo turno delle amministrative, resta da capire dove il governo troverà i soldi che, con ogni probabilità, sarà necessario reperire per non sforare nel deficit.
Il taglio agli sgravi fiscali
Considerando i 23 miliardi necessari per disinnescare le clausole di salvaguardia pendenti, altrimenti nel 2020 l’aliquota ordinaria dell’Iva salirà al 25,2% (quella ridotta al 13%) oltre a un aumento delle accise sui carburanti, senza una manovra correttiva il conto per la prossima legge di Bilancio potrebbe salire fino a 30 miliardi.
Questo vorrebbe dire che il governo Lega-Movimento 5 Stelle, o chi ci sarà, partirà già zavorrato in partenza di questo notevole macigno. Per fare cassa l’esecutivo carioca ha messo in campo una apposita commissione per scandagliare la giungla delle spese fiscali.
In totale a momento ci sono 513 tipologie di detrazioni, che comportano un minore gettito per le casse statali di 61,1 miliardi l’anno. In teoria il taglio ai vari bonus fiscali doveva essere il modo, stando al contratto di governo e al programma elettorale del Movimento 5 Stelle, per finanziare le riforme promesse.
Secondo il Sole 24 Ore “l’abbassamento dell’asticella delle agevolazioni dal 19% al 17% potrebbe garantire 1 miliardo di risorse, e altri 2 miliardi potrebbero essere ricavati scendendo a quota 15%”.
Anche questo però potrebbe non bastare. Al vaglio quindi ci sarebbero anche tagli agli sgravi sui prodotti inquinanti, vedi carburanti, ma soprattutto agli 80 Euro del Bonus Renzi che costano ogni anno 10 miliardi.
Altra voce in capitolo è poi quella della spending review. Anche qui nonostante i proclami pre elettorali poco o nulla è stato fatto, ma il governo potrebbe essere costretto giocoforza a dover alzare il tiro pure in questo campo.
Al momento queste sono tutte le ipotesi in campo aspettando i primi dati reali sulla crescita del paese. Se le grigie previsioni dovessero però avverarsi, sarà difficile evitare nuove tasse o tagli ai servizi e agli sgravi fiscali.
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