In un mese in cui solitamente i mercati finanziari forniscono poche indicazioni di rilievo, agosto 2019 è stato finora caratterizzato da diversi temi che hanno catalizzato gli investitori internazionali. I dazi e le tensioni tra Stati Uniti e Cina e la gestione delle politiche monetarie delle principali banche centrali sono due elementi che hanno favorito la recente volatilità. E ora, cosa aspettarsi? Vediamo il punto di vista di Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer Equities di Neuberger Berman
E’ un mese di agosto molto caldo per i mercati finanziari internazionali. Le tensioni sul fronte commerciale tra Cina e Stati Uniti continuano a tenere banco, con le Borse che ieri sono state protagoniste di un bel recupero non appena si è diffusa tra gli operatori la notizia che alcuni dazi introdotti dall’amministrazione Trump sono stati posticipati al mese di dicembre.
In teoria quelli di Ferragosto dovrebbero essere giorni tranquilli, con gli investitori maggiormente attenti a godersi le meritate vacanze estive piuttosto che a vivere i mercati. Quello 2019 appare tuttavia un agosto diverso dai soliti. “Il mese di luglio ci ha ingannato presentandoci, per quanto riguarda gli Stati Uniti, utili migliori del previsto per il secondo trimestre, un robusto andamento delle vendite al dettaglio e ottimi dati sull’occupazione non agricola. Per quanto riguarda la Cina, segnali rassicuranti di un’imminente ripresa della crescita”, evidenzia Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer Equities di Neuberger Berman.
Indubbiamente la politica monetaria in questa fase assume tuttavia una valenza ancora maggiore rispetto al solito. Gli investitori non hanno gradito eccessivamente il taglio di soli 25 punti ai tassi di interesse da parte della Federal Reserve nel corso del meeting del 31 luglio scorso.
Guerra commerciale o guerra valutaria?
Il mese di agosto è iniziato con dati macroeconomici ancora una volta positivi per l’occupazione statunitense e vendite al dettaglio molto migliori del previsto in Europa, evidenziando che, a dispetto del tangibile scivolone del settore manifatturiero, “i consumatori del Vecchio Continente nutrono una fiducia sufficiente a mantenere l’economia in marcia”.
Eppure il mese di agosto è finora stato caratterizzato dalla volatilità e da repentini cambi di umore in base all’evoluzione degli scenari tra Cina e Stati Uniti. “I mese si è messo subito a “shakerare” un altro cocktail di volatilità estiva a base di notizie frastornanti e liquidità di mercato irregolare, che ha costretto gli investitori a prendere le misure con due nuovi sviluppi in particolare”, prosegue nel suo ragionamento Amato. Per il gestore il primo è rappresentato dalla repentina svolta delle politiche statunitensi in materia di dazi che ha portato il confronto tra Cina e Stati Uniti a un livello completamente nuovo, il secondo è la constatazione che la Cina, non appena cessa di intervenire a sostegno della propria valuta, diventa una manipolatrice valutaria.
“Di fatto, la Cina si è dimostrata per anni molto propensa a sostenere il renminbi, avendo più a cuore di mantenere vivi gli afflussi di capitali esteri che non di perdere qua e là una manciata di punti base nella crescita del PIL”, argomenta il gestore di Neuberger Berman, secondo cui anche ammesso che causasse un indebolimento della propria moneta, la Cina “si troverebbe ad affrontare un’agguerrita concorrenza in quella che sembra essere una corsa globale al ribasso”.
Va peraltro notato come da alcuni mesi tutte le principali economie mondiali stiano cambiando le proprie politiche monetarie per stimolare l’attività interna attraverso una riduzione dei tassi e la conquista di un vantaggio competitivo in termini valutari. Il taglio del costo del denaro della FED potrebbe essere seguito a breve dalla BoJ e dalla stessa BCE.
La volatilità potrebbe non abbandonarci tanto presto
Ma come comportarsi dunque? Cosa aspettarsi in questa seconda parte del mese di agosto? Quando lo scambio di dichiarazioni sul fronte commerciale si è infiammato, la reazione dei mercati è stata violenta. I principali indici azionari statunitensi hanno lasciato sul terreno il 3%, lo scivolone peggiore di tutto il 2019. I rendimenti obbligazionari sono calati drasticamente in tutto il mondo e le curve si sono appiattite. “È risaputo che un abbassamento dei tassi può fungere da stimolo, ma prima o poi gli investitori potrebbero iniziare a chiedersi se il livello dei rendimenti non sconti piuttosto una flessione, con il rischio di un aumento delle vendite sui mercati azionari”, sottolinea Amato evidenziando come “sarebbe facile giungere alla conclusione i ribassi sono stati il preludio di una consistente correzione di un mercato salito ben oltre i livelli accettabili”.
Ma gli asset rischiosi sono dunque davvero così vulnerabili? “Alla luce degli ultimi utili pubblicati, le valutazioni sembrano corrette e la forte flessione di dicembre potrebbe causare l’illusione ottica di un considerevole rialzo azionario da inizio anno”, si sbilancia il President and Chief Investment Officer Equities di Neuberger Berman.
Essere costretti a scansare sorprese nello scenario geopolitico commerciale e valutario non è affatto d’aiuto e le incertezze che aleggiano attorno a questi problemi costituiscono attualmente un grosso freno per la crescita globale. La volatilità potrebbe dunque non abbandonarci tanto presto. Parafransando le parole dell’ex Governatore della FED Alan Greenspan i mercati sono lungi da un’esuberanza irrazionale “e questo potrebbe rassicurare gli investitori abbastanza da rimanere concentrati sui decorosi dati in arrivo sul fronte degli utili, dell’occupazione e dei consumi e sulle azioni preparatorie delle banche centrali per un modesto allentamento di metà ciclo”, conclude il suo ragionamento l’esperto.
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