Con o senza Ong, i migranti continuano a sbarcare. Il problema è l’assenza di un piano operativo del Governo. Siamo impreparati al confronto in UE.
Bloccare i porti alle organizzazioni umanitarie credendo che questa fosse la strategia più utile e funzionale per invertire la rotta? Un fallimento.
Nonostante il pugno duro contro le Ong, che i nostri mari non possono operare a seguito delle direttive del Governo meloni, gli arrivi continuano susseguendosi ad un ritmo sostenuto di quasi 1000 nuove presenze al giorno.
I dati più recenti riportati dall’Ansa parlano di 15 mila nuovi migranti nonostante le ultime tre settimane di assenza di navi di organizzazioni umanitarie nelle acque del Mediterraneo.
Le mosse e le politiche anti-sbarchi non stanno dando infatti i risultati tanto sperati e non sembra esserci neppure una proposta concreta da parte dell’esecutivo presentare ai membri dell’Unione per far valere la propria posizione e linea politica di redistribuzione dei migranti all’interno del territorio comunitario. Quell’obiettivo sembra oggi una pretesa senza futuro che crea imbarazzo alla vigilia del vertice con i rappresentanti dei Paesi Membri.
La situazione è quindi paradossale e in queste ore quel che preoccupa la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i ministri competenti è proprio la mancanza di una soluzione operativa da portare in Europa in sede di contrattazione post scontri con Norvegia e Germania.
No alleati nel Mediterraneo: come salgono i numeri degli sbarchi
Per inquadrare al meglio la situazione complessiva dobbiamo necessariamente analizzare i numeri e capire quali tratte e quali mancate alleanze stanno provocando un arrivo tanto massivo da risultare ingestibile per il nostro Paese.
A confermare la situazione critica che oggi vediamo sulle coste italiane sono infatti i numeri registrati a partire dall’emanazione del decreto anti Ong. Il primo numero di peso è quello degli sbarchi complessivi avvenuti in questo periodo. 15.374 sono le persone giunte via mare nelle ultime settimane.
In particolare questi arrivi, nei due terzi dei casi, sono riconducibili a grandi pescherecci partiti dalle coste della Libia orientale. Registrare arrivi proprio da questa zona in realtà è un fattore ancor più critico perché conferma il fallimento degli appena rinnovati accordi (e finanziamenti) stretti con il governo di Tripoli. In breve quest’andamento dimostra come l’Italia non possa contare su interlocutori affidabili dall’altra parte del Mediterraneo.
Andando a ritroso nel tempo e guardando ai valori assoluti invece si può individuare come la zona più calda dalla quale partono i barconi che vediamo arrivare nei porti siciliani e calabresi sia quella della Cirenaica. È infatti dalle spiagge al confine tra Libia ed Egitto che le indagini statistiche collocano il punto di partenza massivo dei trafficanti. Per tale ragione l’etnia più diffusa tra i migranti è quella egiziana, con 19.113 presenze in tutta la Penisola.
Fallimento strategico: riorganizzazione pre vertice UE
Si parla di «malgestione» del fenomeno degli sbarchi a fronte di un dato in particolare: ad ottobre di quest’anno gli arrivi sono il doppio rispetto a quelli registrati nel 2021. Senza contare il fatto che a novembre non è stato registrato neanche un giorno senza nuovi approdi.
Ci troviamo così di fronte ad un una condizione emergenziale che richiede scelte ponderate. Le «tattiche» mese in campo fino ad adesso dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi tuttavia non hanno arginato il fenomeno. Anzi. Oggi ci troviamo di fronte a numeri che smentiscono questa linea di pensiero. Le navi delle organizzazioni non governative non possono essere considerate la causa del sovraffollamento delle coste Italiane poiché nel 2022 hanno portato in Italia solo 10.276 delle 93.629 persone sbarcate.
Con evidenze simili decade l’obiettivo di ottenere risultati soddisfacenti attraverso l’applicazione del decreto anti Ong ma, cosa ancor più importante, in mano all’esecutivo non resta più alcun argomento concreto per contrattare con l’Europa con fermezza sul fronte di politiche d’accoglienza redistributive.
In conclusione possiamo constatare che questo triste quadro non è stato registrato soltanto dagli osservatori e dalla stampa. La problematicità della situazione attuale è stata pienamente compresa anche dalla premier Giorgia Meloni. È lei stessa infatti che, di ritorno dal meeting della Cop27 di Bali, ha convocato d’urgenza i ministri interessati, così come il capo del Dis Elisabetta Belloni e il sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano, alla ricerca di una nuova linea d’azione che li favorisca nel prossimo confronto multilaterale.
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