In campagna elettorale Salvini aveva parlato di una riduzione del “90% dei morti e dispersi in mare” citando fondi Unhcr, ma i dati dell’Alto Commissariato dicono altro: nel 2019 nella rotta verso l’Italia finora sono 336 le persone morte o disperse.
No signor ministro Matteo Salvini, la sua politica del “rigore, dell’attenzione e dei porti chiusi“ sul tema dell’immigrazione non ha portato a una riduzione del “90% il numero dei morti e dei dispersi in mare”.
Era il 20 maggio e, in piena campagna elettorale per le elezioni europee, Salvini ospite del programma Coffee Break su La7 asseriva che “nel 2019, i corpi senza vita recuperati nel Mediterraneo sono stati due a fronte dei mille degli anni precedenti”.
I dati snocciolati però dall’Unhcr, overo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che sono stati presi come fonte anche dal vicepremier nella sua esternazione raccontano però tutta un’altra verità.
L’ultimo aggiornamento dell’Unhcr in data 4 giugno parla infatti, dall’inizio del 2019 e considerando soltanto la rotta del Mediterraneo Centrale quindi quella verso l’Italia, di 43 persone morte e di 293 disperse per un totale di 336 vittime.
Numeri questi inferiori rispetto agli altri anni, ma di certo non del 90% come vedremo, ma se rapportato alle minori partenze questo vuol dire che è salita la percentuale dei morti tra chi intraprende il viaggio della speranza, dato che per l’Unchcr è riconducibile a una “significativa riduzione della complessiva capacità di ricerca e soccorso”.
Salvini e i dati del numero dei migranti morti in mare
Così come fatto da Matteo Salvini durante la sua ospitata nel programma televisivo, per parlare di immigrazione lungo la rotta del Mediterraneo Centrale è ottima cosa prendere in considerazione i dati pubblicati da Unhcr, fonte più che autorevole e attendibile.
È segnale pericoloso far sbarcare in Italia immigrati irregolari da navi fuorilegge, perché spinge scafisti e trafficanti di esseri umani a mettere in mare più barconi, ponendo a rischio più vite umane. pic.twitter.com/HAJT8A7hki
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 20 maggio 2019
Per prima cosa è bene specificare che i corpi della maggior parte dei migranti morti in mare non vengono mai recuperati, con le persone scomparse durante la traversata che purtroppo vanno ritenute tutte decedute.
Come detto dal ministro, c’è stato senza dubbio una sensibile diminuzione nel 2018 (primi sei mesi al Viminale c’era Minniti, gli ultimi 6 mesi Salvini) degli sbarchi in Italia rispetto agli anni precedenti.
Fonte Unhcr
In questo 2019 (tutti targati Salvini) i numeri sono ancora più in calo, visto che al 4 giugno sono arrivate nel nostro paese 1864 persone, provenienti soprattutto dalla Tunisia e dal Pakistan.
Anche se il grosso degli arrivi ci saranno nei prossimi mesi estivi, si può già tranquillamente affermare che alla fine il totale degli sbarchi sarà molto inferiore al 2018.
Per quanto riguarda i morti in mare però la situazione rimane drammatica anzi, con le nuove politiche governative, è statisticamente più probabile che un migrante perda la vita una volta salito a bordo di un barcone.
Fonte Unhcr
Se da inizio anno sono state in totale 336 le persone morte (43 corpi ritrovati e 293 dispersi), rapportandole ai soli 1.466 arrivi sulle nostre coste questo vuol dire che dall’inizio del 2019 quasi il 20% di chi si è messo in mare è poi deceduto.
Nel 2016 c’è stato il picco del totale tra morti e dispersi, 4.578 a fronte dell’altro record di 181.436 arrivi, ovvero circa il 2,5% delle persone partite è poi deceduta durante il viaggio verso l’Italia.
In sostanza in questo 2019 è drasticamente diminuito il numero dei migranti partiti, ma è anche aumentato di molto la percentuale di quelli che poi hanno perso la vita.
Per l’Unhcr questo è dovuto alla diminuzione della “capacità di soccorso” nel Mediterraneo, con il caos in Libia dovuto alla guerra in atto che di certo non sta aiutando.
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