I 28 migranti risultati positivi e ora in quarantena sulla nave Moby in Italia hanno suscitato preoccupazione e polemiche politiche. Ma il nodo della questione resta confinato in Libia, lontano da una soluzione
I 28 migranti risultati positivi dopo essere stati salvati in acque internazionali e ora in isolamento sulla nave Moby a Porto Empedocle hanno scatenato un prevedibile polverone polemico.
Non appena è giunta la notizia ieri, 24 giugno, il leader della Lega Salvini si è affrettato a postare sui social il suo personale commento di allarme e vergogna per l’accaduto.
C’è pericolo epidemia in Italia a causa degli sbarchi? In realtà, i casi al momento sono ben isolati e non hanno avuto contatti con nessuno sulla terraferma. I rischi reali per il nostro Paese non provengono tanto dall’arrivo dei richiedenti asilo, piuttosto dalla situazione dalla quale sono costretti a scappare: la Libia.
Finché non si darà una svolta politica al dramma libico, il dramma umanitario continuerà. Tra guerra senza fine e diffusione del coronavirus senza possibilità di intervento sanitario, la Libia sta esplodendo.
Migranti in fuga dall’inferno Libia, tra guerra e virus
L’arrivo dei migranti dalle rotte libiche, anche in piena emergenza coronavirus, era stato già annunciato. La pandemia, secondo gli analisti, non avrebbe infatti fermato i disperati provenienti dalla Libia, ormai un vero inferno tra guerra e coronavirus senza controllo.
E proprio la cronaca di ieri, 24 giugno, ha messo in evidenza quanto la situazione libica sia cruciale: il fatto dei migranti sbarcati e positivi si è aggiunto al rientro di Di Maio, ministro degli Esteri, da un viaggio diplomatico importante a Tripoli.
L’emergenza umanitaria e migratoria è prioritaria e richiede un intervento politico. Anche per salvaguardare l’Italia da rischi epidemia, sbarchi, collocamento dei richiedenti asilo.
Più che la chiusura dei porti, infatti, serve una strategia mirata a ripristinare i diritti umani fondamentali nel dramma libico. Questa è la vera priorità. Anche bloccando gli approdi, infatti, i migranti continueranno a fuggire dalle atrocità libiche, sbarcando sulle coste, lontano dai porti.
Un quadro di quanto accaduto ieri, e delle sue radici, lo ha dato il comunicato stampa di Sea-Watch Italia:
“Le persone soccorse hanno trascorso ore, talvolta giorni, ammassate in imbarcazioni fatiscenti. Quasi tutte provengono da periodi di confinamento o detenzione in massa in condizioni disumane in Libia, dove, secondo un comunicato diffuso da International Rescue Committee, i contagi di Covid19 sono raddoppiati nelle ultime due settimane”
Proprio a inizio giugno, IRC ha comunicato, sulla Libia che: “Se una persona non viene uccisa o ferita da attacchi aerei, la sua casa potrebbe essere distrutta. Se sopravvivono alle bombe e ai bombardamenti, rimangono vulnerabili alle malattie e agli sfollamenti mentre la Libia lotta per contenere la pandemia COVID-19.”
Una lotta difficile, però, visto che il Paese è quello che ha visto la più imponente distruzione di ospedali al mondo. Come uscire da questo incubo? Per troppi libici il viaggio della speranza verso l’Europa resta ancora l’unica ancora di salvezza.
Ignorare queste dinamiche in preda al timore di “sbarchi infetti” significa non affrontare realmente, e politicamente, la questione. La Libia fragile e senza diritti è il reale pericolo per l’Italia, più che migranti positivi messi subito in isolamento.
Di Maio in Libia: quale promessa sui migranti?
Rientrato dall’incontro con Al-Serraj a Tripoli, il ministro Di Maio ha parlato proprio dell’accordo sui migranti:
“Il presidente Serraj mi ha consegnato la proposta libica di modifica del memorandum of understanding in materia migratoria. Ad una prima lettura si va in una giusta direzione, con la volontà della Libia di applicare i diritti umani”
Bisognerà vedere, ora, come si concretizzerà questa delicata e fondamentale questione. Permettere alla Libia di confinare le persone in centri di detenzione disumani non renderà l’Italia più sicura. Nemmeno dal coronavirus.
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