Ecco cos’è il neuropricing, l’approccio innovativo che si nasconde dietro ai prezzi più convenienti che ti spingono a comprare.
Vi siete mai chiesti cosa effettivamente ci spinge a stabilire se un prezzo è conveniente o meno?
Il ragionamento alla base di questa valutazione è di estrema importanza e il suo risvolto è cruciale nel decidere se acquistare o rinunciare a un determinato prodotto.
Per tali ragioni, negli ultimi anni, si sono notevolmente sviluppati gli studi di neuromarketing mirati alla comprensione di cosa ci porta effettivamente a valutare in maniera positiva il costo di ciò che compriamo.
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Cos’è il neuropricing?
Dalle esigenze appena descritte è nato il neuropricing, una tecnica all’avanguardia che permette di capire se i consumatori sono disponibili a pagare un determinato prezzo per un bene di consumo o se, anche inconsapevolmente, lo ritengono esagerato.
L’obiettivo delle aziende che utilizzano questo approccio è di arrivare a stabilire il miglior prezzo possibile per un prodotto o servizio da lanciare sul mercato, in maniera tale da avere un vantaggio concreto sui competitors.
Gli strumenti del neuropricing
In ambito di neuropricing vengono utilizzati due strumenti principali per ottenere una valutazione di come i clienti percepiscono i prezzi: lo IAT e l’EEG. Vediamo come funzionano.
Implicit Association Test (IAT)
Lo IAT è una strumentazione che è stata a lungo protagonista in molte ricerche psicologiche inerenti allo studio dei meccanismi impliciti.
Questo test misura le associazioni inconsce (ovvero inconsapevoli) che le persone hanno tra concetti diversi, come il colore di un’automobile e la percezione di questa caratteristica, ad esempio “bella” o “brutta”.
Il potere dello IAT risiede nell’identificare la forza di queste associazioni automatiche al fine di scovare eventuali preconcetti e opinioni nascoste.
Il macchinario in passato è stato utilizzato per condurre vari studi sul pregiudizio razziale identificando, quando presenti, i rallentamenti nei tempi di risposta alla richiesta di collegamento di alcuni stimoli. Facciamo un esempio per chiarificare meglio il suo funzionamento.
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Su uno schermo venivano mostrate due immagini, una raffigurante un uomo europeo e un altro di etnia africana, entrambe accompagnate dall’aggettivo “onesto”. In un compito successivo, le stesse immagini erano invece presentate insieme a un aggettivo opposto, in questo caso “disonesto”.
Lo IAT proponeva una serie di compiti simili e procedeva con la misurazione dei tempi di risposta dei soggetti che partecipavano all’esperimento.
In psicologia, infatti, il paradigma delle cognizioni implicite sostiene che se due concetti sono coerenti tra loro il tempo di risposta per premere un bottone dove si esprime il proprio accordo dovrebbe essere minore (nell’ordine dei millisecondi).
Al contrario, in condizioni di incoerenza delle proprie opinioni, i tempi di risposta sarebbero maggiori. Proprio per questo motivo, le persone con pregiudizi razziali potevano essere identificate in base ai dati temporali ottenuti dai risultati del test.
In maniera simile, lo IAT viene utilizzato nel neuropricing per identificare la correlazione tra concetti come il prezzo di un prodotto e i suoi attributi (ad esempio se è costoso, economico o sconveniente).
Questo macchinario aiuta quindi a identificare tutte quelle associazioni inconsce che potrebbero influenzare le decisioni d’acquisto, anche se il consumatore non ne è affatto consapevole.
Elettroencefalogramma (EEG)
Anche l’EEG, in particolare con l’analisi dell’onda P300, viene impiegato negli studi neuropricing.
Quest’onda, infatti, è osservabile dal macchinario quando un soggetto è interessato a uno stimolo in particolare all’interno di un gruppo di stimoli meno rilevanti.
Questo specifico test può essere quindi impiegato per individuare il valore giudicato inconsciamente più corretto tra una serie di prezzi differenti e si può procedere così proponendolo sul mercato.
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