Non si limita solo a generare, ma cerca di pensare come lo facciamo noi. Ecco cos’è l’AI cognitiva, la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale che nasce dalla psicologia.
Ormai è chiaro, l’intelligenza artificiale è entrata a far parte della nostra quotidianità. Ci suggerisce cosa guardare su Netflix, ci aiuta a scrivere le e-mail più formali, è capace di generare immagini sempre più realistiche e addirittura, in alcuni casi, può farci compagnia. D’altronde, i modelli generativi più recenti (come GPT 4.5) sono talmente potenti da imitare ormai quasi alla perfezione il linguaggio umano.
Tuttavia, non tutta l’intelligenza artificiale è fatta per creare. Esiste infatti un altra forma di AI, di cui forse si parla un po’ meno, ma che è destinata a diventare in futuro una realtà ancor più rivoluzionaria. Stiamo parlando dell’intelligenza artificiale cognitiva.
AI cognitiva: cos’è e differenze con l’AI generativa
L’intelligenza artificiale cognitiva è un ramo dell’AI particolarmente avanguardistico che ha come obiettivo la simulazione dei processi mentali dell’essere umano. Questa si propone, infatti, di comprendere il linguaggio, interpretare le emozioni, ricordare le informazioni rilevanti e prendere decisioni complesse in base alla situazione. Il suo scopo, quindi, non è creare contenuti, ma comprendere, apprendere e ragionare proprio come fa un umano (o almeno nella maniera più simile possibile).
L’AI generativa, al contrario, è progettata per produrre contenuti nuovi, che nella maggior parte dei casi sono testo, immagini, video o codice. I modelli generativi vengono addestrati con grandi quantità di dati e riescono a replicare in modo molto realistico lo stile “umano”, ma quasi mai riescono a comprendere il significato di ciò che creano.
Quindi, in poche parole, questi modelli di AI (tra cui i più comuni ChatGPT, Gemini, Grok, DeepSeek...) sono dei “semplici” generatori di testo, ma non capiscono davvero quello che stanno dicendo.
Detto in altre parole, l’intelligenza artificiale generativa imita la creatività umana, ovvero il modo in cui le persone producono contenuti (che siano testi, immagini o altro), mentre quella cognitiva prova a imitare la mente stessa.
Per capire meglio la differenza, pensate a un assistente virtuale all’interno di un negozio. Un modello generativo può rispondere alla domanda di un cliente con del testo ben formulato e strutturato, ma un modello cognitivo, invece, cerca di capire l’intenzione dell’utente analizzando il tono dell’informazione, ricordando la cronologia e adattando il suo comportamento. Proprio in questo senso la cognitive AI è più vicina al processo di pensiero umano.
AI cognitiva e generativa: alcuni esempi per capire
Come accennato poco fa, l’intelligenza artificiale generativa è addestrata per generare degli output che somiglino il più possibile alle risposte degli esseri umani. Attenzione, però, questa non ha assolutamente comprensione di quello che fa. Quindi, non valuta attivamente se quello che genera è giusto, utile o coerente con un obiettivo più ampio.
Sostanzialmente questa AI imita, predice e compone combinando criteri statistici e probabilistici con lo stile umano, ma non ragiona nel senso stretto del termine.
Ad esempio, potremmo chiedere a ChatGPT di scrivere una poesia ricca di un linguaggio arcaico e complesso. Il risultato sarà brillante e il testo perfetto, ma lui non sa davvero se ha senso oppure se è la migliore risposta possibile per un problema reale.
Potremmo dire quindi che questo tipo di AI produce, ma non decide. L’AI cognitiva, invece, ha lo scopo di simulare il modo in cui ragiona l’essere umano non limitandosi a produrre una risposta (output) ma cercando di capire il problema, analizzando le opzioni e imparando dal contesto.
La cognitive AI, quindi, crea soluzioni ai problemi grazie a processi di funzionamento simili a quelli cognitivi, non di puro calcolo probabilistico come fanno i modelli generativi.
Prendiamo in esempio una situazione pratica immaginando di porre a due AI (una generativa e l’altra cognitiva) una domanda: come posso risolvere il problema del traffico a Roma?
Nel primo caso, l’AI generativa restituirà un testo ben scritto e basato su dati caricati che ha analizzato. Sulla base di questi ultimi, quindi, proporrà delle soluzioni già note (come l’attivare le ZTL, il trasporto pubblico e così via) e le scriverà bene.
L’AI cognitiva, invece, potrebbe analizzare i dati sul traffico reale, simulare vari scenari e proporre di conseguenza una soluzione personalizzata e ragionata (magari anche nuova), proprio come farebbe un umano.
La psicologia cognitiva alla base dell’AI cognitiva
Per riuscire a progettare un’intelligenza artificiale che ragiona bisogna aver ben presente come ragionano le persone. Questo è un punto fondamentale, perché è proprio qui che entra in gioco la psicologia cognitiva.
Questa è la branca della psicologia che si occupa dello studio dei processi cognitivi come attenzione, memoria, linguaggio, apprendimento e problem solving.
Fin dai primi anni ’50, gli psicologi cognitivi hanno cercato di descrivere il cervello come un sistema di elaborazione delle informazioni. È stata proprio questa visione ad avere ispirato i primi modelli di AI cognitiva, che si basano su meccanismi simili a quelli mentali: la ricezione degli stimoli, analisi degli stessi, interpretazione e risposta.
Quindi, non si tratta di una semplice ispirazione teorica, ma di corrispondenze reali tra il funzionamento cerebrale e quello dei modelli sviluppati dagli ingegneri.
Quali processi mentali replica la cognitive AI?
Uno dei concetti chiave importati dalla psicologia è quello di memoria di lavoro. Come sappiamo, infatti, esistono varie tipologie di memoria, ciascuna utilizzata per scopi e compiti diversi. La working memory, ad esempio, è la capacità che abbiamo di mantenere le informazioni in memoria per un lasso di tempo adeguato a svolgere un compito.
Questo principio viene replicato in maniera molto simile nei modelli di AI cognitiva nei cosiddetti buffer temporanei. Questi hanno la funzione di conservare i dati rilevanti nella memoria dell’AI per il compito in corso, dopodiché vengono eliminati. Come noi tendiamo (automaticamente) a eliminare alcune informazioni dalla memoria quando non ci sono più utili, allo stesso modo funziona l’AI cognitiva.
Questo è un esempio molto valido di come gli scienziati sfruttino la conoscenza della mente umana per implementare meccanismi efficaci in campo di AI. D’altronde, per imitare i processi cognitivi tipici degli umani bisogna partire proprio dal tentare la loro riproduzione a livello informatico e automatico.
Anche l’attenzione selettiva, ovvero la capacità di concentrarsi su determinati stimoli ignorandone altri, viene replicata nei sistemi di AI cognitiva. Infatti, attraverso meccanismi di filtro delle informazioni, un sistema cognitivo è in grado di valutare quali dati sono rilevanti in un determinato momento, e quali no. Ecco che anche in quest’altro caso, quindi, l’intelligenza artificiale impara da noi.
Un altro processo centrale della nostra mente è l’apprendimento per prove ed errori, ben noto nella psicologia dell’infanzia. Questo principio è applicato nei sistemi di reinforcement learning, dove l’AI apprende dal feedback che riceve: azioni premiate vengono rinforzate, mentre quelle inefficaci vengono corrette.
Anche il problem solving e il reasoning (ovvero la capacità di affrontare problemi nuovi e trovare delle soluzioni) sono al centro dei sistemi cognitivi, grazie a modelli logici ed euristici che simulano il ragionamento umano.
Infine, alcuni esperimenti avanzati cercano persino di replicare la teoria della mente, ovvero la capacità di attribuire stati mentali agli altri, che nel nostro caso si manifesta per la prima volta da bambini, sviluppandosi a pieno interno ai 4 anni.
Sebbene siamo ancora lontani da una vera intelligenza artificiale empatica, alcuni sistemi iniziano già a “riconoscere” emozioni, interpretare segnali affettivi e rispondere in modo più “umano”.
AI generativa e cognitiva: due mondi sempre più connessi
Se fino a poco tempo fa la distinzione tra AI generativa e cognitiva era netta, oggi i confini non sono più così lontani. Infatti, alcuni strumenti generativi avanzati (come ad esempio ChatGPT), stanno iniziando a incorporare funzionalità tipiche dell’AI cognitiva.
Ad esempio, quando scrivi una frase scherzosa a ChatGPT lui capisce che stai usando un tono sarcastico e modifica il suo linguaggio per adattarsi al tuo, non sta solo generando del semplice testo.
In questo caso, l’AI sta elaborando il contesto, riconoscendo l’intenzione e, in una versione riprodotta molto primitiva della Teoria della Mente, modifica la risposta in modo appropriato. Tutti questi aspetti rientrano senza dubbio nell’ambito della cognitive AI.
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